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Alessandro ucciso a 24 anni da un’auto, sei anni al pirata della strada che l’ha travolto

Sei anni di reclusione per omicidio stradale nei confronti del pirata della strada che ha travolto e ucciso il 24enne Alessandro Tavanti la notte del 30 ottobre 2021.
A cura di Rosario Federico
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Alessandro Tavanti (Foto archivio)
Alessandro Tavanti (Foto archivio)

Daniele A. è stato condannato ieri a sei anni di reclusione per l'incidente stradale nel quale ha perso la vita il ventiquattrenne romano Alessandro Tavanti.

L'uomo è stato giudicato in rito abbreviato per omicidio stradale, omissione di soccorso e simulazione di altro reato. Il gup ha quantificato una pena superiore alla richiesta di 5 anni di carcere del pm Antonio Calaresu.

Durante la requisitoria il Pubblico ministero ha sottolineato anche come non ci sia stato un tentativo di scuse da parte dell'imputato. La sentenza arriva dopo il rigetto del Giudice per le indagini preliminari alla richiesta della difesa di patteggiare a una pena a due anni e otto mesi di reclusione.

I genitori di Alessandro, Andrea e Agatina Marina Tavanti, 60 anni entrambi, da ventinove mesi aspettavano l'enunciazione della sentenza e sono stati rappresentati in aula dall'avvocato Luca Ciaglia.

L'incidente in cui è morto Alessandro Tavanti

I fatti sono accaduti la notte di sabato 30 ottobre 2021. Alessandro Tavanti stava tornando a casa con il suo scooter Honda Sh, intorno le ore 2, dopo una serata passata insieme ad alcuni amici. All'improvviso un'Audi A3 lo ha colpito lungo via Ostiense all'altezza di via Decima, a Roma.

La velocità in quel momento è di 145 km/h, il doppio del limite previsto. L'impatto lo ha sbalzato dalla sella della moto e fatto cadere con una grande forza d'urto sull'asfalto. Il pirata della strada invece di fermarsi a prestargli soccorso e chiamare l'ambulanza, ha premuto il piede sul pedale dell'acceleratore ed è fuggito. Lasciando agonizzante Alessandro a terra.

Non solo, in un secondo momento ha anche abbandonato la macchina e qualche ora dopo, ne ha denunciato il furto in una caserma dei carabinieri. L'intento era depistare le indagini, in modo che qualora gli investigatori intervenuti sul luogo dell'incidente fossero risaliti alla vettura e di conseguenza alla sua identità, avrebbero creduto alla sua versione dei fatti. La messinscena è fallita perché sull'airbag, apertosi per lo scontro, era rimasto il suo Dna.

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