Saviano sul caso Paragon: “Il governo tutela chi spia, non le vittime dello spionaggio”

"‘Siamo tutti intercettati, siamo tutti spiati'. Quante volte l'avete sentita dire questa frase? Come a voler dire che in fondo è un destino che tocca a tutti, soprattutto ora che abbiamo uno smartphone in tasca, e che l'unica cosa che può farci stare tranquilli è la nostra coscienza. Male non fare, paura non avere. Questa è la dannazione. Ma è davvero così?". Questa è la domanda da cui Roberto Saviano parte per parlare del caso Paragon, e di quali sono davvero le responsabilità politiche nella vicenda.
"Quando succede che due giornalisti, Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino di Fanpage, si ritrovano uno spyware mercenario, un'arma di offesa militare dentro il loro telefono, in fondo pensiamo ‘Beh, ma è un problema loro'. E invece no. Non è un problema loro, è un problema nostro". Lo spyware in questione è Graphite, prodotto da Paragon Solutions. E funziona così: "Ti arriva un Pdf su WhatsApp, o su qualsiasi altra app di messaggistica, e non c'è bisogno che tu clicchi nulla, non devi fare nessuna azione, nemmeno te ne accorgi. E questo piccolo virus, questa riga di codice, ti prende tutto, conversazioni, foto, documenti, password, tutto come un ladro che ti entra in casa e lo consegna nelle mani di chi? Questo non lo sappiamo".
I dati che vengono rubati "corrono da un server all'altro, in giro per il mondo per far perdere le loro tracce. braccia, prima di arrivare però a destinazione". È il "dark web, la ‘rete oscura'. Un luogo senza leggi, enorme, sterminato in cui prospera il crimine organizzato, il narcotraffico, il terrorismo e anche le mille chiavi per entrare nelle nostre vite".
In questo caso, però, la destinazione la conosciamo, afferma Saviano. Il motivo è che "Graphite viene venduto solo ed esclusivamente ai governi". In particolare a "35 cinque governi democratici, amici di Israele e degli Stati Uniti d'America". Tra cui anche quello italiano, che aveva due contratti, "ora stracciati dopo che si è scoperto che due giornalisti sono stati spiati".
La scoperta dello spionaggio è arrivata da Meta, l'azienda che possiede WhatsApp. I tecnici di Meta hanno avvisato le vittime "non perché sono buoni", ma "perché se si scopre che WhatsApp viene usata per spiare gente che non potrebbe essere spiata, perde ogni credibilità". Quindi, "non c'è possibilità di errore in questi casi. Se ti arriva un messaggio da Meta o da Apple, come è arrivato a Cancellato e Pellegrino, in cui si dice che sei stato spiato, sei stato spiato".
C'è un problema sollevato dal Copasir, il comitato parlamentare che gestisce i rapporti con i servizi segreti e ha indagato sul caso. "Dice che manca una traccia nel telefono" di Francesco Cancellato. "Probabilmente dipende dal modello del telefono. Ce ne sono alcuni che tengono in memoria questi accessi, altri che li tralasciano". Ma se questo elemento "prima o poi saltasse fuori?", ad esempio nel telefono di Pellegrino. "A quel punto il Copasir dovrebbe tornare indietro su quanto detto".
Secondo Saviano peraltro non bisogna "considerare quel rapporto" del Copasir "come verità assoluta su questo caso". Il documento "non dice chi ha spiato Fanpage, che peraltro nemmeno è stata ascoltata. Ascoltano tutti, ma non le vittime. Strano, no? Semplicemente il rapporto assolve i servizi segreti italiani e il loro referente politico, Alfredo Mantovano, dall'aver fatto quest'opera di spionaggio. E allora chi è stato?".
Oltre al ‘chi', manca anche il ‘perché'. La motivazione alla base dello spionaggio. "Chi ha in mano le vostre conversazioni, sa a chi tenete, sa chi colpire per farvi male, conosce le persone di cui vi fidate, quindi può azionare macchine del fango, sa come farvi male e per ottenere terra bruciata intorno a noi. Non c'è bisogno di nessun reato, basta accedere alla vita privata di chiunque per manipolarla".
E per questo lo spyware è "come l'anello del Signore degli anelli, una tentazione troppo forte per chi sta al potere, perché ti dà gli strumenti per controllare i tuoi oppositori, i giornalisti che rompono le palle, uno strumento per infiltrare il dissenso", insiste Saviano. "Io non ho le prove che sia stato questo governo, il governo Meloni, a spiare Cancellato e Pellegrini. Ma vedo quanta poca trasparenza, quanto imbarazzo c'è nel dire forte e chiaro che queste cose non devono succedere mai. Nel dire ‘Ok, cambiamo le leggi perché abbiamo capito che una cosa cosa del genere può succedere a chiunque, e dobbiamo fare in modo che non accada mai più'".
Al contrario, "si isolano le vittime, a cui non va nemmeno il beneficio di un incontro o di un messaggio di solidarietà. Si zittiscono, impedendo loro di parlare al Copasir come al Parlamento europeo. Si minacciano, dicendo ‘se provate a dire che è stato il governo, vi quereliamo'. E poi si ridicolizzano e si trasformano in mitomani che si sono spiati da soli. Perché? Perché bisogna tutelare la possibilità di spiare, e non tutelare le vittime dello spionaggio".
Per Saviano lo ha di fatto ammesso il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, parlando a Otto e mezzo: "Cito quasi esattamente le sue parole. Se il governo avesse voluto spiare davvero dei giornalisti, si sarebbe almeno assicurato che il software fosse così avanzato da non venire scoperto facilmente da Meta. In altre parole, il loro problema adesso è che questi software si fanno beccare, che c'è ancora qualcuno che controlla e che non siamo ancora arrivati a sistemi di spionaggio abbastanza raffinati da non essere scoperti". Il ministro non ha affatto garantito "che questo non accadrà mai più. Nessuna parola in tal senso. Hanno paura perché quel potere, che l'abbiano usato o meno in questa occasione, sfugge ancora al loro completo controllo. Quando sarà pienamente sotto il loro controllo questo mezzo per spiare, allora davvero saremo tutti spiati e allora sì, smetteremo davvero di essere liberi".