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L'omicidio di Willy Monteiro Duarte a Colleferro

Come i fratelli Bianchi hanno provato a depistare le indagini sull’omicidio di Willy

I fratelli Bianchi, le chat con i racconti delle risse, la ricerca di testimonianze a proprio favore e le intercettazioni durante il processo per la morte di Willy Monteiro Duarte.
A cura di Beatrice Tominic
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Sono stati condannati all'ergastolo per la morte di Willy Monteiro Duarte avvenuta in una serata di fine estate, nel settembre 2020, a Colleferro, in provincia di Roma, ma non si sono mai arresi. I fratelli Bianchi, nel corso del processo, oltre agli amici Omar Sahbani e Michele Cerquozzi, non avrebbero smesso di cercare nuove persone che potessero testimoniare in loro difesa.

Alcune persone presenti quella tragica sera, anche nel gruppo di amici di Willy, sarebbero state avvicinate nel corso del processo. A loro è stato chiesto di dichiarare di aver visto male, per il buio e la confusione. A cambiare il contenuto della testimonianza è stata una ragazza, fidanzata con un vicino di casa dei Bianchi, che poi è stata indagata per false dichiarazioni: dopo aver raccontato di aver visto il calcio sferrato da Gabriele Bianchi sul petto di Willy, durante le domande dell'avvocato della difesa ha cambiato versione e ha confermato la versione di Marco Bianchi, che aveva ammesso di aver sferrato un unico colpo sul fianco di Willy.

Le chat segrete dei fratelli Bianchi

Per i Bianchi essere protagonisti delle risse non è una novità: erano soliti raccontare ai loro amici i pestaggi all'interno di una chat dedicata intitolata "Gang dello scrocchio". Questo il nome del gruppo in cui erano presenti anche i fratelli di Artena Gabriele e Marco Bianchi. Nelle chat segrete, fra cui anche il gruppo "Gang bang" con altre tre persone, i fratelli Bianchi riportavano le minacce e le intimidazioni che rivolgevano ai giovani che prendevano di mira: sempre tanti contro uno per essere sicuri di essere superiori, oltre che fisicamente, anche numericamente.

Le testimonianze in aula

Nonostante l'elevata capacità dei due negli sport da combattimento e i racconti presenti nella chat, in aula i fratelli Bianchi hanno subito provato a riversare su Francesco Belleggia e Mario Pincarelli la colpa di quanto successo. Il giorno dopo il loro arresto, la stessa versione sarà sostenuta anche dal terzo fratello, Alessandro Bianchi, non coinvolto nell'indagine: è lui che quella sera ha prestato a Gabriele e Marco il suv su cui viaggiavano insieme a Vittorio Tondinelli. "Ci sono due super testimoni che possono scagionare i miei fratelli e che si sono già presentati dal nostro avvocato", diceva facendo riferimento a Omar Sahbani e Michele Cerquozzi.

I due testimoni, ascoltati poi in aula, sono due dei componenti della chat di gruppo "La gang dello scrocchio" e anche loro, come i Bianchi, sono imputati per altri casi di pestaggio nel Tribunale di Velletri. Quello che colpisce dalle testimonianze di Sahbani, Cerquozzi e anche di Tondinelli (il ragazzo indagato per favoreggiamento alla guida dell'automobile che ha portato i Bianchi a Colleferro, ndr) è la metafora utilizzata per descrivere il colpo con cui Belleggia avrebbe colpito Willy, uguale in tutti e tre i casi: secondo loro sembrava "un calcio di rigore". Le loro dichiarazioni, però, sono state fornite solo in un momento successivo quando, probabilmente, avevano già appreso dalla stampa e anche dal terzo fratello Bianchi, la ricostruzione di Gabriele e Marco e non coincidono con quelle defli altri testimoni che si sono presentati spontaneamente alle autorità.

La consapevolezza di essere intercettati

I fratelli Bianchi, come ha dichiarato il gip, erano ben consapevoli di correre il rischio di essere intercettati: hanno quindi cercato di "strumentalizzare la conversazione" per assegnare la responsabilità a Bellaggia. "Ne discende una valutazione di generale inattendibilità delle dichiarazioni rese dai due amici degli indagati", ha dichiarato il gip. Anche quelli che il Alessandro Bianchi considerava due "super testimoni" ben presto sono finiti nella rete di intercettazioni ad appena due settimane di distanza dalla morte del 21enne. Meno attenti dei fratelli Bianchi, Omar Sahbani e Michele Cerquozzi sarebbero stati colti mentre parlavano in attesa di testimoniare. "I carabinieri sanno tutto, sanno cosa abbiamo fatto e che ci siamo messi d'accordo", dicevano.

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