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Al fianco delle donne statunitensi per proteggere il diritto all’aborto: “Non torneremo indietro”

Presidio in piazza a Roma contro il verdetto della Corte Suprema al fianco delle statunitensi: “La loro rabbia e le loro lotte sono le nostre.”
A cura di Beatrice Tominic
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Dalle storie di Instagram di "Women's March Rome"
Dalle storie di Instagram di "Women's March Rome"

"Mio il corpo, mia la scelta", ripetuto anche in inglese "my body, my choice": è questo il grido che unisce le persone in piazza dell'Esquilino oggi pomeriggio, arrivate per protestare contro quanto sta accadendo negli Stati Uniti D'America dove la Corte Suprema il 24 giugno scorso ha annullato la storica sentenza Roe v. Wade. Con questa operazione è stata cancellata la garanzia costituzionale federale all’interruzione di gravidanza: adesso gli Stati potranno scegliere quali provvedimenti prendere. Quelli più conservatori, che hanno già approvato numerose restrizioni negli ultimi anni, potranno arrivare a vietarlo definitivamente.

Per questa ragione oggi la Casa Internazionale delle Donne e Non Una Di Meno hanno deciso di scendere in piazza per la manifestazione "We Won’t Go Back – Non torneremo indietro", promossa da Women’s March Rome.

La decisione di manifestare per le donne statunitensi

"Vogliamo così ribadire che siamo e saremo al fianco delle nostre sorelle americane, della loro rabbia e delle loro lotte, che sono le nostre. Non abbiamo intenzione di arretrare di un millimetro – ha dichiarato la presidente della Casa Internazionale delle Donne, Maura Cossutta – Non permetteremo che questa pericolosissima sentenza della Corte Suprema americana diventi la leva di una controriforma e di una ristrutturazione patriarcale sulla pelle delle donne americane e del mondo, né che si torni alle ‘mammane’, agli aborti clandestini che mettono in pericolo la vita delle donne e sono in preoccupante aumento da diversi anni."

Poi, pensando al nostro Paese, ha aggiunto: "Scendiamo in piazza per difendere il diritto di ognuna alla libera scelta sul proprio corpo e la legge 194, ma anche per lanciare un appello alle forze politiche, perché vadano oltre le mere dichiarazioni di principio e garantiscano un accesso reale e certo all’interruzione di gravidanza in tutta Italia, contrastando concretamente la piaga dell’obiezione di coscienza".

La partecipazione al presidio

Sono state molte le persone che oggi sono scese in piazza per sostenere il diritto all'aborto e alcune di loro hanno deciso di prendere la parola per esprimere la propria opinione. "Non c'è giustizia riproduttiva senza giustizia razziale, senza liberazione della comunità queer e LGBT+ e giustizia climatica", ha detto una di loro, dopo che un'altra aveva appena finito di spiegare le ragione che l'hanno portata a manifestare: "Sono una donna, sono una mamma e sono lesbica. Qui con me c'è anche mia figlia: ha sette anni e deve imparare fin da subito che nessuno ha il diritto di scegliere del suo corpo."

Le fa eco anche un ragazzo che aggiunge: "Noi possiamo solo supportate in quanto uomini le varie scelte, non possiamo scegliere per voi." Fra i tanti interventi, uno ricorda che non sono solo gli Stati Uniti a non garantire il diritto all'aborto, perché l'interruzione volontaria di gravidanza è illegale anche nei più vicini Egitto e Malta: "Questa è una lotta che dobbiamo combattere globalmente e si sta facendo ancora troppo poco."

La situazione nel mondo

Come ricordano spesso le associazioni intervenute oggi al presidio, la situazione rispetto all'interruzione volontaria di gravidanza è già allarmante. Negli Stati Uniti sono circa 26 gli Stati che potrebbero presto vietare l'aborto, nove dei quali applicano il divieto con eccezioni limitate già da diverso tempo e 13 hanno leggi progettate per avere effetto nel post sentenza. La decisione della Corte Suprema mette a rischio i diritti di 33 milioni di donne e, in una visione più ampia, persone dotate di utero negli Stati Uniti, ma anche delle persone provenienti da tutto il mondo: questa scelta rischia di alimentare l'ondata reazionaria già in atto on Occidente e in Europa.

Anche nel nostro Paese la legge 194 non risulta essere applicata come dovrebbe. La causa principale è del personale medico obiettore: secondo il ministero della Salute il 67% dei ginecologi è obiettore, il 43,5% per gli anestesisti e il 37,6% per il personale non medico, mentre, in alcune strutture, la totalità del personale medico è obiettore.

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