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Detenuto 27enne trovato morto nel letto della cella a Regina Coeli, il garante del Lazio: “Non è un suicidio”

A dare l’allarme una guardia giurata che era entrata nella cella del ventisettenne. Disposta un’autopsia per certificare se si sia trattato di un malore. Il Garante dei detenuti del Lazio però non ha dubbi: “Non è stato un suicidio”.
A cura di Enza Savarese
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Detenuto di 27 anni trovato morto nel letto della sua cella a Regina Coeli. La scoperta del decesso è avvenuta lo scorso mercoledì 4 giugno da una guardia giurata, che era entrata nella cella del detenuto. Disposta l'autopsia sul corpo del giovane. Si indaga sulle origini nel decesso, ma per il garante dei detenuti della Regione Lazio, Stefano Anastasìa l'unica informazione certa al momento è che non si sia trattato di un suicidio. Non si esclude l'ipotesi malore, al momento la pista più accreditata, anche se, come sottolinea lo stesso garante "Il ventisettenne non aveva condizioni di salute note che potessero far temere un evento simili", spiega.

I risultati dell'autopsia delineeranno un quadro più chiaro sui motivi che hanno causato la morte del giovane. Nessuna ipotesi viene al momento esclusa, neanche quella di una possibile aggressione, anche se sul corpo non sono stati trovati segni di violenza che avvallino questa ipotesi al momento. Intanto Anastasìa pone l'accento su casi simili che avvengono dietro le sbarre e che troppo spesso vengono classificati come suicidi senza gli opportuni approfondimenti. "La discrepanza tra i dati ufficiali e quelli di Ristretti Orizzonti sui suicidi in carcere dipende dai casi in cui la causa di morte è da accertare. Il problema è che di questi accertamenti poi nessuno sa più nulla, salvo forse familiari e avvocati", ha spiegato il garante del Lazio.

La soluzione per Anastasìa potrebbe partire dai singoli garanti regionali a tutela dei diritti dei detenuti. "Dovremmo sempre preannunciare la possibile costituzione di parte civile sui casi di morte in carcere, come faceva il Garante nazionale nel precedente mandato", soltanto così spiega Anastasìa si può tenere traccia degli sviluppi sui singoli casi di morti sospette dietro le sbarre.

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