Referendum 8 e 9 giugno, per cosa si voterà e cosa significano i quesiti “abrogativi”

Nel fine settimana dell'8 e 9 giugno 2025 si terranno in Italia cinque referendum abrogativi, uno strumento previsto dall'articolo 75 della Costituzione che consente ai cittadini di cancellare — cioè abrogare — leggi o parti di legge già approvate dal Parlamento. Nei referendum abrogativi, votare "sì" significa voler eliminare la norma indicata nel quesito, mentre votare "no" significa, invece, volerla mantenere esattamente così com'è. Perché i risultati siano validi, è necessario raggiungere il quorum: deve recarsi alle urne almeno il 50% più uno degli elettori aventi diritto. In caso contrario, anche una netta vittoria del "sì" non produrrà effetti giuridici.
Dei cinque quesiti, quattro riguardano il lavoro, licenziamenti, contratti a termine, risarcimenti e sicurezza negli appalti, e sono stati promossi dalla Cgil con l'appoggio di decine di associazioni, raccogliendo oltre 4 milioni di firme. Il quinto, proposto da +Europa, interviene invece sul tema della cittadinanza italiana e ha superato le 637 mila sottoscrizioni. I promotori invitano a votare "sì" a tutti i quesiti.
Il primo quesito sul Jobs Act: il reintegro nei licenziamenti
Il primo quesito riguarda una delle modifiche più controverse introdotte con il Jobs Act del 2015: oggi, infatti, un lavoratore assunto in un'impresa con più di 15 dipendenti dopo il 7 marzo 2015, se licenziato illegittimamente, ha diritto soltanto a un indennizzo economico, e non al reintegro nel posto di lavoro. Il referendum punta dunque ad abrogare questa norma, ripristinando la possibilità di tornare in azienda nei casi in cui un giudice dichiari il licenziamento illegittimo.
Piccole imprese e indennizzi: togliere il tetto massimo
Il secondo quesito si concentra invece sulle tutele per i lavoratori delle imprese con meno di 16 dipendenti. Attualmente, infatti, in caso di licenziamento illegittimo, infatti, l'indennità riconosciuta dal giudice non può superare le sei mensilità. Se vincesse il sì, questa soglia verrebbe eliminata, dando ai giudici la possibilità di stabilire risarcimenti più alti, proporzionati al danno subito.
Contratti a termine: potrebbero tornare le causali
Con il terzo quesito si chiede di cancellare una parte del Jobs Act che permette alle aziende di stipulare contratti a tempo determinato fino a 12 mesi senza dover indicare una motivazione specifica: abrogando questa norma, si tornerebbe all'obbligo di giustificare l'utilizzo di un contratto a termine, ad esempio per picchi di lavoro o sostituzioni temporanee.
Sicurezza sul lavoro: più responsabilità negli appalti
Il quarto referendum riguarda invece la responsabilità in caso di infortuni sul lavoro nei casi di appalto e subappalto. Attualmente, solo l'azienda che esegue direttamente il lavoro risponde dell'infortunio. Il quesito propone di estendere invece la responsabilità anche all'impresa committente, cioè a chi ha affidato l'appalto, rafforzando così la tutela dei lavoratori coinvolti in catene di subappalto.
Il quinto quesito sulla cittadinanza italiana: da dieci a cinque anni
Il quinto quesito, promosso da +Europa, tocca un altro importante tema, molto spesso al centro del dibattito pubblico: la cittadinanza. Oggi, uno straniero maggiorenne deve risiedere legalmente in Italia per almeno dieci anni prima di poter fare domanda. Il referendum propone di dimezzare questo requisito, portandolo a cinque anni di residenza ininterrotta. Un cambiamento che potrebbe accelerare così l'integrazione di migliaia di persone.
Chi può votare e cosa serve perché il voto sia valido
Al voto potranno partecipare tutti i cittadini italiani maggiorenni, sia residenti in Italia sia all'estero. È prevista anche la possibilità di votare fuori sede per chi, come studenti o lavoratori, vive temporaneamente in un comune diverso da quello di residenza, a patto che vi sia domiciliato da almeno tre mesi. Perché i referendum siano validi, però, è necessario raggiungere il quorum: deve cioè recarsi alle urne almeno il 50% più uno degli aventi diritto. Se questo numero non sarà raggiunto, anche un'eventuale vittoria del sì non produrrà effetti.