Discariche e termovalorizzatori: lo studio rivela quali sono i rischi per donne in gravidanza e neonati

Quali rischi corrono le donne che vivono nei pressi di discariche e termovalorizzatori? Il dibattito sull'impatto che questo genere di impianti possono avere sull'ambiente e sulla popolazione è sempre più acceso. Proprio in questi giorni, però, a fare chiarezza sui pericoli per la salute riproduttiva delle donne, per le gravidanze e per i neonati, è arrivato il report di uno studio firmato Eras Lazio, Epidemiologia Rifiuti Ambiente e Salute con cui è stata analizzata la relazione tra l'esposizione agli inquinanti emessi dalle otto discariche del Lazio dai due termovalorizzatori per rifiuti ed alcuni esiti avversi della gravidanza.
Nonostante i numerosi studi pubblicati sugli effetti che questi impianti possono avere sulla popolazione, c'è ancora molta incertezza scientifica sul tema. Analizzare la relazione fra esposizione e gravidanze e nascite, in questo momento storico è ancora più importante perché, come spiega la ricerca, "possibile espressione di un effetto a breve termine".
I soggetti presi in considerazione dalle analisi sono stai 16,847 e 2056, nati da madri residenti nelle aree interessate rispettivamente dalle otto discariche e dai due termovalorizzatori durante il primo trimestre di gravidanza nel periodo 2001-2010: lo studio non ha mostrato alcuna relazione con l'inquinamento delle discariche e con il PM10 prodotto dai termovalorizzatori per nessuno degli esiti avversi considerati.
Studio sulla salute riproduttiva delle donne: gli obiettivi dell'indagine
Lo studio aveva come scopo valutare sia la salute riproduttiva delle donne residenti intorno ai termovalorizzatori di Colleferro (sequestrato dai carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico per numerosi reati, tra cui attività organizzata per traffico illecito di rifiuti, violazione dei valori limiti delle emissioni in atmosfera, combustione di pneumatici nel 2009, ndr) e di San Vittore, impianti di incenerimento ad alta temperatura, entrati in esercizio alla fine del 2002, finalizzati alla produzione di energia elettrica il cui combustibile è costituito dal combustibile derivato da rifiuti urbani (CDR) che di quelle residenti intorno alle discariche per rifiuti solidi urbani (RSU) presenti nel Lazio nei comuni di Albano, Bracciano, Latina, Civitavecchia, Guidonia, Viterbo, Roccasecca e Colleferro. L'area di studio, nel particolare, comprende i comuni che rientrano in un raggio di 5 chilometri dal perimetro dei termovalorizzatori di San Vittore del Lazio, di 7 chilometri da quello di Colleferro e di 5 chilometri dalle discariche.
Prima di svolgere lo studio, l'ipotesi era che l'esposizione agli agenti inquinanti emessi dagli impianti potesse provocare degli "eventi avversi della gravidanza" come nascite pretermine, un basso peso alla nascita e basso peso alla nascita nei nati a termine, dimensioni ridotte per età gestazionale fino a malformazioni congenite nei casi più grave. Da analizzare, inoltre, anche il rapporto fra i sessi alla nascita e le nascite gemellari e se l'avvio dell'attività dei termovalorizzatori possa aver "costituito un ulteriore fattore di rischio riproduttivo per la popolazione esposta agli inquinanti prodotti dagli impianti".
Come si è svolto lo studio
Lo studio di Eras Lazio ha preso in considerazioni diverse caratteristiche, anche estranee agli impianti presi in analisi. È stato necessario prendere in considerazioni le caratteristiche materne, quelle delle donne in stato interessante e quelle ambientali, sulla zona in cui risedevano fino alle variazioni di quantità di esposizioni alle PM10 e di idrogeno solforato, o acido solfidrico, per quanto riguarda le discariche. A ogni zona di residenza è stato attribuito un valore alle esposizioni.
