A Roma 250mila segnalazioni di violenza sulle donne al pronto soccorso in un anno: cosa è e come funziona il Codice Rosa

Nel 2024 sono stati circa 250mila i codici rosa attivati soltanto nei pronto soccorso della capitale. A renderlo noto è stata la Società italiana di medicina d'emergenza urgenza, Simeu, con un'indagine presentata in occasione dell'Accademia dei direttori Simeu 2025.
"Il dato dovrà trovare conferma anche tramite altre rilevazioni, ma sicuramente si tratta di un indice drammatico", è il commento della dottoressa Antonella Cocorocchio, responsabile nazionale area infermieristica della società scientifica. Ma non manca di evidenziare un problema: "I codici rosa impongono la necessità di identificare rifugi per le vittime che devono essere allontanate da contesti pericolosi, frequentemente anche in presenza di bambini, cioè compiti per i quali, a fronte della massima disponibilità degli operatori, spesso le risorse programmate sono insufficienti".
Una situazione che si riflette sui singoli ospedali anche nell'ultimo anno: "Nel 2025 ci è arrivata quasi una segnalazione al giorno, un trend in aumento nel mese di novembre, quando c'è più sensibilizzazione sul tema", spiega a Fanpage.it la dottoressa Giulia Paparelli, Coordinatrice dello Sportello Donna H24 dell'Azienda Ospedaliera San Camillo – Forlanini, gestito dalla Cooperativa Sociale Be Free, attivo dal novembre del 2009. Ma cosa è il Codice Rosa, percorso di accesso per vittime di violenza attivato in ospedali, pronto soccorso e consultori. E come funziona? Lo ha spiegato a Fanpage.it proprio la dottoressa Paparelli.
Dottoressa, di cosa parliamo quando parliamo di Codice Rosa?
La risposta a questa domanda non è tanto semplice: esistono delle linee guida a livello nazionale per le aziende sanitarie sull'accoglienza di donne vittime di violenza che arrivano dentro il pronto soccorso che prevede la possibilità di segnalare la presa in carico della donna vittima di violenza, o presunta tale, per accedere a percorsi dedicati. Occorre cercare di muoversi abbastanza velocemente per evitare che la donna possa allontanarsi dal pronto soccorso, anche a causa delle lunghe attese.
Chi si occupa dell'accesso al codice rosa?
Ogni azienda sanitaria dovrebbe e può dotarsi di personale specifico che si occupa di questi percorsi, formato rispetto all'individuazione di tutti quei casi di violenza che sono magari non manifesti o non dichiarati, rilevabili attraverso una serie di indicatori. Una volta fatto scattare l'allarme, la donna che subisce violenza viene messa in contatto con i servizi specialistici, come centri antiviolenza o servizi sociali, esterni all'ospedale, per garantire che poi sia supportata. Almeno queste sono le linee guida.

