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Trump rinvia i dazi globali al 1° agosto, ma impone nuove tariffe: cresce scontro commerciale con Asia e Ue

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rinviato al 1° agosto l’introduzione dei dazi su tutte le importazioni straniere, ma ha contemporaneamente imposto nuove tariffe mirate, fino al 40%, inviando lettere a diversi Paesi asiatici e africani. Il clima internazionale si fa più teso e l’Unione europea prova a negoziare una soluzione in extremis.
A cura di Francesca Moriero
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di posticipare al 1° agosto l'entrata in vigore dei dazi generalizzati su tutte le importazioni negli Stati Uniti. La misura, annunciata inizialmente per il 9 luglio, rappresenta uno dei pilastri della strategia economica di Trump, che punta a proteggere la produzione americana da quella estera considerata "sleale" o eccessivamente sovvenzionata dai governi stranieri. Il rinvio avrebbe l'obiettivo di concedere all'Unione europea alcune settimane aggiuntive per cercare un accordo ed evitare lo scontro diretto. Ma se da una parte si apre una finestra diplomatica, dall'altra la Casa Bianca sembra aver già alzato il livello della tensione commerciale, imponendo nuove tariffe punitive, fino al 40%, su una serie di prodotti importati da una quindicina di Paesi, soprattutto in Asia e Africa.

Le nuove tariffe di Trump: colpite Asia e Africa, fino al 40% su Myanmar e Laos

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Oltre al rinvio dei dazi globali, Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone dazi differenziati su un gruppo selezionato di Paesi. Le nuove tariffe prevedono:

  • 25% su beni provenienti da Giappone, Corea del Sud, Tunisia, Malesia e Kazakistan
  • 30% su Sudafrica e Bosnia
  • 32% su Indonesia
  • 35% su Bangladesh e Serbia
  • 36% su Thailandia e Cambogia
  • 40% su Myanmar e Laos

I prodotti colpiti variano da metalli industriali a beni manifatturieri di largo consumo, ma le liste precise non sono ancora state rese pubbliche. Il punto è che queste misure, non sarebbero state precedute da alcun negoziato né da un confronto diplomatico, e avrebbero così quindi colto di sorpresa molti dei Paesi coinvolti; alcuni infatti stavano già trattando accordi bilaterali con Washington e si aspettavano l'esenzione o un trattamento preferenziale.

Le reazioni internazionali: preoccupazione e aperture al dialogo

La reazione dei governi stranieri è stata immediata: il Giappone ha espresso "profondo rammarico" per la decisione americana. Il primo ministro Shigeru Ishiba ha dichiarato che si tratterebbe di "una misura sproporzionata e dannosa per i rapporti tra alleati", pur ribadendo la disponibilità a mantenere un dialogo aperto. Anche Thailandia, Malesia e Bangladesh hanno confermato di aver ricevuto da Washington nuove bozze di accordo commerciale, a conferma che la Casa Bianca intende usare i dazi come leva negoziale per ottenere concessioni bilaterali. In sostanza, Trump alza la pressione con le tariffe per poi sedersi al tavolo con maggiore forza contrattuale.

L'effetto dell'annuncio dei dazi di Trump sui mercati: Wall Street arretra, Tokyo regge

Sul fronte finanziario, l'annuncio dei dazi ha avuto un impatto immediato sui mercati statunitensi. Le principali Borse americane hanno chiuso in calo:

  • Il Dow Jones ha perso lo 0,94%
  • Il Nasdaq lo 0,92%
  • L'S&P 500 lo 0,79%

Gli investitori temono che l'inasprimento delle tensioni commerciali possa rallentare la crescita globale e compromettere la redditività di molte multinazionali americane. Più stabile la situazione in Asia: la Borsa di Tokyo ha chiuso in lieve rialzo (+0,36%), in parte grazie proprio al rinvio dei dazi globali, che offre al Giappone tempo per negoziare.

L'Unione europea prova a mediare: tre settimane per evitare il peggio

Nel frattempo, l'Unione europea, pur non essendo ancora formalmente colpita dalle nuove tariffe, è al centro di una trattativa complessa e delicata. Il rinvio dei dazi al 1° agosto è stato interpretato a Bruxelles come un segnale di apertura, ma anche come una minaccia velata: o si trova un accordo, o i dazi scatteranno. La presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen ha intensificato i contatti con Trump nei giorni scorsi; parallelamente, sono in corso consultazioni tra i principali governi europei. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha avuto colloqui diretti con il presidente francese Emmanuel Macron e con la premier italiana Giorgia Meloni per definire una posizione comune: secondo diverse fonti diplomatiche, l'obiettivo di Bruxelles è ottenere una soluzione equilibrata che eviti dazi troppo onerosi sui beni europei, in particolare in settori strategici come l'automotive, l'agroalimentare e l'aerospazio.

La proposta americana: una tariffa base del 10% con alcune eccezioni

Secondo quanto riportato da Politico, gli Stati Uniti avrebbero messo sul tavolo una proposta di compromesso: una tariffa standard del 10% su tutti i prodotti europei, con eccezioni per alcuni settori chiave. L'Unione europea starebbe valutando l'offerta. Paesi come Francia e Spagna sono contrari a fare concessioni e spingono per misure di ritorsione in caso di imposizione unilaterale da parte di Washington. Parigi, in particolare, ha proposto di attivare lo strumento anti-coercizione, un meccanismo che consentirebbe all'Ue di colpire con controdazi le imprese statunitensi (come le Big Tech), se gli Stati Uniti stessi dovessero agire in modo discriminatorio. La Germania, al contrario, sembra invece mostrarsi più cauta: l'industria automobilistica tedesca, molto esposta sul mercato americano, teme gravi perdite in caso di escalation.

La strategia di Trump: pressione anche sui Paesi "vicini ai BRICS"

In parallelo, Trump ha annunciato che gli Stati Uniti potrebbero imporre un dazio aggiuntivo del 10% a tutti i Paesi che "aderiscono apertamente all’asse antiamericano dei BRICS", il gruppo formato da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, oggi allargato a numerosi altri membri. Il messaggio sembra molto chiaro: Washington considera i BRICS non solo come un blocco economico, ma come un fronte geopolitico alternativo all'Occidente. Il premier cinese Li Qiang ha replicato con un appello alla cooperazione internazionale, definendo il protezionismo statunitense "una minaccia all'equilibrio dell'economia globale".

Un precedente che si ripete: il ricordo del 2018 e un possibile compromesso

Il contesto attuale ricorda quanto avvenne nel luglio 2018, quando la Commissione europea, allora guidata da Jean-Claude Juncker, riuscì a negoziare una tregua con Trump. In quell'occasione, Bruxelles accettò di aumentare le importazioni di gas naturale e di armi amercane in cambio della sospensione dei dazi su acciaio e alluminio. Oggi potrebbe accadere qualcosa di simile. Se le trattative, infatti, andranno a buon fine, la presidente Von der Leyen, potrebbe recarsi a Washington prima di fine luglio per firmare un'intesa politica. In alternativa, l'Ue sembra aver già predisposto due pacchetti di contromisure, tra cui tariffe su beni americani per un valore complessivo di fino a 120 miliardi di euro.

L'Unione ha ora tre settimane per evitare lo scontro, ma le divisioni interne e l'approccio muscolare degli Stati Uniti rendono il negoziato estremamente complesso.

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