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Clan Senese – Pagnozzi: così la camorra si è fusa con la malavita romana

Un clan camorrista impiantato a Roma ormai più di trent’anni fa, che è riuscito a strutturarsi e a cambiare modus operandi per adattarsi al tessuto sociale della capitale. Il cartello della droga gestito da Michele Senese è considerato dagli inquirenti un’organizzazione criminale di stampo autoctono, proprio per la capacità di cambiare e relazionarsi con i gruppi della malavita romani.
A cura di Natascia Grbic
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Un clan camorrista impiantato a Roma da trent'anni, che con il tempo ha assunto la caratterizzazione tipica delle organizzazioni malavitose romane. Per questo motivo il clan Senese deve essere considerato un gruppo criminale autoctono. Questo scrivono gli inquirenti nell'informativa che ha portato all'arresto di 28 persone questa mattina, accusate di far parte di un cartello dedito al traffico di sostanze stupefacenti. A capo di tutti, il boss Michele Senese, ‘0 pazzo che da Afragola si è impiantato nella zona sud di Roma su comando della Nuova Famiglia, per gestire i traffici di coca per le piazze di spaccio della capitale. Anche lui, detenuto nel carcere di Catanzaro per aver ordinato l'omicidio del boss della Marranella Giuseppe Carlino, è risultato tra i destinatari della custodia cautelare.

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La federazione con il clan di Domenico Pagnozzi

Punto di riferimento per gli ambienti criminali romani, Senese aveva allungato la sua tela su tutta la capitale dopo gli accordi di non belligeranza stretti con le organizzazioni del posto. Sotto di lui agivano diversi gruppi operativi (uno dei quali comandati da Fabrizio Piscitelli, l'ultras degli Irriducibili ucciso il 7 agosto 2019 in un agguato) che però stavano bene attenti a evitare di essere collegati l'uno all'altro. Un modo, dicevano con orgoglio i camorristi napoletani guardando ai ‘fratelli romani', per evitare il reato associativo. Il clan Senese però non era solo: oltre a essere diviso in sottogruppi si era federato con il clan di Domenico Pagnozzi, boss di camorra anche lui stabilitosi a Roma. Il sodalizio tra i due era così stretto che Pagnozzi faceva le veci di Senese quando quest'ultimo si trovava in carcere.

Mentalità camorrista e organizzazione romana

Per operare su Roma, il clan di Michele Senese si è dovuto adattare. Il tessuto sociale della capitale non è molto avvezzo agli ambienti di camorra ed è respingente di certe dinamiche di stampo mafioso. Le persone, poco inclini all'omertà, non avrebbero favorito la crescita del boss nella capitale. Che quindi ha dovuto cambiare strategia. La quadra è stata trovata da Senese in una mentalità tipica di quella della camorra, associata al modello delle organizzazioni criminali romani. Oltre ovviamente ai numerosi accordi presi con i gruppi locali, che gli hanno consentito di prosperare all'ombra del Colosseo.

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Le intercettazioni in carcere

"Sai perché i romani non fanno mai le associazioni? Loro sono a gruppo, fanno tutto e poi si stoppano! Stanno sette, otto mesi fermi e poi: Bum! Danno la mazzata". Così Luigi Esposito, boss del clan Ricciardi, ai figli: li stava istruendo sul comportamento dei ‘romani' di Senese, in modo da evitare il reato associativo. "Hai capito com'è? Invece con noi è tutti i giorni… teniamo la mentalità che noi dobbiamo fare il malavitoso… Se voi state là, no? Dovete fare il romano. Vi dovete comportare come loro. Loro che fanno? Mo pigliamo per esempio: una fila di macchine? Una catena di macchine? Le rotte le aggiustano… una volta che le hanno vendute se ne parla tra sette, otto mesi. Mo ho detto macchine… hai capito com'è? Sono figli di puttana".

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