Possono esserci variazioni da struttura a struttura?
Sì, ogni ospedale si organizza un po' a modo suo. Alcuni, come appunto il San Camillo, prevedono la presenza di operatori antiviolenza dentro al pronto soccorso. Si tratta di personale esterno che non è personale sanitario e che viene inserito all'interno dell'equipe multidisciplinare composta da medici, infermieri, psicologi e anche operatrici antiviolenza. In altri casi, invece, ad occuparsi dell'avviamento del Codice Rosa, sono gli operatori del personale sanitario stessi che dovrebbero aver ricevuto una formazione sul tema ed essere in grado di valutare quando si trovano davanti a una situazione che può mettere a rischio immediato la vita della donna arrivata in ospedale.
Come agire in questi casi di rischio immediato?
Ad esempio fornendo alla donna un'alternativa che le permetta di non rientrare a casa nel momento in cui convive con l'autore della violenza oppure mettendola in contatto con le forze dell'ordine, con i centri antiviolenza. Se, invece, il rischio di vita non è immediato quindi non è considerato alto, limitarsi a metterla in contatto con i servizi specialistici.
Come comprendere qual è il rischio di fronte a cui ci troviamo?
Si fa attraverso degli strumenti standardizzati, con un questionario che viene somministrato all'arrivo al pronto soccorso. Ma non basta: oltre a somministrare il questionario, occorre che il personale sanitario sia in grado di leggerlo. E questa capacità, talvolta, come nel caso del femminicidio di Pamela Genini, può rivelarsi necessaria e imprescindibile. Credo che la differenza tra l'avere a disposizione personale specialistico, come l'operatrice antiviolenza oppure personale sanitario dedicato possa fare la differenza in casi come questo.
Possiamo definire il Codice Rosa come un possibile anello di congiunzione fra la vita durante la violenza e il percorso per uscirne?
Le linee guida recepiscono quanto stabilito dalla convenzione di Istanbul. Prima molte di queste situazioni non venivano conteggiate come violenze di genere perché magari le donne raccontavano che erano cadute dalle scale o di incidenti domestici per non dover rivelare ciò che era davvero accaduto. Oggi la presenza di personale specializzato dentro l'ospedale consente anche di fare emergere tutte quelle situazioni sommerse. In alcuni casi, la situazione di violenza può essere evidente. È il caso, ad esempio, della donna arrivata all'ospedale Sant'Andrea dopo essere stata accoltellata dall'ex e abbandonata sul Raccordo.
Parlando di casi di violenza domestica, come comportarsi se insieme alla donna si presenta in ospedale anche il maltrattante?
Può capitare, posso dire come ci organizziamo noi al San Camillo: le linee guida non specificano come agire. Noi siamo presenti H24 tutti i giorni dell'anno e siamo attivate fin dal triage. Quando una donna arriva in ospedale, si registra. A quel punto, se dichiara o se si sospetta che si tratti di una situazione di violenza di genere, oltre ad attivare una operatrice, si attiva anche un particolare livello di privacy sull'applicativo che viene utilizzato tramite il quale si segnala che è una donna seguita dallo Sportello Donna. Non si danno, pertanto, informazioni agli accompagnatori o a chiunque va a chiedere informazioni sulle condizioni di salute della persona che ha eseguito l'accesso al pronto soccorso.

Così si impedisce al maltrattante di entrare in contatto con la donna.
Sì, esatto. E in diverse occasioni a noi è capitato, ad esempio, di fare poi allontanare la donna direttamente dal pronto soccorso, ovviamente quando lei è d'accordo e quando c'è la volontà anche da parte sua di allontanarsi. Tenendo il maltrattante all'oscuro della destinazione.
Prima si faceva riferimento a un'equipe multidisciplinare. Da chi è composta?
Quella che si attiva è una rete di professionisti che coinvolge varie figure, da quelle istituzionali, come le forze dell'ordine, a quelle del privato sociale come le operatrici antiviolenza che operano nei centri gestiti da associazioni specializzate.
Oltre al Codice Rosa, come funziona lo Sportello Donna H24 del San Camillo? Funziona anche come un qualsiasi altro centro antiviolenza?
Noi siamo sempre presenti con uno sportello dentro all'ospedale, aperto a tutte. Questo magari permette anche alle donne che subiscono violenza con forme di controllo molto alte di raggiungerci. Possono dire di essere in ospedale per una visita e, nel frattempo, fare accesso in maniera anonima al centro antiviolenza. Ma possono arrivare da noi anche dopo essere state indirizzate dalle forze dell'ordine o dalle assistenti sociali.
Quindi il fatto di trovarsi in ospedale è un valore aggiunto, che nulla toglie al centro antiviolenza.
Esatto. Facciamo lo stesso lavoro che fanno i centri antiviolenza che stanno fuori, ma in una cornice in cui abbiamo altri professionisti e professioniste di un'equipe multidisciplinare.
Manca sempre meno al 25 novembre. Qual è la percezione, anche a fronte del lavoro più che decennale allo sportello?
Negli ultimi anni abbiamo avuto quasi una segnalazione al giorno, fra le 325 e le 330 l'anno, fatta eccezione per il periodo del covid, 2020-21, quando siamo stati in reperibilità telefonica a causa dell'emergenza sanitaria. In quel periodo c'è stato un crollo delle attivazioni da parte del personale. Eppure i dati nazionali ci dicono che gli accessi di donne vittime di violenza in pronto soccorso non sono diminuiti a fronte a fronte invece di una diminuzione degli accessi generali. Inoltre, non appena siamo tornati in presenza, i casi segnalati sono risaliti immediatamente.
E in questo 2025?
Dall'inizio del mese di novembre ci è arrivata quasi una segnalazione al giorno. Noi ce lo spieghiamo con la maggiore attenzione che c'è in questo mese. Ci sono molte campagne, molti articoli, probabilmente c'è anche una maggior disponibilità da parte delle donne a chiedere supporto ai servizi specialistici. E noi siamo qui per questo.