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Guerra in Ucraina

Segre: “Festa del 25 aprile parla al presente e fa pensare all’Ucraina, resistere è un dovere”

La senatrice a vita Liliana Segre ha inviato una lettera per la commemorazione della strage di Marzabotto: “Il 25 aprile ci ricorda che resistere è necessario, è un dovere. Ieri come oggi”
A cura di Annalisa Cangemi
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In occasione del 25 aprile, per le celebrazioni della Festa della Liberazione, la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, ha inviato una lettera, che è stata letta questa mattina sul palco a Monte Sole di Marzabotto. "La festa del 25 aprile come sempre parla anche al nostro presente, che parla di guerra, dove una potenza aggredisce e sanguinosamente distrugge un paese sovrano nel cuore dell'Europa. Ma un presente segnato ancora anche dalla pandemia, con i suoi costi umani e sociali. Il 25 aprile ci ricorda che resistere è necessario, è un dovere. Ieri come oggi. Ovunque la giustizia, la dignità, la vita stessa vengono calpestate, umiliate, distrutte". Proprio nello storico parco di Monte Sole si consumò la più grande strage di civili avvenuta durante la seconda guerra mondiale per mano nazifascista, in cui persero la vita oltre 770 persone.

"Commemorare il 25 Aprile è commemorare Marzabotto – ha aggiunto Segre – oggi è la festa di tutti i democratici, degli antifascisti e della nostra Repubblica. Ora e sempre Resistenza! Questo deve essere lo slogan, il grido direi, che sempre deve accompagnare il nostro atteggiamento verso la guerra".

Segre aveva già espresso la sua posizione sulla guerra in Ucraina: "Mi auguro al più presto la pace. L’equidistanza non è possibile, il popolo ucraino è stato aggredito dai russi e la sua resistenza va sostenuta, la pace non si ottiene restando indifferenti o attraverso progressivi cedimenti agli aggressori, ma garantendo una convivenza tra i Paesi basata sul diritto e sul rispetto".

Sul palco con le autorità è salito anche Ferruccio Laffi, novanticinquenne sopravvissuto alla strage, che prima della cerimonia ha salutato il presidente della Camera, Roberto Fico, sottolineando l'importanza di non dimenticare e di tenere viva la memoria. Le parole dal palco sono state interrotte solo dagli applausi dei presenti e dalle note della banda. Fico ha voluto sottolineare l'importanza "di non dare nulla per scontato" e di celebrare la Resistenza: "Oggi per me è importantissimo essere qui, ricordare e festeggiare il giorno della Liberazione, perché caratterizza noi italiani, come popolo, è una festa che deve unire sempre tutti perché la nostra Costituzione e la nostra Repubblica nasce dalla resistenza dalla lotta al fascismo e al nazismo. E se noi oggi possiamo vivere e lavorare serenamente nel nostro Paese lo dobbiamo ai tanti che sono morti".

Il suo intervento è stato seguito da quello di Valentina Cuppi, sindaca di Marzabotto e presidente del Partito democratico, che ha ricordato l'impegno contro la guerra di Gino Strada e di David Sassoli.

Il pubblico ha ascoltato commosso anche il discorso di Paolo Berizzi, giornalista di Repubblica che dal 2017 vive sotto scorta a causa di minacce da parte di gruppi neofascisti, e di Paolo Nori, scrittore di Parma, il cui corso su Dostoevskij era stato annullato dall'università Bicocca di Milano pochi giorni dopo l'inizio dell'invasione russa in Ucraina. Nori ha concluso il suo intervento recitando una poesia di Nino Pedretti, di Santarcangelo di Romagna, in provincia di Rimini. "Non è per via della gloria, che siamo andati in montagna, a far la guerra. Di guerra eravam stanchi, di patria anche. Avevamo bisogno di dire: lasciateci le mani libere, i piedi, gli occhi, le orecchie; lasciateci dormire nel fienile, con una ragazza. Per questo abbiam sparato, ci siamo fatti impiccare, siamo andati al macello col cuore che piangeva, con le labbra tremanti. Ma anche così sapevamo che di fronte a un boia di fascista noi eravam persone, e loro marionette". 

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