Droga e cellulari introdotti in carcere per venderli ai detenuti, 7 in manette: c’è anche un agente

Sembra la trama di un film, ma se in effetti queste situazioni sono viste e riviste al cinema, vuol dire che qualche aderenza con la realtà ce l'hanno. Sette persone sono state arrestate dai Carabinieri della Compagnia Roma E.U.R e dal Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria con accuse che vanno a vario titolo da spaccio di sostanze stupefacenti in concorso a introduzione di dispositivi idonei alla comunicazione, fino a corruzione per atti contrari ai propri doveri. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, gli arrestati avevano messo in piedi un sistema collaudato per far entrare nel carcere di Rebibbia droga e schede telefoniche. Queste entravano, secondo l'accusa, tramite i familiari di alcuni detenuti, una guardia carceraria compiacente, e l'utilizzo dei ‘pacchi' che i parenti portano in carcere ai propri cari. Ma all'interno non c'erano solo cose da mangiare: c'erano droghe e strumenti per comunicare.
Operazione Open Prisons: come entravano droghe e cellulari a Rebibbia
L'operazione messa in campo dai carabinieri e dalla polizia penitenziaria è stata chiamata Open Prisons, e ha permesso di accertare l'esistenza di un traffico ben collaudato di droga, cellulari e schede sim. Questi erano richiesti da alcuni detenuti che poi si occupavano di rivederli agli altri detenuti nel reparto G8 del carcere romano. A essere coinvolti erano soprattutto i familiari dei detenuti, mentre la guardia carceraria faceva da tramite per l'ingresso delle sostanze e degli strumenti di comunicazione. L'agente era già stato sospeso in via cautelativa in sede amministrativa e si trova agli arresti domiciliari. Era lui che avrebbe fatto da tramite tra i detenuti e l'esterno, in modo da facilitare l'ingresso in carcere della droga e degli oggetti. Oltre a lui ai domiciliari è finita un'altra persona, mentre le altre cinque si trovano in carcere.