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Quando Lega e M5S criticavano “gli aumenti di tasse nascosti nelle clausole di salvaguardia”

Al di là dell’opinione che un elettore o lettore può avere della manovra, c’è sicuramente un elemento che merita di essere riportato alla memoria dei tanti smemorati governativi che ora fingono di non ricordare: questo ricorso alle clausole di salvaguardia e ai potenziali aumenti di tassazione nascosti tra le pieghe delle manovre è sempre stato ampiamente criticato sia dalla Lega che dal Movimento 5 Stelle,
A cura di Charlotte Matteini
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Il governo è riuscito a evitare la procedura di infrazione europea e a portare a casa sia il reddito di cittadinanza che la riforma quota 100. No, sto scherzando: il governo ha sì evitato la procedura d'infrazione ed è riuscito a tenere in legge di bilancio i due provvedimenti cuore della manovra, ma il prezzo che i cittadini pagheranno per questa manovra sarà altissimo in termini di tagli alle agevolazioni fiscali e di aumento della pressione fiscale. Come si evince dal maxi-emendamento alla legge di bilancio presentato ieri in Senato, il governo ha dovuto ridurre gli stanziamenti per reddito di cittadinanza e quota 100 di oltre 4 miliardi di euro e accettato di sottoscrivere delle clausole di salvaguardia che ammontano a 52 miliardi di potenziali tasse in più nel biennio 2020-2021.

In sostanza, le clausole di salvaguardia sottoscritte prescrivono che, in mancanza di adeguati interventi atti a disinnescarle, nel 2020 e 2021 l'Iva aumenterà raggiungendo nel giro di due anni il 13% e il 26.5%, per un totale pari a 24 e quasi 29 miliardi di maggiore gettito per anno, oltre a 400 milioni in più di accise. Per fare un paragone, le clausole disinnescate per il 2019 prevedevano aumenti di Iva pari a 12,4 miliardi di euro, quelle sottoscritte dal governo Conte stabiliscono aumenti nell'ordine dei dieci miliardi in più rispetto a quelle inserite in manovra dai governi precedenti. La cifra pattuita è davvero molto alta e difficilmente il governo – i successori dell'esecutivo Lega – 5 Stelle – riusciranno a trovare risorse sufficienti per coprire la promessa.

Al di là dell'opinione che un elettore o lettore può avere della manovra, c'è sicuramente un elemento che merita di essere riportato alla memoria dei tanti smemorati governativi che ora fingono di non ricordare: questo ricorso alle clausole di salvaguardia e ai potenziali aumenti di tassazione nascosti tra le pieghe delle manovre è sempre stato ampiamente criticato sia dalla Lega che dal Movimento 5 Stelle, approccio che però ora viene addirittura incensato dai vari Di Maio, Salvini e accoliti.

Vediamo un po' che cosa dicevano i 5 Stelle e Matteo Salvini in passato quando le clausole venivano innescate e disinnescate dai governi del Partito Democratico:

14 giugno 2013, Matteo Salvini:

Il governo: "Inevitabile aumento dell'IVA, non ci sono soldi". Balle. BUFFONI! BUFFONI! BUFFONI!
Al Nord i soldi ci sono e vengono pagati, il problema è che finiscono nelle casse dello STATO LADRO.
Troppo educati e pazienti siamo stati, basta.

29 agosto 2013, Matteo Salvini:

L'aumento dell'IVA in autunno sarebbe la MAZZATA FINALE alle imprese che sopravvivono, e alle famiglie.
Se solo pensano di farlo, glielo ricacceremo in gola.
Davvero.

