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Sex toy coi soldi dei contribuenti in Emilia Romagna. La confessione: “Comprato per uno scherzo”

Nell’inchiesta sulle “spese pazze” dei gruppi consiliari della Regione Emilia Romagna è spuntato lo scontrino di un acquisto in un sexy shop di Reggio Emilia.
A cura di Davide Falcioni
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Dopo giorni di grande imbarazzo per Rita Moriconi, consigliera regionale in Emilia Romana accusata di aver acquistato con i fondi pubblici un "sex toy", finalmente è spuntato il nome della persona che, incautamente, ha pensato di acquistare il curioso "giocattolo": si tratta di Rosario Genovese, ex collaboratore della politica del PD, che avrebbe fatto "spesa" in un Sexy Shop di Reggio Emilia nell'ormai lontano novembre del 2010, mettendo poi lo scontrino tra i rimborsi come spese effettuate dalla consigliera regionale socialista in quota Partito Democratico. Rita Moriconi, sotto inchiesta insieme ad altri 40 politici per peculato nell'abito dell'indagine della Procura di Bologna sulle "spese pazze" dei gruppi consiliari, era finita al centro delle cronache per uno scontrino di 80 euro emesso da un negozio di gadget erotici.

Moriconi nei giorni scorsi si era difesa affermando di non aver mai messo piede in vita sua in un sexy shop, e che evidentemente quello scontrino andava addebitato a qualche suo stretto collaboratore. Dopo giorni di ricerche alla fine è spuntato il nome del responsabile: Rosario Genovese, membro dello staff della Moriconi dal 2010 al 2013, che ieri è andato in procura per rendere dichiarazioni spontanee ai pubblici ministeri titolari dell'inchiesta. L'uomo a quanto pare avrebbe usato il proprio bancomat per l'acquisto. Nella serata di ieri, inoltre, Genovese ha diramato una nota per spiegare come sono andate le cose: "Questa mattina, mercoledì 12 novembre mi sono recato presso la Procura della Repubblica di Bologna, per rilasciare una dichiarazione spontanea ai magistrati che seguono indagine sulle spese dei consiglieri regionali dell’Emilia Romagna per chiarire una determinata spesa contestata alla consigliera regionale Rita Moriconi, ovvero il suo presunto acquisto di materiale presso un sexy shop di Reggio Emilia su cui tanto si è parlato e che ha messo in cattiva luce la reputazione della stessa. Purtroppo la dichiarazione non l’ho potuta effettuare perché i magistrati competenti, non avendo io avvertito della mia intenzione, erano impegnati in altre attività, quindi spero di essere sentito il più presto possibile per chiarire. Lo scontrino di cui si parla è stato pagato con il mio bancomat, sono io che ho effettuato quella spesa, per me. Sono quindi a fare questa dichiarazione perché ho rispetto della consigliera Rita Moriconi, ho rispetto delle istituzioni tutte, oltre che grande rispetto della magistratura che fa il suo compito che la legge gli affida".

L'ex collaboratore della consigliera emiliana ha aggiunto: "Nel merito dello scontrino incriminato posso affermare, come confermerò alla magistratura quando sarò chiamato, che la spesa è una spesa mia personale fatta per acquistare oggetti atti al confezionamento di un regalo-scherzo per un amico che di li a poco avrebbe compiuto gli anni, quindi non riferibile a una spesa che io possa avere fatto mentre ero in missione o per attività legate alla mia attività di collaboratore del gruppo consigliare PD e della stessa consigliera Moriconi. La mia attività di collaboratore del gruppo mi ha portato a sostenere delle spese inerenti alle missioni e compiti affidatimi che io presentavo con relativi scontrini per richiesta di rimborso. Ho commesso il grave, gravissimo, errore in quel frangente, che mi ha visto predisporre le pezze giustificative delle richieste di rimborso relative all'attività della consigliera Rita Moriconi, che affiancavo in quel periodo, di non accorgermi che incautamente e non volutamente anche lo scontrino incriminato era rimasto in quelli presentati. Sono certo di avere commesso un errore materiale, in quanto, mai e poi mai avrei chiesto un rimborso per una spesa personale e soprattutto riferibile a materiale di quel tipo, certo è che quanto avvenuto, visto he è stato erroneamente presentato, non poteva saperlo la consigliera Moriconi. Infine, ribadirò quanto sopra specificato alla magistratura, in quanto credo che quando si commette un errore sia corretto ammetterlo e spiegare cosa e successo, ho fiducia nella magistratura, spero si possa appurare che è stato un errore materiale, non intenzionale ed attenderò con fiducia cosa la magistratura deciderà in merito".

Dopo la “confessione” di Genovese, Rita Moriconi ha commentato nuovamente quanto accaduto: “Prendo atto della dichiarazione di Rosario Genovese, che chiarisce essere stato suo l'acquisto fatto il 29 novembre 2010 nel sexy shop di Reggio Emilia. Quanto affermato da Genovese conferma tutto ciò che in questo giorni ho sempre sostenuto, ossia di non avere mai visto gli scontrini contestatimi e quindi di non averne mai chiesto il rimborso”. In una nota la consigliera Pd dell'Emilia-Romagna ha aggiunto: “Confido comunque nel lavoro della magistratura bolognese che auspico in tempi brevi potrà chiarire la mia posizione in merito alle accuse che mi sono state mosse”.

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