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Tribunale di Torino condanna il Viminale: troppe code fuori questura e procedure discriminatorie

Il tribunale di Torino ha dichiarato discriminatorie le modalità di accesso agli uffici immigrazione per richiedenti asilo, imponendo al Ministero dell’Interno e alla questura torinese di riorganizzare il servizio sul modello di Milano entro quattro mesi. Il Viminale annuncia ricorso in appello.
A cura di Biagio Chiariello
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L’ufficio immigrazione di Torino è organizzato secondo un modello "che integra una discriminazione diretta, individuale e collettiva". Per questo, "entro quattro mesi", deve riorganizzarsi sul modello delle "procedure adottate a Milano". Con queste parole, il giudice del tribunale di Torino Andrea Natale condanna il Ministero dell’Interno e la questura torinese per la gestione degli accessi agli uffici in cui i richiedenti asilo possono richiedere la protezione internazionale. È scritto nelle motivazioni della sentenza, datate 4 agosto 2025.

Le proteste e la causa civile dei richiedenti asilo

Nei mesi scorsi, diciotto richiedenti asilo hanno citato in giudizio questura e ministero, assistiti dagli avvocati Silvia Franceschini, Elena Garelli, Carla Lucia Landri, Maurizio Veglio, Irene Pagnotta, Alessandra D’Angelo, Giovanni Papotti, Giovanna Caldarella, Enrica Origlia e dall’associazione ASGI (Studi Giuridici sull’Immigrazione). Sono tra i tantissimi costretti a file interminabili, spesso di notte e con il maltempo, per accedere agli uffici dello sportello immigrazione. Chiedevano di accertare l’illegittimità delle procedure adottate a Torino e l’obbligo della questura di ricevere le domande di protezione.

A differenza dei servizi per il rilascio dei passaporti e molte altre procedure, l’accesso agli sportelli dedicati ai richiedenti asilo nel capoluogo non può essere prenotato in anticipo. Bisogna mettersi in coda molte ore prima dell'apertura. Molte persone, da mesi, si accampano di notte per essere le prime a entrare. Anche questo, spesso, non basta. I criteri per l’accesso, infatti, sono "oscuri", come ha documentato il tribunale. I posti disponibili quotidianamente sono alcune decine, ma le domande sono spesso molte di più. C’è chi si sarebbe sentito dire, dopo ore di fila, "per oggi, basta sudamericani". Scene, queste, che hanno spinto i ricorrenti ad avviare la causa civile, ora accolta dal giudice.

Le condizioni nelle sedi di Torino e la replica della questura

Lo scorso inverno, le foto di centinaia di persone in fila al freddo fuori dagli uffici di corso Verona e corso Bolzano avevano fatto il giro dei telegiornali e scandalizzato l’opinione pubblica. A quel punto, la questura aveva tentato di potenziare il servizio, senza però risolvere del tutto i problemi delle attese e delle modalità di accesso. In tribunale, con il ministero, ha sostenuto che "il numero di stranieri che ogni giorno attendono in coda è superiore alla capacità di gestione". Nega che siano effettuate distinzioni sulla base dell’etnia per l’accesso, sostenendo siano legate solo a "evidenti motivi di tutela delle fragilità, come nel caso delle donne in gravidanza".

Adesso, se non presenteranno ricorso chiedendo un secondo grado di giudizio, Ministero e questura avranno l’obbligo di riorganizzare il servizio, anche predisponendo un portale telematico per la prenotazione dell'accesso, come avviene in Lombardia.

In un comunicato congiunto, questura di Torino e ministero dell’interno annunciano che presenteranno ricorso in appello contro la sentenza di primo grado. Scrivono: "Dall’1 gennaio al 31 luglio 2023 abbiamo emesso 48.919 permessi di soggiorno, 9.000 in più rispetto all’anno prima. La situazione complessiva è in costante miglioramento. Abbiamo sempre cercato di garantire corsie preferenziali per i richiedenti asilo e di protezione internazionale particolarmente vulnerabili, come ad esempio nel caso di rifugiati politici. In sede di istruttoria, spesso domande non adeguatamente corroborate da documentazione o non adeguatamente motivate, tanto che molte di esse vengono rigettate".

Il ministero dell'Interno ricorrerà in appello contro la sentenza con cui il tribunale di Torino ha dichiarato "discriminatorie" le modalità con cui la questura del capoluogo piemontese gestisce le pratiche per gli stranieri che intendono chiedere la protezione internazionale. Un giudice ha infatti dato ragione a 18 migranti che hanno presentato un ricorso tramite i loro avvocati e i rappresentanti dell'associazione Asgi. Troppe code, troppe attese, troppi ostacoli burocratici. Sono addirittura "oscuri", secondo il magistrato, i criteri con cui l'ufficio sceglie di ricevere tra le persone in attesa.

La questura però replica: "Rispetto al passato sono attive procedure che consentono percorsi facilitati per la presentazione delle istanze e la situazione complessiva è in costante miglioramento. Gli stessi 18 ricorrenti sono stati tutti già ricevuti presso l'Ufficio Immigrazione e hanno potuto inoltrare la domanda".

Il modello Milano e le prossime mosse del Ministero

La questione, in base a quanto si legge nelle 29 pagine della sentenza, è di respiro locale e non nazionale. Il giudice, infatti, ha individuato un luogo dove le cose funzionano meglio: la questura di Milano. È quello il modello che l'amministrazione dovrà seguire per rimettersi a posto: e ha quattro mesi di tempo. In passato le pratiche venivano gestite in una sede decentrata, in corso Verona. Ma la cronaca restituiva un quadro sconfortante: locali fatiscenti, personale cortese ed efficiente ma ridotto all'osso, cittadini costretti a restare in fila per giorni sotto il sole o sotto la pioggia, bivacchi notturni, acqua e cibo distribuiti da volontari, polemiche, rimpalli di responsabilità.

Lo scorso marzo corso Verona è stata abbandonata e sono state messe in campo nuove soluzioni. Evidentemente però, secondo il giudice, non bastano. Dalla questura di Torino snocciolano numeri su numeri per dimostrare che i miglioramenti ci sono: un esempio sono i 48.919 permessi di soggiorno emessi fra il primo gennaio e il 31 luglio, circa 9.000 in più rispetto all'anno scorso. Ma è dalla questura di Milano che bisognerà prendere spunto.

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