Quanti soldi spenderebbe l’Italia se alzasse la spesa militare al 5%

Negli ultimi mesi, il dibattito sulla spesa militare italiana sembra aver assunto toni sempre più concreti e strategici: a rilanciare l'attenzione è stato lo stesso governo Meloni, con l'annuncio dell'intenzione di proporre un nuovo target di investimento nel settore difesa in vista del prossimo vertice Nato dell'Aia. Ma è stato l'Osservatorio Milex sulle spese militari italiane a quantificare con rigore l'impatto delle diverse opzioni in campo: se l'Italia puntasse davvero al 5% del PIL per la difesa e la sicurezza, come ipotizzato da alcuni ambienti dell'Alleanza Atlantica, la spesa annuale passerebbe dagli attuali 45 miliardi a ben 145 miliardi nel 2035, con un incremento medio di 10 miliardi l’anno. Ma più che la crescita annua, è il salto cumulativo nel decennio a rendere l’idea del cambio di paradigma: mille miliardi di euro, a fronte degli attuali poco più di 500 miliardi stimati con l’attuale livello del 2% del PIL.
Il divario tra scenari: duecento, trecento o quattrocento miliardi
Per rendere più comprensibile la portata di questi numeri, Milex ha messo a confronto tre possibili scenari. Il primo è quello del mantenimento dell'attuale quota del 2% del PIL, con una crescita fisiologica della spesa: in questo caso, nei prossimi dieci anni, il totale si aggirerebbe attorno ai 520 miliardi. Il secondo scenario è quello più ambizioso (e oneroso): raggiungere il 5% entro il 2035. In questo caso, la spesa cumulativa arriverebbe a sfiorare i 1000 miliardi. La differenza tra questi due mondi è di oltre 400 miliardi di euro in dieci anni, pari a un aumento medio di 40 miliardi l'anno. Ma esisterebbe anche una terza via, su cui sembra voler puntare l'esecutivo: un aumento progressivo della quota di PIL destinata alla difesa, con un incremento dello 0,2% all’anno fino a raggiungere il 4% nel 2035. Questa ipotesi, presentata come "intermedia", porterebbe comunque a una spesa annua di circa 116 miliardi nel 2035, per un totale aggiuntivo di 300 miliardi nel decennio rispetto allo scenario attuale. Un impegno finanziario dunque comunque imponente, sebbene più contenuto rispetto al massimo traguardo ipotizzato.
Difesa, PIL e scelte politiche
Dietro la freddezza dei numeri si nascondono scelte profondamente politiche: portare la spesa per la difesa al 4 o al 5% del PIL significherebbe raddoppiare o triplicare il peso del comparto militare sul bilancio statale. Per avere un termine di paragone, il 5% del PIL equivale a una cifra superiore all'intera attuale spesa per la sanità pubblica; una trasformazione simile richiederebbe quindi inevitabilmente tagli o riforme strutturali in altri settori, o un forte aumento del debito pubblico. Ecco perché, al di là della retorica atlantista o del richiamo alla sicurezza globale, il dibattito, per molti, dovrebbe estendersi anche alla sostenibilità economica e sociale di un simile obiettivo.
Il vertice dell'Aia e il ruolo dell'Italia
Il prossimo summit Nato in programma all'Aia potrebbe rappresentare un punto di svolta: l'Italia si appresta a presentare una proposta che, pur non raggiungendo il 5%, segnerebbe un chiaro segnale di impegno verso l'Alleanza. Secondo fonti governative, l'idea di puntare al 4% del PIL rappresenterebbe un compromesso tra le pressioni internazionali e le esigenze interne. Anche questa soglia comporterebbe però un aumento annuale della spesa di oltre 70 miliardi rispetto a oggi, aprendo interrogativi sulla sua sostenibilità reale.
A prescindere dal livello esatto che verrà fissato, la traiettoria appare insomma chiara: la spesa militare italiana è destinata a crescere in modo significativo nei prossimi anni. La domanda cruciale diventa quindi non tanto "quanto spendere", ma "a quale costo" e "a discapito di cosa". In un momento in cui la transizione ecologica, la giustizia sociale e il rilancio del welfare richiedono investimenti strutturali, l'opinione pubblica e il Parlamento saranno chiamati a interrogarsi sull'equilibrio tra sicurezza e bisogni civili. Perché ogni miliardo in più alla difesa è un miliardo in meno da qualche altra parte.