Per raggiungere i risultati esposti nel report, è stato necessario prendere in considerazione "diversi fattori confondenti": sesso del bambino, impianto (discariche o termovalorizzatori), variabili riferite alle caratteristiche della madre (numero di parti precedenti, età, nazionalità, titolo di studio, livello socioeconomico) e altri fattori ambientali (distanza da strade ad alto traffico, residenza nell’area di Colleferro Scalo, distanza dal fiume Sacco). Questi ultimi rappresentano un'ulteriore fonte di inquinamento che, però, non può essere fatta risalire a termovalorizzatori o discariche.
L'analisi sui termovalorizzatori
Per quanto riguarda i termovalorizzatori sono stati presi in analisi 2.056 bambini nati fra il 2001 e il 2010 da 1,641 madri, il 76% delle quali tra il 2001 ed il 2010 ha avuto un solo figlio mentre il 22% ne ha avuti due. Per un quarto dei nati, i primi tre mesi di gravidanza della madre sono intercorsi prima della messa in funzione dell’impianto, il 17% dei nati risiedono o hanno madri che hanno risieduto nella zona molto esposta. Il 94% dei nati in analisi sono residenti nel buffer di 5 Km del termovalorizzatore di Colleferro. I livelli di esposizione alle emissioni degli impianti di Colleferro (1,925 nati) e San Vittore (131 nati) sono di ordine di grandezza diversi, pertanto la totalità dei nati in prossimità del secondo sito sono poco o non esposti.
Tra i nati residenti nell’area maggiormente esposta ai termovalorizzatori non ce n’è nessuno contemporaneamente esposto anche ad alti livelli di PM10 di background e solo un 3% è anche esposto al cementificio di Colleferro. Al contrario, nell’area caratterizzata da una media esposizione ai termovalorizzatori si registrano livelli elevati di esposizione al PM10 di background (32%) e a quello prodotto dal cementificio (28%).
Lo studio sulla salute riproduttiva delle donne vicino alle discariche
Per quanto riguarda le discariche, invece, i soggetti in esame sono 16.847 nati da madri residenti nell’area in studio durante il primo trimestre di gravidanza nel 2001-2010. Il 2% dei nati nel periodo di studio risiedono o hanno madri che hanno risieduto nella zona ad alte concentrazione di H2S e di questi 1.684 bambini, il 17.2% risiede intorno alla discarica di Albano, il 18.1% alla discarica di Latina e il 58% risiede intorno alla discarica di Guidonia. Tra i nati residenti nell'area maggiormente esposta la maggior parte (71.2%) risiede a più di 150m da strade principali. I livelli di esposizione ad elevate concentrazioni di PM10 di background sembrano essere maggiori nelle zone a media e alta concentrazione di H2S (18.8 e 19.2%) rispetto al riferimento (0.5%).
I risultati dello studio: cosa dicono i dati
A differenza di altri studi di letteratura scientifica, dove l'esposizione a inceneritori e termovalorizzatori spesso ha evidenziato un aumento di malformazioni congenite, del numero dei parti gemellari o, come in Cumbria (Gran Bretagna), di rischio di morte per anomalie congenite, in particolare la spina bifida e i difetti cardiaci, quello condotto da Eras Lazio non ha evidenziato particolari effetti dell’esposizione agli impianti per il trattamento dei rifiuti urbani presenti nella regione Lazio.
Se la precisioni nei dati raccolti, le informazioni sui confondenti e il confronto tra gli esiti avvenuti prima e dopo la messa in funzione degli impianti rappresentano i punti di forza dell'analisi, occorre considerare anche i limiti dello studio, prima fra tutti la scarsa numerosità degli eventi presi in analisi.
Nonostante questo, secondo quanto analizzato, emerge che la vicinanza a termovalorizzatori o discariche non ha provocato effetti avversi alla gravidanza dovuti alle esposizioni considerate, cioè PM10 e di idrogeno solforato.