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Processo Yara, gli investigatori: “Così abbiamo trovato Bossetti”

Prosegue il processo a carico di Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio. L’ex capo della mobile: “Chi portò la vittima nel campo di Chignolo d’Isola conosceva la zona”.
A cura di Susanna Picone
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Nuova udienza a Bergamo del processo per l’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate Sopra scomparsa il 26 novembre del 2010 e ritrovata cadavere esattamente tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola. Come nella scorsa udienza anche oggi in aula sono stati ascoltati gli investigatori che hanno ricostruito come la polizia ha incastrato Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello arrestato il 16 giugno del 2014 e unico imputato nel processo. L'ex capo della Mobile di Bergamo, Gianpaolo Bonafini, ha ricordato l'inizio delle indagini subito dopo il ritrovamento del corpo nel campo di Chignolo. Le indagini partirono da 800 dipendenti delle 14 aziende nei pressi del campo, poi si passò alla vicina discoteca Sabbie Mobili, di cui furono analizzati i 31 mila clienti tesserati arrivando a una rosa di 476 che furono sentiti come testimoni e ai quali fu prelevato il Dna.

“Chi portò Yara a Chignolo d’Isola conosceva la zona” – Il 21 ottobre del 2011 la polizia scientifica comunicò che uno dei Dna prelevati a una rosa di 476 persone sulle oltre 30mila che avevano frequentato nei cinque anni precedenti la discoteca Sabbie Mobili aveva un “aplotipo Y uguale a quello trovato sugli slip” della ragazza uccisa. Questo Dna apparteneva a un componente della famiglia di Giuseppe Guerinoni, l'autista di autobus morto nel 1999 che secondo la scienza è il padre naturale di Massimo Bossetti. Il nipote di Guerinoni nel periodo in cui scomparve Yara si trovava all'estero e, quindi, si pensò all'esistenza di un figlio illegittimo che, secondo gli investigatori, è risultato essere appunto Bossetti. L'ex capo della Squadra mobile ha inoltre spiegato i passaggi attraverso i quali gli investigatori sono arrivati al muratore. L'ipotesi che l'assassino di Yara conoscesse la zona di Chignolo d’Isola derivava dal fatto che il percorso dall'impianto sportivo da cui la ragazzina era scomparsa tre mesi prima e il campo “non è lineare” e contempla “strade secondarie” che difficilmente chi non conosce la zona poteva percorrere. Quando fu trovato il corpo gli investigatori ipotizzarono che chi l'aveva portata lì era nato in quella zona, oppure vi viveva o la frequentava per motivi di lavoro.

La difesa di Bossetti cerca lacune nell’inchiesta – Oggetto di parte del controesame di Bonafini a opera della difesa di Bossetti la testimonianza di alcune persone che nelle fasi iniziali delle indagini rilasciarono dichiarazioni che però risultarono inesatte e non trovarono riscontro. Al termine dell'udienza i difensori hanno parlato di “lacune e dubbi che restano in un'inchiesta amplissima” e in cui “restano molti punti oscuri”. Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini hanno chiesto conto al funzionario di tutti gli accertamenti su dichiarazioni rese da testimoni che avevano raccontato di aver visto due persone nei pressi dell'abitazione della ragazza. Quelle dichiarazioni però non collimavano con i tempi della scomparsa di Yara e, in un caso, nemmeno con i tabulati telefonici di uno dei testi. Alcune domande hanno riguardato anche il custode della palestra da cui scomparve la vittima, che aveva a disposizione un furgone per il trasporto degli atleti. Il mezzo non fu analizzato in quanto, ha spiegato Bonafini, a carico del custode “non era emerso nulla”.

Il giallo della frase intercettata da un walkie talkie – “Ce l'ho. L'ho presa. Sto arrivando”: sarebbero queste le frasi che una testimone avrebbe sentito dal suo walkie talkie la sera del 26 novembre 2010, quella in cui Yara Gambirasio scomparve. La testimone avrebbe detto che per comunicare con la figlia, che abita accanto a lei a Ponte San Pietro, un paesino vicino a Brembate, usa delle ricetrasmittenti. “L'ora me la ricordo bene, perché stava iniziando un programma televisivo che mi piace. Tra le 18,15 e le 19,15”, avrebbe detto la donna secondo la quale a un certo punto dal walkie talkie avrebbe sentito quelle parole. Gianpaolo Bonafini nella sua deposizione di oggi avrebbe parlato di quella radiolina dicendo che “secondo la casa produttrice non sono possibili interferenze, ma la signora Prata ha riferito di aver intercettato più volte le comunicazioni dei camionisti”. La polizia avrebbe verificato che effettivamente la portata dell’apparecchio ricetrasmittente arrivava fino alla zona della palestra ma gli accertamenti successivi non hanno portato a nulla.

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