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Spese militari: 240 milioni per gli F-35, ma è incertezza sull’acquisto

Tre aerei da guerra da 80 milioni cadauno: questo l’investimento del governo italiano, annunciato dal generale Debertolis al Parlamento. Sui velivoli non sarà impiegato personale militare del nostro Paese, bensì del consorzio comunitario Eurofighter. L’OsservatorioIraq, però, precisa: “La procedura d’acquisto non è ancora stata ufficialmente avviata”
A cura di Enrico Nocera
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F35 - Joint Stright Fighter

Duecentoquaranta milioni di dollari per acquistare tre cacciambombardieri F-35 Joint Stright Fighter. Questa l’ultima spesa militare effettuata dal governo italiano, secondo quanto riportato oggi dal Fatto Quotidiano.  L’annuncio sarebbe avvenuto ieri, davanti alla Commissione Difesa della Camera, da parte del generale Claudio Debertolis. L’importo dichiarato, da versare per ogni aereo, è di 80 milioni di euro, che dovrebbero diminuire progressivamente con i prossimi acquisti. Fatto sta che l’investimento dell’Italia risulta difficile da considerare come tale, visto che non porterà alcuna positiva ricaduta occupazionale: a lavorare sui jet non sarà, infatti, personale militare italiano, bensì quello addetto alla costruzione dell’Eurofighter, velivolo frutto del primo progetto militare della Comunità Europea.

NESSUNA UFFICIALITÀ  SUI COSTI – Secondo altre fonti, provenienti dall’OsservatorioIraq online, l’acquisto non è ancora concretamente avvenuto: pur confermando le cifre annunciate e le mancate ricadute occupazionali, bisogna considerare le lunghe e consolidate procedure di acquisizione del programma, nonché la mancanza di un contratto d’ordine e di una quotazione ufficiale da parte della casa produttrice, la Lockheed Martin: “Basare le stime di costo solo su questo lotto – scrivono dall’Osservatorio – è un errore che continua a confermare una certa opacità e un certo pressapochismo”. Proprio sui costi, infatti, sembrano sussistere le maggiori incertezze: secondo i dati pubblicati dall’Osservatorio e dai siti d’informazione statunitensi (dove tali cifre sono pubbliche) i primi lotti di produzione Usa comportavano fatture di 130 milioni di euro, ben più degli 80 milioni annunciati oggi, davanti al Parlamento, dal generale Debertolis. Cosa quanto meno strana, visto che, per legge, le aziende produttrici di armamenti negli Stati Uniti non possono vendere agli alleati a un costo minore di quello che grava sulle spalle del Pentagono. La conclusione dell’OsservatorioIraq è perciò una richiesta di effettivi chiarimenti: acquisto o non acquisto, i numeri ballano e le cifre sono incerte, non corroborate da documenti ufficiali stilati dal ministero della Difesa.

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