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Un Paese che dà più valore alle armi che ai suoi studenti è destinato a collassare

Il governo Draghi ha tolto mezzo punto percentuale alla scuola. Sì, sembra incredibile ma è davvero così che stanno andando le cose in questo Paese.
A cura di Stela Xhunga
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Un Paese che dà più valore alle armi che ai suoi studenti. Mentre i parlamentari erano pronti a fare a pugni per la riforma del catasto e i sindacati sono tutti presi dalle elezioni Rsu, il governo Draghi ha tolto mezzo punto percentuale alla scuola, pari al 25% della spesa in valore assoluto. Nel silenzio generale.

Sembra incredibile, ma a rendere drammatico il tutto non è tanto il fatto in sé, quanto la motivazione a sostegno della manovra: la motivazione data da Draghi infatti sarebbe da ricercare nel calo demografico. Difficile credere che nel 2025, data di entrata in vigore della misura riduttiva, ci sarà un calo degli studenti addirittura del 25%. E se anche fosse possibile, il taglio suona più o meno così: noi, governo dei migliori, alziamo le mani di fronte all’abbandono scolastico e al crollo demografico in Italia.

Non saremo in grado di togliere i giovani dalle strade e trattenerli dietro un banco di scuola, né tantomeno saremo in grado di dare uno straccio di tutela in più alle giovani coppie che vorrebbero avere un figlio, ma non possono. Non riescono. Una resa incondizionata, quella del “governo dei migliori”, siglata dallo stesso DEF: negli anni successivi al 2025, è prevista infatti una ulteriore riduzione del 3,3% fino al 3,4%. Come scrisse Dante all’ingresso dell’Inferno: “Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate”.

Nemmeno la tanto vituperata riforma Gelmini era riuscita a tagliare tanto. “Come si farà ad attivare le transizioni ecologiche, tecnologiche e digitali con risorse che cambiano importi e destinazione? La musica è sempre la stessa, scritta sullo spartito del neo liberismo che pensavamo, a torto, avesse mostrato tutti i suoi limiti dopo la pandemia e la guerra”, ha commentato il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, all’indomani dell'annuncio della spending review.

Eppure ci avevamo creduto. “Dopo anni in cui l’Italia si è spesso dimenticata delle sue ragazze e dei suoi ragazzi, sappiate che le vostre aspirazioni, le vostre attese, oggi sono al centro dell’azione del Governo” aveva detto Mario Draghi in visita a una scuola di Bari l’anno scorso, a ottobre 2021. “Investire nella scuola è un dovere civile e un atto di giustizia sociale. A voi giovani spetta il compito di trasformare l’Italia. Il nostro compito è mettervi nelle condizioni di farlo al meglio. Il vostro è cominciare a immaginare il Paese in cui vorrete vivere. Preparatevi a costruirlo, con passione, determinazione e – perché no – un pizzico di incoscienza”.

In piena pandemia, a maggio 2020, alla scuola era andata la metà dei soldi destinata ad Alitalia. Un miliardo e 450 milioni per il biennio 2020-2021 sono state le risorse stanziate a favore del comparto scolastico, di cui 331 milioni destinati alla Dad per l’acquisto di dispositivi digitali e connettività, l’adozione di misure di sicurezza, l’adattamento degli spazi in vista del rientro, e similari. Tre miliari di euro, invece, solo per il 2020, è finito all’ex Alitalia. Tre miliardi, l’equivalente del fatturato 2019 di Alitalia, a cui si sono aggiunti i soldi delle Cig e a cui se ne sono aggiunti – e se ne aggiungeranno – altri. Fare i conti della serva serve a capire il Paese, per intuire la sua direzione, capire dove vuole andare e a quale prezzo. Ricordiamo che la media della spesa sulla scuola in UE è del 4,7% del PIL. L’Italia, che già era ben al di sotto della media, con questa riduzione voluta dal governo dei “migliori”, con la complicità di un Parlamento ormai ridotto al silenzio di un’ancella, si piazza all’ultimo posto nell’Unione Europea.

In Italia i giovani under 18 non votano, non sono una lobby, non hanno una rappresentanza sindacale, non hanno la possibilità di vedersi come una cittadinanza politica, non contribuiscono direttamente all’economia del Paese. Tutto questo, al di là dei discorsi a favore di telecamera, li rende poco attraenti per i politici. Non sono bacini elettorali da spostare o da tassare, e presto non avranno più una scuola degna di essere chiamata tale, capace di toglierli dalla miseria, dalla criminalità, dai mille problemi che li affliggono da nord a sud, specialmente nelle periferie. I dati più recenti, relativi all’anno 2020, parlano di un 13,1% di ragazzi tra i 18 e i 24 anni fermi alla licenza media. Si era detto e promesso che entro il 2020 il numero sarebbe sceso sotto il 10%, ma l’obiettivo è stato palesemente mancato. Questi ragazzi continueranno a non avere il diploma. Avranno in compenso uno Stato con un sacco di armi in più. Evviva.

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