27 gennaio 2015, la posizione dei 5 Stelle sulla manovra espansiva pensata dal governo Renzi: 

“Il Governo Renzi annunciò nel settembre scorso una manovra finanziaria espansiva e anti-tasse. Nei due mesi successivi la legge di stabilità si rivelò: zero investimenti, tagli di tasse ridicoli e finanziati con tagli lineari agli Enti locali, e quindi a scuola, sanità, trasporto pubblico. L’Europa dell’euro e del rigore a fine ottobre chiede uno sforzo maggiore, e Renzi si piega a ridurre il rapporto deficit/Pil di altri 4,5 miliardi, dal 2,9% al 2,6%. A garanzia di questa promessa sono previste altre tasse, le cosiddette clausole di salvaguardia: se il Governo nel 2015-2018 non riuscirà a rispettare i vincoli di bilancio potrà aumentare le accise sui carburanti e l’Iva per un totale di 53 miliardi in tre anni.

22 febbraio 2015, il "fact checking" a 5 stelle contro la legge di bilancio del governo Renzi:

Riduzione di tasse: Renzi diceva: “La più grandemai fatta da un governo”. (fonte). Ma allora come mai è lo stesso governo a fare una previsione nel Def del 2014 nella quale ottimisticamente prevede per l’anno 2015 un aumento della pressione fiscale pari allo 0,1 % rispetto al 2014 ( 43,4%)?. Renzi, quindi, gioca con le parole, taroccandole. Se da una parte è vero che alcune tasse sono state parzialmente ridotte, è altrettanto vero che i tagli fatti dal Governo alle Regioni, Province e Comuni comporteranno nuovi aumenti di tasse a livello locale. Inoltre, considerato che alle belle parole spese dal Premier spesso non corrispondono fatti, il Governo ha inserito nella legge di stabilità del 2015 le cosiddette clausole di salvaguardia che garantiranno alle casse dello Stato per il 2016 un gettito di 12,8 miliardi, per il 2017 un gettito di 18,5 miliardi e per il 2018 un gettito di 20,5 miliardi. Insomma basta attendere qualche mese che le stangate da tasse saranno ben servite.

25 febbraio 2015, il Movimento 5 Stelle rilancia l'allarme di Confcommercio:

“Sui contribuenti italiani pesa il rischio di una stangata fiscale da 72 miliardi di euro se dovessero scattare le clausole di salvaguardia contenute nella legge di stabilità. E’ quanto denuncia lo studio Confcommercio-Cer su pressione fiscale e spesa pubblica presentato nel corso di una conferenza stampa tenutasi presso la sede nazionale della Confederazione. “La legge di stabilità – ha spiegato il direttore dell’ Ufficio studi, Mariano Bella – contiene un macigno la cui attivazione implicherebbe per i contribuenti 72 miliardi di tasse in più nel triennio 2016-2018”.

14 agosto 2016, sul Blog delle Stelle: 

Considerando che ci sono già 10 miliardi di nuove tasse pronte dal 1 gennaio 2017, il Governo dovrebbe fare una manovra da 27 miliardi solo per salvare i conti pubblici dalla bocciatura della Ue ed evitare l’aumento dell’Iva (clausole di salvaguardia). Significa che la legge di Stabilità di ottobre sarà l’ennesimo massacro per i cittadini: nuove tasse e altri tagli selvaggi ai servizi primari, a partire dalla sanità pubblica, già messa nel mirino.

24 febbraio 2016, il Movimento 5 Stelle critica Padoan per le clausole di salvaguardia e le stime del Pil errate (2018, M5S fa la stessa identica cosa e difende le stime sballate nonostante le critiche e i rilievi di Bankitalia, Fondo Monetario Internazionale, agenzie di rating e Commissione europea):

Nel 2015 la pressione fiscale si è attestata al 43,7%, in aumento rispetto al 2014. Per il 2016, tuttavia, il Governo ha previsto un calo al 43,1%, dato che ha rinviato le clausole di salvaguardia al 2017. Il problema è che queste previsioni si fondano su una crescita del Pil 2016 del tutto campata per aria. Il Governo ha fatto i suoi calcoli sulla pressione fiscale partendo dal presupposto che il Pil 2016 crescerà del +1,6%. Ma come al solito ha sbagliato clamorosamente, e sempre in eccesso. Già nel 2015 il premier parlava di una crescita oltre l’1%, mentre le recenti stime dell’Istat dicono +0,6%, e il dato finale potrebbe essere ancora peggiore. Per il 2016, invece, è l’Ocse ad aver rivisto le stime ad anno appena iniziato: non +1,6%, ma +1%. Lo 0,6% di differenza significa un errore di previsione di quasi il 40%.

