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Rivalutazione pensioni 2026, le novità sugli aumenti in arrivo: cosa cambia e chi ci guadagnerà

Nel 2026 le pensioni saranno rivalutate per adeguarsi all’inflazione. L’incremento, stimato all’1,7%, porterà aumenti più consistenti sugli assegni bassi e progressivamente ridotti su quelli più alti; restano però alcune incognite sui tagli, sul giudizio della Consulta e sulle novità che il governo potrebbe introdurre con la prossima Manovra.
A cura di Francesca Moriero
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Ogni inizio d'anno, per milioni di pensionati, arriva una domanda cruciale: di quanto aumenteranno gli assegni? La risposta dipende dal meccanismo della rivalutazione, che adegua le pensioni all'andamento dell'inflazione per preservarne il potere d'acquisto. Nel 2026 l'incremento stimato è dell'1,7%; una percentuale che, tradotta in cifre, potrebbe valere circa 5 miliardi di euro per le casse dello Stato. Ma le regole non sono uguali per tutti: chi percepisce pensioni più basse vedrà infatti crescere maggiormente il proprio assegno in proporzione, mentre per gli importi più alti l'aumento sarà ridotto. E intanto, sullo sfondo, si aprono due fronti caldi: la Corte costituzionale chiamata a esprimersi sulla legittimità del sistema e le ipotesi di riforma al vaglio del governo.

Come funziona la rivalutazione delle pensioni

Il principio è semplice: se i prezzi salgono, le pensioni devono essere adeguate per non perdere valore. Da alcuni anni, però, la rivalutazione non si applica in maniera uniforme ma segue una logica "a blocchi", cosa vuol dire? Significa che:

  • Le pensioni fino a quattro volte il minimo (circa 2.466 euro lordi al mese) ottengono il 100% dell'aumento legato all'inflazione;
  • Quelle tra quattro e cinque volte il minimo ricevono il 90%;
  • Gli assegni superiori a questa soglia scendono al 75%.

Questa differenziazione permette sostanzialmente di contenere i costi per lo Stato, privilegiando i trattamenti più bassi.

Rivalutazione pensioni 2026, la tabella dei possibili aumenti

Prendiamo come riferimento il trattamento minimo del 2025, fissato a 603,40 euro mensili (7.844,20 euro annui), già incrementato da una maggiorazione straordinaria che lo porta a 616,67 euro:

  • Con la rivalutazione stimata all'1,7%, nel 2026 chi percepisce 800 euro lordi al mese riceverà circa 13 euro in più;
  • Con una pensione di 1.400 euro l'aumento sarà di circa 23 euro;
  • Con duemila euro si salirà di 34 euro;
  • Chi è a ridosso dei 2.466 euro guadagnerà oltre 40 euro lordi mensili.

Diverso il discorso per le pensioni medio-alte:

  • Chi riceve tremila euro al mese vedrà l'assegno crescere di circa 46 euro;
  • Con una pensione da cinquemila euro l'incremento scenderà a circa 63 euro.

I dubbi di legittimità

Non tutto, però, è già scritto. Il tribunale di Trento ha infatti sollevato alcuni dubbi sul sistema della perequazione "a blocchi", rimandando la questione alla Corte costituzionale. Il punto critico è che, con l'attuale meccanismo, l'aliquota ridotta si applica all'intero importo della pensione e non a scaglioni, penalizzando in modo uniforme anche chi supera di poco le soglie; se la Consulta dovesse ritenere il modello illegittimo, il governo sarebbe chiamato a ridisegnare l'intero sistema.

Le novità allo studio del governo

Accanto alla rivalutazione, nel dibattito pensionistico entrano anche altri temi: la Lega spinge per utilizzare il Tfr come strumento per anticipare l'uscita dal lavoro a 64 anni, trasformandolo in una rendita integrativa. L'esecutivo guarda inoltre alla previdenza complementare, da rafforzare come "secondo pilastro" accanto al sistema pubblico. Ma soprattutto ci sarebbe un obiettivo politico dichiarato: bloccare l'aumento di tre mesi dell'età pensionabile previsto nel 2027 dalla legge Fornero, legato all'aspettativa di vita: un punto su cui Fratelli d'Italia e Lega si mostrano estremamente compatti.

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