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“Su caso Regeni nessun passo avanti, l’Egitto non fornisce le carte alla famiglia”

Parla Ahmed Abdallah, presidente della Ong egiziana che collabora con la famiglia di Giulio Regeni: “Non c’è alcuna cooperazione tra Egito e Italia sulle indagini”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Sul caso Regeni parla Ahmed Abdallah, presidente di una Ong egiziana, Commissione egiziana per i diritti e le libertà, che collabora con la famiglia Regeni, per cercare la verità su Giulio. Sulla decisione di rimandare l'ambasciatore italiano in Egitto è critico Ahmed Abdallah, perché non pensa che ci siano stati passi avanti nelle indagini e nella collaborazione tra gli inquirenti italiani e quelli egiziani. Abdallah è stato in carcere per 4 mesi e mezzo, con l'accusa di aver cercato di rovesciare il regime prendendo parte alle manifestazioni di protesta.

"Non c’è nessuna cooperazione. Il procuratore generale Nabil Ahmed Sadek, che dovrebbe garantire la giustizia in Egitto, ha rifiutato finora di consegnarci il fascicolo sull’uccisione di Giulio, e ha bloccato ogni tentativo legale di ottenerlo. La famiglia non ha avuto nessuno degli atti" , ha detto il presidente della Ong al Corriere della sera. Abdallah è ha fatto finora da tramite tra le autorità egiziane e i genitori di Giulio. L'avvocato della famiglia Regeni non ha avuto accesso alle carte, ma non si fidano del contenuto del fascicolo fornito dall'Egitto all'Italia. I media egiziani elogiano i passi avanti fatti dalla diplomazia dei due Paesi, ma secondo Abdallah non ci sono prove che questi siano proficui nell'ottica delle indagini.

La famiglia Regeni è a conoscenza di alcuni indizi, che rimandano innanzi tutto a Sharif Magdi Abdlaal, capitano della sicurezza di Stato, che diede la telecamera per monitorare il ricercatore al capo del sindacato dei venditori ambulanti. L'uomo è lo stesso che ordinò l'arresto del presidente dell'Ong, falsificando le prove a suo carico: "Pur sapendolo, il procuratore generale ha lasciato che io restassi in carcere per quattro mesi e mezzo sulla base di quelle accuse false" ha spiegato Abdallah. Altri nomi sono emersi durante l'inchiesta, come quello del colonnello Mahmoud Al Hendy, che mise i documenti di Giulio nella casa del presunto capo dei gangster, accusati di aver rapito il ragazzo. Il colonnello è ancora a piede libero.

La famiglia e i legali di Regeni non sono a conoscenza nemmeno del significato delle rivelazioni del New York Times, secondo cui il Governo italiano conosceva i segreti della vicenda e aveva le prove che dietro la morte di Giulio ci fosse la Sicurezza egiziana. Adesso si aspettano chiarezza da entrambi i governi, italiano e americano.

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