Referendum Giustizia, il costituzionalista Grosso per il No: “Governo vuole mettere in riga i magistrati”

L'anno prossimo, gli italiani saranno chiamati a votare a un referendum costituzionale che boccerà o promuoverà la riforma della giustizia varata dal governo Meloni. Tre i punti principali: separazione delle carriere di giudici e pm, sdoppiamento del Csm e nascita di una nuova Alta corte disciplinare. Fanpage.it ha intervistato Enrico Grosso, costituzionalista che presiede il Comitato nazionale a difesa della Costituzione. Si tratta del comitato per il No creato dall'Anm (l'Associazione nazionale magistrati, contraria alla riforma) per avere una rappresentanza ‘laica' nel dibattito ed evitare che le toghe dovessero esporsi in prima linea.
Grosso ha detto a Fanpage.it di aver firmato la nuova raccolta firme lanciata per presentare un quesito leggermente diverso sullo stesso tema – una raccolta finita al centro di polemiche perché, secondo i detrattori, servirebbe solo ad allungare i tempi e far slittare la data del voto. Il professore di diritto costituzionale all'Università di Torino, poi, ha spiegato le ragioni per cui è importante andare a votare e bloccare la riforma, che è una vera e propria "resa dei conti" nei confronti dei magistrati.
Negli scorsi giorni è nata una raccolta firme per il referendum sulla riforma della giustizia. L'hanno lanciata quindici cittadini, con un quesito leggermente diverso da quello che la Cassazione ha già ammesso il 18 novembre. Lei aderirà?
Come privato cittadino, e non a nome del comitato che presiedo, ho già firmato. Il comitato ha deciso di non raccogliere le firme, ma non significa che non guardiamo con assoluto favore a questa iniziativa.
Il dibattito su questa riforma è già stato compresso durante la fase parlamentare, e riteniamo che ora invece debba essere sviluppato il più possibile presso la cittadinanza. Questa iniziativa contribuisce a illustrare ulteriormente le ragioni del referendum, a costruire un dibattito pubblico e soprattutto a garantire ai cittadini i tempi e gli spazi di una corretta informazione.
Secondo i promotori, la raccolta firme obbligherà a far slittare il referendum: c'è tempo fino al 30 gennaio per raccoglierle, quindi prima di allora il governo non potrebbe stabilire una data. È d'accordo con questa interpretazione?
Parlo da costituzionalista, so che c'è un dibattito in corso anche tra i miei colleghi: visto che il quesito proposto è leggermente diverso da quello che era già stato dichiarato legittimo dalla Cassazione, i proponenti hanno non soltanto il diritto di avere tempo per raccogliere le firme – e questo mi sembra evidente – ma soprattutto il diritto che la Cassazione si pronunci sul loro quesito, se il numero necessario di firme sarà raggiunto.
La Corte, in quel caso, stabilirà se gli italiani si dovranno esprimere sul quesito originale o su quello nuovo. Il governo deve lasciare alla Cassazione il tempo di farlo. Francamente non capisco perché si voglia a tutti i costi accelerare l'indizione del referendum.
Molti italiani non sanno ancora che ci sarà un referendum, o non sono interessati a votare. Cosa direbbe agli elettori per convincerli che andare alle urne sarà importante?
Questo referendum apparentemente è tecnico, ma in realtà riguarda il modo in cui i cittadini possono pretendere giustizia. Se questa riforma fosse approvata, i giudici sarebbero molto meno indipendenti di oggi. Non avrebbero più quell'organo che è oggi il Csm, che ne protegge quotidianamente l'indipendenza.
Questa riforma è una resa dei conti del governo nei confronti della magistratura, e lo scopo è quello di mettere in riga i magistrati. I magistrati messi in riga sono magistrati timorosi, meno liberi. Un Csm fatto di toghe sorteggiate, mentre i membri di nomina politica vengono scelti dai politici, avrebbe effetti diretti sui cittadini: sarebbe molto più difficile per i deboli avere giustizia, e molto più facile che i poteri forti condizionino le scelte giudiziarie.
Lei presiede il "Comitato a difesa della Costituzione". Da cosa va difesa?
La nostra Costituzione, come tutte le costituzioni moderne, è nata per limitare il potere politico. Chi ha potere, per sua natura, tende ad abusarne. Porre dei limiti giuridici al potere è necessario per lo Stato di diritto.
I giudici sono chiamati, in maniera indipendente, ad applicare il diritto per limitare il potere. Se i giudici sono meno indipendenti, non sono in grado di svolgere questa funzione altrettanto bene.
Ha parlato dei giudici finora, ma molto dibattito si è concentrato sui pubblici ministeri. C'è il rischio che i pm finiscano ‘sotto il controllo' del governo?
La riforma non dice nulla di questo. Ma, quando il corpo dei pm viene completamente staccato dalla giurisdizione, è prevedibile che sviluppi un potere autonomo talmente abnorme ed eccessivo che, inevitabilmente, si dovrà fare un'altra riforma per sottoporre quel potere a qualcuno.
A chi?
All'esecutivo. Non vedo alternative. È avvenuto in tutti i Paesi in cui le carriere di pm e giudici sono state separate. Anche dove inizialmente non c'era una sottoposizione dell'accusa al potere esecutivo, alla fine, delle forme di subordinazione si sono introdotte. Proprio per evitare che quel gruppo di persone diventasse un potere incontrollato e incontrollabile.
Peraltro, a quel punto, l'alternativa sarebbe ancora peggio: ci sarebbe un pubblico ministero totalmente privo di freni. Dovrebbe far paura per primi a quegli avvocati che oggi sbandierano la la separazione delle carriere come se fosse il toccasana.
E anche al governo Meloni, che proprio del potere eccessivo dei pm si è lamentato in più occasioni. Ultimamente il referendum è stato messo in mezzo da esponenti dell'esecutivo mentre parlavano di diversi casi di cronaca, dalla famiglia nel bosco a Garlasco. Cosa pensa di questo approccio?
Sono discorsi totalmente strumentali, lo sanno benissimo anche loro. Questa riforma nulla cambierebbe rispetto a ciascuno di quei casi che vengono evocati.
Delegittimare sistematicamente ogni decisione giudiziaria è pericolosissimo. La giustizia è una delle grandi istituzioni dell'ordinamento costituzionale di questo Paese. Se si comincia a instillare questo veleno, se i cittadini cominciano a pensare che le decisioni giudiziarie sono tutte sbagliate e prese da incompetenti, si perde totalmente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Questa è l'anticamera per la distruzione dello Stato di diritto.
Finora chi sostiene il No al referendum ha usato due argomentazioni che possono sembrare opposte. Da una parte i rischi per la Costituzione, l'equilibrio dei poteri, lo strapotere del governo. Dall'altra, il fatto che la riforma sia sostanzialmente "inutile". In che senso?
Anche il ministro Nordio ha ripetuto più volte che questa riforma non ha nulla a che vedere con i problemi della giustizia. Non risolve la lentezza dei processi, la farraginosità delle procedure, il sotto-finanziamento del comparto giustizia, che oggi vive una crisi drammatica sia dal punto di vista dei giudici che degli apparati amministrativi.
Quindi, da una parte è una riforma che non si occupa di nulla di tutto ciò. Dall'altra, minaccia il modo con cui fino ad oggi si è pensato che dovesse essere la giustizia, cioè un giudice libero e indipendente che rende giustizia, soprattutto per i più deboli.