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Salario minimo, governo trova sponda del Cnel, ok a documento finale: “Puntare su contrattazione collettiva”

Il Cnel ha approvato il documento finale sul lavoro povero e il salario minimo, che boccia la proposta di legge delle opposizioni. Brunetta: “Avere una contrattazione forte è l’unica garanzia per un mercato del lavoro efficiente, equo”.
A cura di Annalisa Cangemi
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L'assemblea del Cnel ha approvato il documento finale sul lavoro povero e sul salario minimo. Il via libera è arrivato a maggioranza. Lo scorso 4 ottobre l'assemblea si era già espressa positivamente su un primo documento tecnico sul lavoro povero e il salario minimo – precedentemente approvato dalla Commissione dell'Informazione – confluito poi nel testo finale approvato oggi, in cui sostanzialmente veniva bocciata la proposta di legge delle opposizioni sul salario minimo a 9 euro l'ora e si chiedeva invece di puntare sul rafforzamento della contrattazione collettiva.

Il testo finale del Cnel sul è stato approvato dall'assemblea con 39 voti favorevoli e 15 contrari, mentre 8 consiglieri non hanno partecipato al voto. Gli aventi diritto erano 62: hanno votato contro Cgil, Uil e Usb. In pratica secondo il Cnel l'introduzione di un salario minimo legale non servirebbe a risolvere il problema del lavoro povero in Italia.

"Il giorno 11 agosto Meloni ha chiesto al Cnel se eravamo in grado in 60 giorni di redigere un testo di osservazioni, mirante a dare delle proposte al Parlamento e al governo sul tema del lavoro povero e sul salario minimo. In 60 giorni questa casa, la casa dei corpi intermedi, ha prodotto un testo, ha sottolineato Renato Brunetta, che presiede il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. "Abbiamo fatto una scelta, quella di partire dalla direttiva europea e di star fuori dallo scontro politico", ha aggiunto. "Avere una contrattazione forte è l'unica garanzia per avere un mercato di lavoro equo con salari adeguati. Noi non saremmo tenuti a far nulla, in quanto abbiamo un tasso di copertura di contrattazione collettiva vicina al 100%. Ma la contrattazione deve essere valorizzata e qualificata, soprattutto nei settori più deboli e fragili. Ringrazio la presidente Meloni di aver dato al Cnel questo mandato. Oggi pomeriggio manderò il testo alla Presidenza del Consiglio".

"Sono certo che, una volta affievolita la contesa politica, che vede una estrema e ingiustificata polarizzazione tra chi è a favore e è chi contro il salario minimo, sarà possibile apprezzare il documento approvato oggi a larga maggioranza dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, che individua una ‘cassetta degli attrezzi' per gestire, in modo articolato e mirato le diverse criticità del lavoro povero e dei salari minimi adeguati per tutti i lavoratori (non solo i dipendenti e non solo i livelli più bassi delle scale di classificazione contrattuale) che non possono certo essere risolti attraverso soluzioni semplicistiche che non sanno poi fare i conti con la realtà e con i bisogni delle persone in carne e ossa", ha aggiunto il presidente del Cnel.

"È la mia storia personale a confermare che ho sempre seguito una sola strada che è quella di stare ‘dalla parte dei lavoratori' e sono convinto che questo documento confermi la coerenza di una storia che assegna al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro un compito istituzionale che non intende entrare nelle dinamiche della contesa politica", ha detto.

Il documento finale, di 41 pagine, contiene dieci osservazioni e dieci proposte. "Il tema del salario minimo va inquadrato dentro i vincoli e gli obiettivi della direttiva europea del 2022 che governa la materia. La direttiva non impone l'obbligo di introdurre un salario minimo legale. La scelta compete dunque al legislatore nazionale. La direttiva esprime comunque una chiara preferenza per la contrattazione collettiva e quindi per i minimi salariali contrattuali  condizione che abbia un tasso di estensione significativo (almeno l'80 per cento)", si legge al primo punto delle osservazioni.

"L'Italia ha un tasso di estensione della contrattazione collettiva vicino al 100 per cento – si legge ancora al punto 2 – La quasi totalità del lavoratori dipendenti è coperta da contratti collettivi sottoscritti da CGIL-CISL-UIL. Le tariffe minime complessive dei contratti collettivi sottoscritti da CGIL-CISL-UIL superano i parametri della direttiva europea (ad oggi calcolate da ISTAT tra i 6.85 e i 7.10 euro in attesa dei nuovi dati relativi al 2021 che saranno resi noti a dicembre) e anche le soglie retributive orarie previste dalla proposta di legge in discussione in Parlamento".

E ancora: "Il fenomeno della contrattazione "pirata" è marginale ma preoccupante quale elemento di perturbazione delle dinamiche intersindacali e di confususione nel dibattito pubblico".

"Viene sottolineato che un salario minimo già esiste ed è quello dei contratti collettivi che, diversamente da una legge sul salario minimo, tutela tutti i lavoratori di tutti i livelli e non solo i profili professionali più bassi. Fondamentale resta in ogni caso porre l'attenzione al concetto di salario giusto (più che minimo) e cioè una retribuzione non solo "proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro", ma "in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa" (art. 36 Cost).

