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Quanto ci costerà l’accordo al ribasso sui dazi di Von der Leyen con Trump

Il nuovo accordo sui dazi tra Stati Uniti e Unione europea potrebbe costare alle imprese italiane fino a 7,5 miliardi di euro. Esentati farmaceutica e alta tecnologia, ma restano in bilico settori chiave come agroalimentare, meccanica e moda. Le imprese temono rincari e chiedono chiarezza.
A cura di Francesca Moriero
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Il nuovo patto commerciale tra Stati Uniti e Unione europea, annunciato domenica scorsa come un'intesa "storica", viene già bollato dagli osservatori come un accordo al ribasso. Un successo per Donald Trump, e una concessione da parte dell'Ue, che rischia però di presentare il conto a imprese e consumatori europei. In Italia, il timore è infatti parecchio concreto: secondo le stime del Centro studi di Unimpresa, l'impatto sulle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti potrebbe arrivare a 7,5 miliardi di euro, una cifra significativa anche se inferiore ai quasi 10 miliardi inizialmente ipotizzati. Una riduzione dovuta alle esenzioni totali o parziali previste per comparti strategici come il farmaceutico, la chimica specializzata e alcuni beni ad alta tecnologia. Ma il quadro complessivo resta critico: su un export complessivo verso gli Usa stimato tra 66 e 70 miliardi di euro nel 2024, la quota effettivamente esposta ai nuovi dazi si aggira tra 45 e 50 miliardi; il danno stimato per le aziende italiane oscilla quindi tra 6,7 e 7,5 miliardi.

È in questo contesto che crescono le preoccupazioni tra imprese e associazioni di categoria, da Confcommercio a Federacciai, passando per Confcooperative e Unionfood. Il nodo non sarebbe solo economico ma anche normativo: il nuovo dazio del 15% si aggiunge o sostituisce quelli già esistenti? Quali saranno le categorie effettivamente coinvolte? E quando entreranno in vigore le nuove misure? Domande che rendono difficile per le aziende programmare le forniture, i listini, la logistica.

Quali sono i settori più a rischio con i dazi al 15%

L'effetto del nuovo dazio del 15% sarà tutt'altro che uniforme; secondo Unimpresa, i settori con bassa elasticità di prezzo, dove cioè è più difficile scaricare i rincari sul consumatore finale, subiranno l'impatto maggiore; a resistere, almeno in parte, sarà il Made in Italy di fascia alta, che può contare su un posizionamento di valore. Ecco i comparti più esposti secondo le stime aggiornate:

  • Meccanica: 27% dell’export verso gli Usa, pari a 18 miliardi. Il dazio teorico potrebbe valere 2,7 miliardi.
  • Chimico-farmaceutico: 20% dell’export, ovvero 13 miliardi, con un impatto da 2 miliardi. Possibili esenzioni.
  • Moda: 17% (11 miliardi), dazio teorico 1,65 miliardi.
  • Agroalimentare: 12% (8 miliardi), impatto stimato 1,2 miliardi.
  • Trasporti: 11% (7 miliardi), dazio potenziale 1,05 miliardi.
  • Beni di lusso (occhialeria, gioielli, arredamento): 9% (6 miliardi), dazio atteso 900 milioni.

L'impatto su vino, pasta e formaggi Made in Italy

Nella lista delle preoccupazioni c'è il comparto agroalimentare, e in particolare il vino: dal 1° agosto è previsto l’avvio del nuovo schema tariffario, e le pressioni di Italia e Francia su Bruxelles per ottenere un'esenzione si starebbero già intensificando. In bilico ci sono anche olio d'oliva, aceti, formaggi Dop e Igp, ma manca ancora il testo ufficiale dell’accordo, elemento che impedisce alle imprese di fare valutazioni operative. La Unionfood è chiara: "In queste condizioni è difficile dare indicazioni agli associati". I dazi pre-Trump sui prodotti alimentari europei potevano raggiungere anche il 20%, e ora non è chiaro se l'aliquota del 15% annunciata sarà onnicomprensiva o aggiuntiva rispetto a quelle esistenti.

I dazi sui farmaci e gli aumenti per il tessile

Anche il settore del tessile e abbigliamento è in attesa di risposte, e qui gli scenari ipotizzati sono tre:

  1. Un dazio del 15% in aggiunta a quelli esistenti (attualmente tra il 4% e il 26%);
  2. Un dazio del 15% in sostituzione degli attuali;
  3. Un dazio al 15% solo per le merci con tariffe inferiori a questa soglia, lasciando invariati gli altri.

Per i farmaci e vaccini, esportati per 10 miliardi nel 2024, Bruxelles ha fatto sapere che il 15% sarà probabilmente un tetto massimo, ma non ha escluso tariffe più basse. L'industria farmaceutica italiana osserva con attenzione, consapevole che anche un aumento contenuto può generare effetti a catena sul mercato americano.

Il settore della meccanica

Nel settore della meccanica, le aziende rappresentate da Ucimu sperano poi in una deroga, viste le difficoltà della produzione statunitense nel coprire la domanda interna di macchine utensili. Il comparto dei semiconduttori, per ora, sarebbe escluso dalle nuove tariffe, ma Trump ha già annunciato l’intenzione di introdurre dazi progressivi entro fine settimana.

Cosa cambia per il settore energetico e siderurgico

Il capitolo siderurgico prevederebbe poi un sistema di contingenti tariffari basati sui flussi commerciali storici: sotto una certa soglia si applicheranno le normali tariffe della "nazione più favorita", ma superato il limite scatteranno dazi più pesanti. Secondo Eurofer, "l’impatto per l’industria europea sarà comunque importante", e servirà una risposta coordinata alla crisi di sovraccapacità globale. Sul versante energetico, l’intesa Ue-Usa prevede acquisti europei di energia per 750 miliardi di dollari in tre anni, un impegno enorme, che potrebbe ridefinire le rotte energetiche del continente, riducendo la dipendenza da fornitori extra-statunitensi. Gli Stati Uniti, già primo fornitore europeo di gas naturale liquefatto (oltre il 50% del mercato nel primo trimestre 2025), potrebbero rafforzare ulteriormente così il proprio primato.

Il governo italiano ha annunciato interventi per mitigare l'impatto sui settori più colpiti; una stima iniziale della Cassa depositi e prestiti ha quantificato il danno in 4 miliardi di euro, mentre Confindustria parlava di 23 miliardi in uno scenario peggiore. Unimpresa riduce la forbice tra 6,7 e 7,5 miliardi, ma il problema resta: senza chiarezza su tempi, categorie coinvolte e meccanismi di applicazione, l'incertezza pesa più dei numeri.

Quali sono i settori che saranno esentati o che avranno tariffe agevolate

Secondo le notizie più recenti, alcuni settori strategici potrebbero beneficiare di esenzioni totali o dazi pari a zero: tra questi, la componentistica aeronautica e parti per aeromobili, inserite tra i beni esclusi dalla tariffa del 15 % per una clausola “zero‑for‑zero”. Semiconduttori e certi prodotti chimici essenziali, anch'essi esclusi dalla tariffa standard, e poi alcuni prodotti agricoli selezionati, tra cui specifiche categorie alimentari, sono stati elencati come non soggetti al dazio. Queste esenzioni riguardano in particolare i beni ad alto contenuto tecnologico o strategico, ritenuti cruciali, ovviamente per i flussi commerciali tra UE e Usa.

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