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Sull’Ilva è scontro, Di Maio: “Governo precedente ha fatto un pasticcio”. Calenda: “Falsità”

Luigi Di Maio interviene alla Camera sulla vendita dell’Ilva di Taranto, alla luce dei rilievi espressi dall’Anac. Le criticità riguardano il rinvio del piano ambientale, le scadenze intermedie e i mancati rilanci dei concorrenti. Per Di Maio “la gara è stata un pasticcio”. L’ex ministro Carlo Calenda rivendica le sue scelte.
A cura di Giorgio Tabani
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 Di nuovo incerto il futuro dell'Ilva di Taranto. L'Anac, l'Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, interpellata dal ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, risponde che esistono criticità nella gara che ha portato all'aggiudicazione ad ArcelorMittal tredici mesi fa. A invocare una verifica dell'Anac era stato pochi giorni fa il presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, che aveva scritto una lettera per denunciare il fatto che "l'aggiudicazione segue una procedura ad evidenza pubblica che presenta zone d'ombra che andrebbero chiarite al fine di accertare se effettivamente sia avvenuta in favore della migliore offerta". L’Autorità, però, nella risposta di sette pagine inviata giovedì ricorda che ogni decisione sull'eventuale annullamento della gara può essere presa soltanto dal governo, nel caso in cui ravvisi – come prevede la legge – un "preminente interesse pubblico".

Di Maio, ha riferito venerdì mattina alla Camera sulla questione Ilva, in risposta a un'interpellanza urgente. In apertura del suo intervento il ministro ha ironizzato su "chi prendeva in giro questo governo dicendo che stavamo perdendo tempo" nello studio del dossier, mentre invece alla luce della verifica dell'Anac si può dire che "la procedura di gara è stata un pasticcio""menomale che quelli di prima erano i competenti".

Il primo problema messo in evidenza è sul rinvio del piano ambientale, con "le regole del gioco che sono state cambiate in corsa". Nel momento in cui è stata "bandita la gara, il 5 gennaio 2016, chi voleva partecipare alla procedura per l'Ilva doveva fare un'offerta che prevedeva di attuare il piano ambientale entro il 31 dicembre dello stesso anno". Per Di Maio si trattava di "un'impresa titanica", che ha avuto come risultato il fatto che ben "poche imprese hanno potuto partecipare". Alla scadenza dei termini però, il 30 giugno 2016, "l'attuazione del piano ambientale è stata posticipata, prima di due anni e poi di ulteriori cinque, quindi alla fine c'era tempo fino al 2023". Secondo il parere del ministro questo avrebbe permesso, se previsto fin dall'inizio, la partecipazione di "molte più imprese e con offerte molto più pertinenti e di livello più alto". In questo modo invece, secondo Di Maio, "è stato leso il principio di concorrenza e anche la qualità delle offerte proposte ne ha risentito in termini ambientali, occupazionali ed economici".

Il secondo problema riguarda le scadenze intermedie del piano ambientale. "L'azienda che ha vinto sembrerebbe non abbia rispettato alcuni termini ambientali intermedi inizialmente previsti e di per sé questo sarebbe bastato a escluderla dalla procedura di gara". Infatti la proroga del piano ambientale non aveva venire meno il carattere vincolante delle prescrizioni del ministero dell'Ambiente e l'esclusione dalla gara, ancora una volta, sarebbe dipesa dall'amministrazione.

L'ultimo rilievo è relativo al rilancio delle offerte. Infatti, "nella procedura di gara, se ne parlava in maniera confusa, era scritto malissimo". Nel bando erano previsti rilanci ma "non si spiegava come farli e come dovessero essere valutati". Le offerte presentate erano due, quella Mittal, di 1,8 miliardi e l'altra di 1,350 miliardi di AcciaItalia, "con dentro Cassa Depositi e Prestiti peraltro". La seconda, spiega Di Maio, "anche se più bassa, era migliore in termini ambientali e occupazionali". I criteri previsti dalla gara davano "un maggior punteggio all'offerta economica rispetto a quella ambientale e occupazionale: la sola offerta economica pesava per la metà del punteggio complessivo, mentre le altre due si dividevano l'altra metà". AcciaItalia ha tentato un rilancio, "aumentando la sua offerta a 1,850 miliardi ma, in maniera del tutto incomprensibile, questo rilancio non è stato nemmeno considerato e alla fine la procedura è stata chiusa".

