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Referendum: Scopriamo cosa cambia dopo i quattro sì degli italiani

Cade lo «scudo» processuale del premier, finiscono in cantina i piani per le quattro centrali nucleari, l’acqua torna nelle mani dei Comuni. Tra incognite e certezze, ecco cosa succederà, quesito per quesito, nelle varie materie sottoposte al giudizio degli elettori.
A cura di Biagio Chiariello
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Gli italiani ieri e domenica hanno detto quattro volte "sì". Il quorum è stato raggiunto e superato largamente (57%) e dalle 61.599 sezioni italiane è emersa una nazione compatta su temi importantissimi per il futuro del Paese. Ma la domanda che molti si pongono è: "Cosa cambia adesso?". Lasciando da parte le incognite su ciò che ne sarà del governo, proviamo a spiegare nel dettaglio ciò che hanno abrogato gli italiani quesito per quesito.

ACQUA/1 -Il quesito riguardava le "modalità di affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali [acqua, rifiuti, trasporto locale su gomma]di rilevanza economica". Il cosiddetto «decreto Ronchi» puntava alla privatizzazione  di almeno il 40% delle società di gestione dei servizi idrici, ma il 95,8 degli aventi diritto ha abolito tale norma. La vittoria del «sì» fa in modo che restano attivi gli affidamenti del servizio a società pubbliche, secondo la loro scadenza naturale. Toccherà ora ai Comuni, proprietari delle aziende in quasi tutte le città, stabilire il proprio futuro. Saranno infatti le amministrazioni locali a dover dire se faranno gare o affidamenti diretti.

ACQUA/2 -Il secondo referendum sull’acqua titolava: "Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito". Con la vittoria del sì viene abolita dunque la possibilità del gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa: quel tanto discusso 7% sulla bolletta degli italiani. Adesso la tariffa dovrà tenere conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere. In altre parole si impedisce di fare profitti sull’acqua. Ma c'è un "però". Con l'uscita di scena dei privati, resta aperto il problema del fabbisogno di investimenti stimato nel rapporto Blue Book pari a 64,12 miliardi di euro in 30 anni (2 miliardi l’anno) per risolvere i problemi che attanagliano tutt'oggi il paese (10 milioni di italiani dispongono di acqua solo a intermittenza, il 20% non ha fognature, il 30% non è allacciato a impianti di depurazione). In altre parole: quale soggetto imprenditoriale vorrà impegnarsi in un affare economico dal quale non potrà avere un ritorno certo e significativo?

NUCLEARE – Il 94,8% degli italiani aventi diritti ha detto sì all' "Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare". Nel testo completo si legge: "Volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del decreto legislativo 31/3/2011 numero 34, convertito con modificazioni dalla legge 26/5/2011 numero 75?", si tratta di norme recenti, degli ultimi tre mesi precisamente. Il quesito su cui si è espressa l'Italia è infatti diverso da quello originario, reso inattuale dall'abrogazione delle norme sul rientro nella produzione di energia dall'atomo intervenuta con il decreto Omnibus. Il quesito è stato poi rinnovato dalla Corte di Cassazione, e ammesso dalla Corte Costituzionale a pochissime ore dal voto, appunto sui comma 1 e 8 dell'articolo 5 dello stesso decreto. Dunque stop ai progetti per 4 nuove centrali e per 40 miliardi di investimento, che vuol dire abbandono definitivo al programma sul nucleare nel nostro Paese. I motivi principali che hanno indotto italiani ad opporsi alle centrali nucleari, per la seconda volta in vent'anni, indubbiamente i costi elevati e soprattutto le scarse garanzie di sicurezza della tecnologia in relazione al funzionamento degli stessi impianti, anche in considerazione della peculiare sismicità del territorio italiano. Con l'esito del referendum il futuro energetico del paese – come è stato costretto a riconoscere il premier Berlusconi – da adesso in poi è legato a doppio filo (elettrico) con le fonti rinnovabili: solare termico, solare fotovoltaico, idroelettrico, eolico, biomassa, geotermico. Non è un caso se la vittoria dei sì, ha fatto mandato in orbita i titoli delle energie rinnovabili a Piazza Affari: Kerself (+14,8%), specializzata anche nel solare, Kr Energy (+13,9%), Pramac (+12,4%), Beghelli (+10,2%) e TerniEnergia (+3%).

LEGITTIMO IMPEDIMENTO – Il più politico dei quesiti è stato anche quello meno discusso da stampa e tv, oltre che negli stessi dibattiti parlamentari. Con l' "Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale", gli italiani hanno sancito che la legge è uguale è per tutti. Il premier non potrà più opporre motivazioni istituzionali per non presentarsi davanti ai giudici. A ben vedere per l'esito di questo quesito sono pochi gli effetti pratici a seguito della sentenza della Corte Costituzionale del 13 gennaio 2011, che aveva già stabilit oche spetta ai  magistrati valutare, caso per caso, se sussistano realmente "impedimenti" da parte di premier e ministri, silurando di fatto la certificazione di Palazzo Chigi sull’impedimento e l’obbligo per il giudice di rinviare l’udienza fino a sei mesi. In realtà ora bisognerà capire se la maggioranza darà una sterzata alla norma sulla «prescrizione breve», già passata alla Camera e in attesa del voto del Senato.

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