Quali sono le proposte del Cnel

Tra le principali proposte del documento finale si suggerisce di valutare "l'idea di individuare nel Cnel la possibile sede del National Productivity Board per l'Italia, la cui istituzione è raccomandata per i paesi dell'area euro dal Consiglio dell'Unione Europea e di cui l'Italia è ancora sprovvista, così da valorizzare pienamente il contributo dei corpi intermedi nel controllo delle dinamiche retributive legandole alle dinamiche della produttività".

Il Cnel inoltre consiglia di introdurre per i lavoratori più fragili, come i lavoratori occasionali e gli stagisti, "una tariffa tramite contrattazione, eventualmente sostenuta da una adeguata normativa di sostegno, parametrata sugli indicatori della direttiva europea o comunque interventi legislativi ad hoc funzionali a incrementare il numero di ore lavorate nell'arco dell'anno".

In particolare, per quanto riguarda gli stagisti, si propone di ripristinare "il contratto di inserimento" e valorizzare "l'apprendistato soprattutto nella dimensione di raccordo tra sistema educativo e formativo e mercato del lavoro".

Per quanto riguarda invece il part time involontario di giovani e donne, "si potrebbero innestare misure legislative per razionalizzare gli interventi a sostegno della occupazione femminile e della conciliazione vita lavoro".

Secondo il testo appena approvato l'introduzione di un salario minimo legale per il lavoro domestico e di cura potrebbe portare a un aumento del lavoro in nero. La soluzione del problema sarebbe "un piano nazionale di sostegno alla famiglia, all'invecchiamento attivo e alla non autosufficienza, con interventi e incentivi pubblici di razionalizzazione delle misure esistenti e di piena implementazione della legge 23 marzo 2023 n.33".

Viene indicata inoltre l'azione di "rafforzamento delle attività ispettive e di vigilanza secondo quanto previsto nell'ambito del Piano nazionale di emersione del lavoro sommerso 2022/2025 previsto dal PNRR, che è prioritariamente rivolto ai settori del lavoro domestico e agricolo. Si raccomanda in ogni caso un ulteriore potenziamento dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro in risorse umane e finanziarie e in nuove professionalità".

E ancora, per arginare il fenomeno dei contratti pirata e della proliferazione del numero dei contratti collettivi "si suggerisce un intervento legislativo a sostegno della contrattazione collettiva di qualità incentrato sulla individuazione dei contratti collettivi maggiormente diffusi per ogni settore di riferimento, condizionando la registrazione nell'archivio nazionale dei contratti e l'assegnazione di un codice alfanumerico unico dei CCNL al rispetto dello standard di trattamento economico e normativo di detti contratti".

A punto 8 delle proposte si aggiunge che "Per agevolare l'intervento dei servizi ispettivi e della magistratura a tutela dei lavoratori si suggerisce un intervento normativo volto a chiarire che, nella determinazione del trattamento retributivo di cui all'articolo 36 della Costituzione, il giudice debba fare riferimento non solo al minimo tabellare ma al trattamento economico complessivo ordinario e normale (più elevato) spettante al lavoratore in applicazione dei contratti collettivi di maggiore diffusione".

Si raccomanda inoltre di fare attenzione ai ritardi dei rinnovi contrattuali. Infine, al punto legge, si richiama la direttiva europea, specificando che "i lavoratori dovrebbero avere facile accesso a informazioni complete sulla tutela garantita dal salario minimo prevista dai contratti collettivi universalmente applicabili per garantire la trasparenza e la prevedibilità per quanto riguarda le loro condizioni di lavoro".

In quest'ottica il Cnel "si candida come sede idonea a garantire una piena implementazione della direttiva, là dove dispone che gli Stati membri provvedono affinché le informazioni relative ai salari minimi legali e alla tutela garantita dal salario minimo prevista da contratti collettivi universalmente applicabili , comprese le informazioni sui meccanismi di ricorso, siano accessibili al pubblico in modo completo".

Le reazioni

"Il Cnel approva il suo documento con un voto diviso e divisivo. Non sono stati neppure accettati gli emendamenti dei cinque consiglieri esperti che sottolineavano una verità storicamente incontrovertibile, in linea con la proposta della direttiva Ue, e cioè la piena compatibilità tra salario minimo e contrattazione, e proponevano, come ipotesi di mediazione, l'introduzione sperimentale di un salario minimo, limitata nel tempo e nel campo di applicazione. Purtroppo avevamo ragione noi, ad agosto, quando non avevamo condiviso l'iniziativa del Presidente Meloni di affidare al Cnel il compito di formulare proposte sul tema, in supplenza di maggioranza e governo ancora silenti da troppi mesi. La prossima settimana la palla torna in Parlamento, ed è lì che maggioranza e governo devono assumersi la responsabilità di negare il salario minimo, di 9 euro lorde all'ora, a 3 milioni e mezzo di lavoratori, poveri perché sfruttati. Senza ulteriori colpevoli rimpalli e rimandi", h dichiarato in una nota Maria Cecilia Guerra responsabile lavoro del Partito Democratico.

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