Referendum, Boccia (Pd): “Più votanti di quelli per Meloni alle politiche, non è una sconfitta”

"Quando si fa un referendum lo si fa per raggiungere il quorum, ma si sapeva che era difficilissimo, anche perché la presidente del Consiglio e il presidente del Senato avevano deciso di alimentare la sfiducia nella partecipazione", ha detto ai microfoni dei cronisti – tra cui quelli di Fanpage.it – Francesco Boccia, capogruppo del Pd al Senato. L'affluenza definitiva ai referendum è stata del 30,6%. Il quorum non è arrivato, ma per i dem c'era un altro obiettivo: "Noi speravamo che andassero a votare più delle 12 milioni e 300mila persone che hanno consentito a Giorgia Meloni di essere a Palazzo Chigi e così è stato. Tra l'altro su due temi identitari, lavoro e cittadinanza. Quindi per noi un ottimo risultato".
Boccia, insomma, guarda al lato positivo. "Ovviamente abbiamo lavorato per raggiungere il quorum", ma il Pd ora cerca di sottolineare che comunque sono andate alle urne più persone di quelle che, alle elezioni del 2022, votarono per il centrodestra. Anche considerando solo chi ha votato Sì (dunque ha abbracciato le posizioni del centrosinistra) sui quesiti, il numero dovrebbe essere simile a quello di elettori di Lega, FI e FdI tre anni fa. "Sappiamo che l'enorme massa di elettori che unitariamente hanno scelto di dare un segnale ci consente in qualsiasi momento di affrontare Giorgia Meloni a viso aperto in qualsiasi competizione elettorale", ha tirato le somme Boccia.
A risponderli è stato Maurizio Gasparri, suo collega senatore e capogruppo di Forza Italia. "Cioè adesso che hanno fatto 12 milioni e sono bravi", ha scherzato, facendo un paragone con la nazionale di calcio: "Noi abbiamo perso 3-0 con la Norvegia, ma abbiamo quasi fatto un gol alla fine e andiamo ai mondiali con i quasi gol? I pali ci sono nel calcio". E ha insistito: "Ora, io non dico ‘adesso andate via, ritiratevi', però manco gli devo dire ‘avete vinto'. Vabbè, Boccia, ti auguro mille di questi successi".
Il dem comunque ha continuato sulla sua linea: "Vanno a votare 13-14 milioni di persone e loro cosa dicono? Che hanno vinto? Fanno finta di nulla, fischiettano. Dà il senso tutto questo della loro incapacità di vedere in faccia i problemi reali".
Gasparri, peraltro, ha toccato uno dei temi su cui il centrodestra si è concentrato nelle ore dopo la chiusura dei seggi: la necessità di alzare il numero di firme necessario per indire un referendum. "Bisognerebbe che la facilità della raccolta delle firme", ora che si può effettuare online, "fosse abbinata a un aumento del numero, perché sennò si rischia un'inflazione di referendum che poi non avendo un sostegno popolare adeguato in partenza, fanno spendere botte di centinaia di milioni senza raggiungere il quorum. È proprio secondo me un consiglio che do a tutti noi per evitare iniziative che costino inutilmente e che possano frustrare".
La soglia prevista oggi è di 500mila firme. Alcune proposte prevederebbero di alzarla a un milione, o anche oltre. Alla domanda di Fanpage.it se limitare l'uso dei referendum (e quindi del voto degli elettori) per questioni economiche non potesse sollevare delle accuse, Gasparri ha replicato: "Avete detto ‘devono morire i partiti, tagliamo i seggi'… Secondo lei far diventare i parlamentari da mille a seicento da cosa è stato motivato? Da una questione di soldi, per mutilare la democrazia. Lì, allora i costi li dite, l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti… Invece facciamo il referendum perché lo vogliono Fratoianni e Boccia e spendiamo 400 milioni".