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Tutte le falle del decreto flussi: perché il click day favorisce la criminalità, spiegato da ASGI

L’avvocato Francesco Mason, socio di ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) spiega a Fanpage “il meccanismo folle” del decreto flussi. “Se Meloni dice che bisogna riformare le procedure di ingresso, bisogna ricordarle che l’ha già fatto, e l’ha fatto male”, dichiara, prima di aggiungere: “Attaccare la criminalità organizzata è un modo per non assumersi la responsabilità, ma lo sfruttamento dei migranti è dovuto innanzitutto alla normativa fallace”.
A cura di Luca Capponi
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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato un esposto alla Procura Antimafia, chiedendo di vigilare sulle possibili infiltrazioni criminali nelle procedure di ingresso dei migranti. Ma secondo i critici, è proprio il decreto flussi – varato dal governo Meloni – a facilitare le situazioni di irregolarità e incertezza giuridica di chi arriva in Italia. È di questo parere anche l'avvocato Francesco Mason, socio dell'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI), che a Fanpage definisce "un meccanismo folle" quello creato dal decreto flussi. E poi spiega: "Attaccare la criminalità organizzata è il modo più semplice per de-responsabilizzarsi. Il sistema attuale disincentiva le domande dei datori di lavoro onesti e concentra 100 mila domande in un giorno solo: è normale che poi molte di queste sfuggano ai controlli".

Avv. Mason, Giorgia Meloni ha riconosciuto che la legge Bossi-Fini abbia fallito e che sia da cambiare. Almeno su questo punto di partenza siete d'accordo?

Non c'è dubbio, il punto è come cambiarla. E soprattutto, se si sta parlando di procedure di ingressi per lavoro, allora Meloni ha sbagliato legge di riferimento. Il diritto di immigrazione è una specie di geologia, è fatto di tanti strati. Qui il punto è: come si ottiene un visto di lavoro in Italia? Su questo la disciplina è affidata al decreto Cutro, fatto da questo governo. Quindi se Meloni dice che bisogna riformare le procedure di ingresso, bisogna ricordarle che l'ha già fatto, e l'ha fatto male.

Tutto parte da questo governo, quindi, o i problemi nascono prima?

No, il decreto Cutro non si è inventato niente. Anzi, la riforma più importante su questo tema è un decreto del governo Draghi, che ha fissato delle norme transitorie che questo governo ha reso ordinarie. Ma l'attuale legge accentua dei limiti enormi già esistenti in questo tipo di procedura, che per quanto riguarda noi di ASGI andrebbe abrogata totalmente. Non basta qualche decreto infilato qua e là per risolvere una problematica strutturale, che necessita di una riforma completa. Per prima cosa questo governo ha previsto che le verifiche sulla capacità economica dei datori di lavoro non fossero più compiute dall'Ispettorato del lavoro: oggi vengono autocertificate dai datori stessi, tramite dei loro consulenti privati. Sostanzialmente, quindi, il governo ha privatizzato i controlli e l'ha fatto senza fornire a questi consulenti dei criteri oggettivi di valutazione. Quando il controllo lo fa un privato, già c'è il primo problema.

Cos'altro non funziona nell'attuale normativa?

Per esempio il fatto che l'autorizzazione all'ingresso del lavoratore debba essere rilasciata entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, a prescindere dal fatto che nel frattempo ci siano o meno i controlli sul datore di lavoro. Quindi, in pratica: il lavoratore ottiene il visto, entra e può immediatamente lavorare. L'intento era quello di velocizzare le pratiche, ma non è stato pensato nessun meccanismo di silenzio-assenso. Anzi, l'autorizzazione è sempre revocabile, anche dopo l'ingresso. Quindi sono state date migliaia di autorizzazioni, altrettanti lavoratori sono entrati in Italia, ma una volta che erano qui è emerso che alcuni datori di lavoro non avessero i requisiti per assumerli. E quindi, a causa di questo meccanismo infernale, migliaia di persone entrate in maniera regolare sono diventate irregolari, per colpe non loro.

Per quali ragioni può essere successivamente revocato il nulla osta?