14 marzo 2018, Matteo Salvini annuncia il taglio delle accise al primo consiglio dei ministri (indovinate un po'? Saltato!) e una bella critica alle clausole di salvaguardia:

“All’interno delle politiche fiscali escludiamo qualsiasi elemento di tasse o accise, la clausola di salvaguardia per l’aumento dell’Iva per noi non esiste. Anzi, nel primo consiglio dei ministri cancelleremo le sette più antiche accise che gravano sull’economia italiana, la più vecchia risale alla guerra di Etiopia sulla benzina. Con le nostre riforme stimiamo che il rapporto debito/Pil scenda dal 131% al 119% al 2022 e un incremento del Pil da +1,5% a +2,5%. Stiamo già lavorando ad una nostra manovra economica, un Def che preveda taglio tasse e risparmi. Il nostro obiettivo è trasformare l’Italia in un Paese moderno, efficiente e federale. Vogliamo rimettete in circolo denaro ora bloccato o che scappa all’estero. Stiamo lavorando per dare un Governo a questo Paese con un programma di centrodestra aperto ad arricchimenti, contributi e proposte ma non a stravolgimenti. Sarebbe irrispettoso coinvolgere chi ha perso le elezioni e quindi no a qualsiasi Governo che abbia al centro Gentiloni, Boschi, Minniti. Per quanto riguarda le presidenze delle Camere mi faccio carico del mandato del centrodestra di contattare tutti i leader di partito per capire desideri e esigenze e poi attenderemo le scelte del presidente della Repubblica, confidando che l’Italia abbia il prima possibile un governo in piena carica e non vorremo che a Bruxelles, anzi a Berlino abbia già preparato le politiche economiche per i prossimi 7 anni. Vogliamo un’Italia da protagonista".

23 ottobre 2018, il Movimento 5 Stelle al governo critica (per poi immediatamente dopo introdurre lo stesso meccanismo aggravato da 10 miliardi di potenziale gettito in più):

 Il PD, conscio di essere prossimo alla dipartita dopo aver fatto macelleria sociale sul popolo a vantaggio di pochi grandi interessi privati, aveva infatti stabilito di far scattare le cosiddette “clausole di salvaguardia IVA” nel 2019. Si trattava di una vera e propria “bomba” da 12,4 miliardi di euro di aumento dell’IVA, che avrebbe portato a un crollo dei consumi, colpendo in particolare le fasce più deboli della popolazione, nonché le piccole imprese e i piccoli commercianti. Oltre che sociale, l’impatto sarebbe stato anche economico, perché avrebbe depresso ulteriormente un’economia ancora fragile e con un PIL lontano dai livelli pre-crisi. Un bel pacco bomba a orologeria consegnato nelle mani del Governo del Cambiamento! Disinnescare questo pacco da 12,4 miliardi ci è costato un altro 0,7% del Pil, una misura necessaria per evitare di assecondare una recessione che altrimenti avrebbe minacciato l’economia del nostro Paese.

[…]

L’Art. 99 della bozza, riserva una ulteriore futura stangata all’aumento dell’Iva da 15,1 miliardi di euro, introdotto dal governo Renzi che doveva scattare dal 1 gennaio 2017, prorogandola di un anno, con il rincaro di ben 3 punti dal primo gennaio 2018 e un ulteriore 0,9% dal 2019, clausole di salvaguardia che lo stesso governo si era impegnato ad abrogare.

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