Sciopero sanità privata oggi, giovedì 22 maggio, a rischio visite ed esami: cosa succede

Oggi, mercoledì 22 maggio, la sanità privata e il settore sociosanitario accreditato si fermeranno. L'intero comparto sarà infatti coinvolto in uno sciopero nazionale indetto dalle sigle Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, con l'adesione di decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici in tutta Italia: dalle cliniche convenzionate ai centri di riabilitazione, dalle RSA alle case di cura, l’astensione dal lavoro durerà ventiquattro ore. A rischio, dunque, ci sono le visite ambulatoriali, gli esami non urgenti, i ricoveri programmati, l'attività ordinaria nei reparti e nei laboratori diagnostici. Il presidio centrale si terrà a Roma, davanti al Ministero della Salute, ma in molte regioni sono previste iniziative e cortei locali.
La protesta nasce da una vertenza che si trascina da anni e che, per molti operatori, ha ormai superato il limite della sopportazione: in gioco, però, non ci sono solo i rinnovi contrattuali bloccati e fermi da sei, dieci, in certi casi anche tredici anni, ma la dignità stessa del lavoro svolto da infermieri, OSS, fisioterapisti, specializzandi, tecnici e amministrativi all'interno di strutture che, pur essendo formalmente private, operano in convenzione col sistema sanitario pubblico.
Sanità privata in sciopero il 22 maggio, le motivazioni della protesta
Nel mirino dei sindacati ci sarebbero soprattutto Aiop (Associazione Italiana Ospedalità Privata) e Aris (Associazione Religiosa Istituti Socio-Sanitari), cioè le principali organizzazioni datoriali; ai due soggetti si imputa il continuo rinvio delle trattative per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali. Quello relativo alla sanità privata è scaduto da oltre sei anni, mentre il contratto per le RSA, il più dimenticato, attende da più di dodici anni una riscrittura. I sindacati accusano le controparti di voler subordinare l'avvio delle trattative alla "copertura integrale dei costi da parte dello Stato e delle Regioni", un comportamento che viene definito "un ricatto inaccettabile". Nella nota unitaria firmata da Barbara Francavilla, Roberto Chierchia e Ciro Chieti, si legge:"Chiediamo regole chiare e vincolanti per l’accreditamento: chi riceve fondi pubblici deve garantire salari dignitosi, il rispetto dei diritti e dotazioni organiche adeguate, esattamente come avviene nella sanità pubblica. Tutte le Regioni facciano la loro parte e inseriscano questi criteri come obbligo per mantenere gli accreditamenti e la Conferenza delle Regioni intervenga in modo deciso per imporre il vincolo, congiuntamente al ministero della Salute per fermare la corsa al ribasso dei costi che le aziende esercitano sulla pelle viva delle lavoratrici e dei lavoratori".
Le mobilitazioni sui territori
Mentre a Roma i sindacati saranno davanti al Ministero, in Toscana il presidio sarà allestito davanti alla sede della Regione in Piazza del Duomo, a Firenze. Qui circa 10mila operatori lavorano ogni giorno nelle strutture accreditate affiancando il servizio sanitario regionale, spesso senza adeguate tutele: "Solo un chiaro atto istituzionale può imprimere una svolta al confronto e garantire tutele certe per tutti gli operatori", afferma la CISL sul proprio sito regionale. Anche in Basilicata si scenderà in piazza. A Potenza, il presidio è previsto dalle 9:30 alle 12:00 davanti alla sede della Regione: "Le trattative per il contratto unico per i lavoratori che operano nelle RSA si dovevano inderogabilmente avviare a far data dal 1 gennaio 2024 e ad oggi sono praticamente ferme", denunciano i sindacati regionali. Il rischio è la fuga dal comparto privato verso quello pubblico, dove a parità di mansioni corrispondono salari più alti e tutele maggiori. "Dopo lo sciopero la mobilitazione continuerà con assemblee nei luoghi di lavoro, presidi e richieste agli Ispettorati Territoriali del Lavoro affinché si verifichi che le strutture accreditate rispettino i contratti collettivi, le condizioni di lavoro e i requisiti professionali del personale", concludono i promotori lucani.
In Emilia-Romagna, la protesta sarà accompagnata da iniziative sindacali diffuse: "Un silenzio assordante e una posizione inaccettabile, che lascia circa 10 mila professionisti del settore in Emilia-Romagna senza contratto da 6 e 13 anni", denunciano Marco Bonaccini, Sonia Uccellatori e Paolo Palmarini. Anche qui la richiesta è netta: subordinare gli accreditamenti al rispetto dei contratti collettivi.
Il paradosso della sanità "pubblica" gestita da privati
Al cuore della vertenza c'è dunque una contraddizione profonda: il sistema sanitario nazionale si regge sempre più sull'apporto delle strutture private accreditate, ma i lavoratori impiegati in queste realtà restano esclusi dalle garanzie riservate ai dipendenti pubblici. È una dinamica che, secondo i sindacati, alimenta dumping contrattuale, turnover e precarizzazione: "Non permetteremo che il diritto al contratto resti ostaggio di logiche economiche che scaricano il rischio d’impresa sui lavoratori e sulla collettività", hanno ribadito le organizzazioni promotrici. Per questo motivo, oltre ai rinnovi contrattuali, si chiede un intervento politico chiaro: vincolare gli accreditamenti e i finanziamenti pubblici all'applicazione dei CCNL sottoscritti dalle sigle rappresentative, e istituire controlli sul rispetto delle norme nei luoghi di lavoro.