I motivi possono essere i più vari. La casistica più frequente è quella per cui il datore di lavoro nel frattempo ha chiuso la ditta. Può anche accadere che emergano delle condanne penali del titolare dell'azienda. Oppure, molto più semplicemente, il datore di lavoro ha presentato più domande di quante potesse assumerne sulla base della propria capacità economica. Tutte circostanze che il lavoratore straniero, regolarmente arrivato in Italia, ovviamente non può sapere prima. E che si ritrova costretto ad affrontare dopo, senza nessuno strumento, perché non essendo un silenzio-assenso, l'autorizzazione può essere revocata tranquillamente.

Meloni però ha fatto notare che in alcune Regioni ci sia un numero di richieste spropositato rispetto alla disponibilità dei posti di lavoro e a quanti contratti vengano poi effettivamente firmati. È d'accordo che anche questo sia un tema su cui ragionare?

Il fatto che ci sia più richiesta in Campania rispetto al nord industriale può essere dovuto a tanti motivi, non escludo che ci siano delle storture. Invece di concentrarsi sui luoghi da cui partono le domande, io porrei l'attenzione su quanto riportato nel report della campagna "Ero straniero", che evidenzia come solo una piccola parte – il 23,5% – delle quote messe a disposizione dal governo porti alla firma di un permesso di soggiorno. Parliamo di persone autorizzate a venire in Italia: poi, però, 3 richieste su 4 diventano ingressi irregolari .

Perché?

Perché il sistema delle quote è folle. Tanto per cominciare tutte le quote vengono esaurite in pochi secondi. In linea teorica, ad ogni quota dovrebbe conseguire l'ingresso del lavoratore, e poi la sua assunzione. La realtà è che a due anni dal decreto flussi le assunzioni sono il 23,5%. È la somma di tanti problemi: in alcuni casi – pur essendo passati due anni – le procedure sono ancora in corso. In altri, i datori di lavoro non hanno più interesse ad assumere quella persona. In altri ancora – va detto anche questo – le domande sono state presentate da persone che non avevano interesse a quell'assunzione, ma hanno venduto quella richiesta a lavoratori che erano all'estero e che magari si sono dovuti indebitare per venire qui.

Quindi è il meccanismo stesso dei "click day" che non potrà mai funzionare?

I "click day" fanno sì che i datori di lavoro debbano fare le assunzioni quando lo vuole il governo e non quando lo vogliono loro. Questa è già la prima stortura. Mi chiedo come si faccia ancora a pensare che dei datori di lavoro possano voler assumere dei lavoratori che si trovano all'estero senza essere sicuri – perché i "click day" sono una lotteria – che li possano assumere. E senza nemmeno sapere quando potranno avere questi visti, perché i tempi sono lunghissimi. Al di là di questo, la procedura non è minimamente efficace. E si presta ad usi impropri, perché non è funzionale agli usi "propri".

Ed è un sistema che si presta anche alle infiltrazioni criminali?

Questa è una semplificazione. Non metto in dubbio che, quando si parla di grandi numeri, possano infilarsi singoli casi in cui magari c'è chi vende la domanda di ingresso e lucra sulla pelle dei più deboli. Ma attaccare la criminalità organizzata è il modo più semplice per de-responsabilizzarsi. Lo sfruttamento dei migranti è dovuto innanzitutto alla normativa fallace. Se un datore di lavoro potesse fare a meno dei "click day" e avesse l'opportunità di assumere liberamente – ma con controlli certi -, la criminalità sarebbe messa fuori gioco. Il sistema attuale invece concentra 100mila domande in un giorno solo: che controlli ci potranno mai essere?

L'antenato giuridico della Bossi-Fini è la legge Turco-Napolitano del 1998. È un modello che si potrebbe recuperare?

Si potrebbe sicuramente riprendere l'ingresso per sponsor che era previsto in quella legge e poi è stato abrogato. La Turco-Napolitano prevedeva che, al di fuori del sistema delle quote, un cittadino italiano o straniero potesse farsi garante dell'ingresso di un lavoratore straniero in cerca di un'occupazione. Nella situazione che viviamo oggi, con una domanda datoriale enorme, basterebbe questo semplice meccanismo per evitare che i lavoratori stranieri siano costretti a sottoporsi alle lungaggini e a tutti i rischi e le storture della procedura dei flussi. Per l'inefficienza di questa procedura molti dei beneficiari del decreto flussi rischiano di diventare irregolari seppur hanno fatto regolare ingresso con un visto. E l'irregolarità è il volano dello sfruttamento. Che porta ai casi estremi che conosciamo, come i migranti costretti ad accettare di lavorare per 3€ all'ora perché non hanno altra alternativa.

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