Sulle prossime azioni da intraprendere, Di Maio ha dichiarato: "Chiederò immediatamente chiarimenti ai commissari dell'Ilva, avvierò un'indagine interna al ministero e chiederò subito un parere all'Avvocatura dello Stato". Per quanto riguarda ArcelorMittal, "sembra che debba arrivare a breve una controproposta per mezzo dei commissari, perché ho detto loro chiaramente che la loro proposta non era soddisfacente", come già aveva ribadito nel suo incontro con i sindacati e i rappresentanti dell'azienda. "Prima ancora della tutela ambientale e della tutela occupazionale viene la legalità", ha concluso.

Sulle responsabilità della situazione il ministro è stato duro, per lui si tratta di "un comportamento inspiegabile da parte del ministero. Per noi queste criticità sono macigni, sono gravissime. Ne dovrà rispondere politicamente chi ha fatto questa gara. E queste sono soltanto le risposte alle segnalazioni fatte da noi, ma ci sono quelle del presidente della regione Michele Emiliano e quelle di tante associazioni e cittadini. Vogliamo andare fino in fondo e capire chi non ha sorvegliato, chi si ostina a dire che è tutto in regola".

Non si fa attendere la reazione dell'ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda chiamato in causa, pur senza nominarlo, da Di Maio. Su twitter attacca: "Caro Luigi Di Maio hai detto in Parlamento cose gravi e false. Minacciare indagini interne al Mise è vergognoso. La responsabilità sulla gara è mia. A differenza tua non ho bisogno di inventarmi manine. E assumiti la responsabilità di annullare la gara se la ritieni viziata".

Sempre su twitter Calenda ha cercato di rispondere punto su punto alle richieste di chiarimento perché "di base credo che sia compito di chi ha avuto un incarico pubblico rispondere sempre sul proprio operato (a questo servono i social). Ma ci sono giorni in cui sento prepotentemente il desiderio di tornare a fare il manager e lasciare andare il resto. Paese troppo autolesionista". Innazitutto l'ex ministro critica l'operato del nuovo governo, rivendicando quanto fatto: "Abbiamo tenuto Ilva aperta, fatto una gara, trovato un investitore, ripreso 1,1 miliardi ai Riva etc. dovevano fare ultimo metro. In 50 giorni hanno incasinato tutto". C'è polemica sui quesiti stessi inviati ad Anac: "Hanno mandato tre quesiti giuridici, nessuno ha mandato ad Anac le offerte per valutare la gara e l’aggiudicazione. Anac si è espressa dando un parere solo su tre questioni (che non si conoscono). Siamo un paese surreale. Visto che siete il Governo della trasparenza pubblicate la richiesta fatta e la risposta".

In generale a suo parere sono i rilievi a essere "incomprensibili: su un eventuale pregiudizio per una terza cordata (mai esistita), sui rilanci (parere Anac contrario a Avvocatura) e sui termini intermedi del piano ambientale (parere del ministero dell'Ambiente)". Viene ricordato comunque che "Anac dice che la gara è valida. Può essere annullata sul principio di interesse generale (può sempre essere annullata sulla base di questo principio). Se volete farlo accomodatevi".

Sull'esclusione di altre possibili cordate, il ministro sottolinea che si tratti di "una presunzione ipotetica del terzo tipo. All’inizio Mittal era sola, abbiamo dovuto montare noi una seconda cordata". Sulle scadenze intermedie del piano ambientale, Calenda rivela che era una "richiesta dei due offerenti perché altrimenti sarebbero stati termini impossibili. Che l’Anac dica bisognava ricominciare la gara per eventuali e inesistenti altri partecipanti è davvero fuori dal mondo". Sull'offerta concorrente, "l’investitore offriva 600 milioni in meno, più esuberi e non riconosceva inquadramenti e anzianità. Ed è la ragione per cui ha perso la gara" e anche le critiche sui rilanci sono infondate perché "un rilancio solo sul prezzo non era accettabile perché i parametri erano 4. Dunque si sarebbe dovuto ricominciare (da validazione piano ambientale)".

In chiusura non manca una stoccata a Michele Emiliano, con cui ci sono state varie polemiche in passato su Ilva, in particolare Di Maio non avrebbe recepito tutti i rilievi presenti nella lettera del presidente della Puglia: "No per fortuna la richiesta di valutazione sui parametri della gara fatta da Emiliano era talmente assurda che non è stata neanche recepita da Di Maio. Detto questo la battaglia per cacciare un investitore che vuole mettere 4,2 miliardi va oltre l’anormalità di un paese già anormale".

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