Perché non è corretto dire che i Sì ai Referendum sono stati più dei voti del centrodestra alle elezioni

"Le italiane e italiani che hanno chiesto un cambiamento sono 13 milioni", mentre sono "12 milioni" i "voti presi da tutta la destra alle elezioni del 2022". Questa frase, presa direttamente da un post del Partito democratico su Instagram, riassume bene la linea che una parte del centrosinistra – soprattutto il Pd – hanno adottato quasi subito dopo la chiusura dei seggi dei referendum dell'8 e 9 giugno.
Quando è stato ufficiale che il quorum non era stato raggiunto, si è passati al ‘piano B' che molti avevano anticipato: rivendicare che il numero di elettori andati alle urne, e quindi mobilitati per i referendum, fosse comunque più alto di quelli che hanno portato il centrodestra al governo. E quindi trasformare l'insuccesso referendario in una vittoria, o comunque un segnale positivo per il futuro. I numeri, però, non dicono questo.
Quante persone hanno votato e quante hanno detto Sì ai referendum, davvero
Bisogna partire mettendo in chiaro le basi: quante persone hanno votato e quante hanno detto Sì ai quesiti proposti, usando i numeri ufficiali del ministero dell'Interno. Gli elettori chiamati alle urne erano 46 milioni in Italia e circa 5,3 milioni all'estero. L'affluenza complessiva alla fine è stata del 29,9%, quindi 15,3 milioni di persone. Dato che per ciascun quesito ci sono circa 14,9 milioni di voti validi, si può immaginare che un po' meno di mezzo milione di schede fosse nullo.
Naturalmente, tra questi 15 milioni di votanti c'è sia chi ha detto Sì, sia chi ha detto No. Non è un numero che il centrosinistra può rivendicare più di tanto, avendo fatto campagna per il Sì (anche se in modo piuttosto diviso). A livello politico conta di più verificare quante persone erano effettivamente d'accordo con le proposte alla base dei referendum.
Guardando solo gli elettori che vivono in Italia, i Sì sono stati: 12,2 milioni al primo e al terzo quesito (su licenziamenti illegittimi e contratti a tempo determinato), 12 milioni al secondo e al quarto (su indennizzi per i licenziamenti e infortuni sul lavoro) e 9 milioni al quinto, sulla cittadinanza. Sommando anche gli italiani all'estero arrivano i numeri definitivi: 13 milioni per primo e terzo quesito, 12,8 milioni per il secondo e il quarto, 9,7 milioni per il quinto.
Non è vero che ci sono stati più Sì che voti al centrodestra alle scorse elezioni
Su queste basi, il centrosinistra ha provato a rivendicare un successo. Come detto, il Partito democratico sui social ha parlato di "13 milioni" di Sì contro i "12 milioni" di voti presi dal centrodestra alle ultime elezioni. Oggi in un'intervista a Repubblica Elly Schlein ha ribadito: "I 12,5 milioni di sì ai referendum sono più di quelli presi da loro (la destra, ndr) alle politiche. E più dei voti presi allora dal centrosinistra".
Ma è davvero così?
Partiamo dal post sui social del Pd. Per loro natura le comunicazioni sui social sono sempre un po' semplificate, e va bene, ma in questo caso c'è un dato semplicemente falso. Che i Sì siano stati 13 milioni è vero solo per due quesiti su cinque, e solo considerando anche gli elettori all'estero. Alle elezioni del 2022 il centrodestra prese 12,3 milioni di voti in Italia e altri 280mila all'estero, senza considerare i 150mila voti circa del Movimento italiani all'estero (Maie) che ha poi votato la fiducia al governo Meloni.
In sintesi: in Italia, il centrodestra nel 2022 prese 12,3 milioni di voti e i Sì al referendum sono stati al massimo 12,2 milioni. Considerando anche gli elettori all'estero, il centrodestra prese 12,6 milioni di voti (a cui vanno aggiunti i 150mila del Maie) mentre i Sì sono stati alla meglio 13 milioni. È un numero più alto, vero. Ma si parla di una differenza di poco più di 200mila voti, su un elettorato di oltre 51 milioni di persone, per solo due quesiti su cinque. Per gli altri due sul lavoro la differenza è praticamente nulla, mentre sulla cittadinanza i Sì sono molti meno. Difficile dire che si sia trattato di un segnale ‘forte' da parte dei cittadini.
I Sì sono stati meno dei voti presi dal centrosinistra?
Peraltro, c'è un dettagli che andrebbe considerato e che sembrerebbe minare alla parte, almeno in parte, il ragionamento del centrosinistra. Ammettiamo che il numero di persone che ha votato Sì sia più alto di quelle che appoggiarono il centrodestra tre anni fa – cosa che, come visto, è vera solo per alcuni quesiti e solo considerando anche gli elettori all'estero. Ma invece quelli che, nel 2022, votarono per l'opposizione?
Alle ultime elezioni politiche la coalizione di Pd, Avs, +Europa e Impegno civico (il movimento fondato da Luigi Di Maio) prese 7,3 milioni di voti. Il Movimento 5 stelle ne prese 4,3 milioni. Il Terzo polo che univa Azione e Italia viva ne ottenne 2,2 milioni. Sommate, le principali forze che sono all'opposizione ricevettero quindi poco meno di 13,9 milioni di voti. Dunque, dovrebbe essere considerato un flop che questi stessi elettori non si siano presentati alle urne per sostenere i referendum?
Certo, le indicazioni di voto tra i vari partiti erano diverse: Pd e Avs hanno fatto campagna per cinque Sì, il M5s ha lasciato libertà di coscienza sulla cittadinanza, Azione diceva Sì sulla cittadinanza e No sul lavoro, Italia viva (come alcuni esponenti del Pd) era per il No sui quesiti che riguardavano il Jobs Act, +Europa ha promosso il testo sulla cittadinanza ma aveva posizioni diverse sul lavoro. E certo, l'affluenza alle elezioni fu ben più alta (64%, oltre il doppio del referendum). Ma questo non fa altro che sottolineare che il confronto tra i due eventi è perlomeno forzato, se non del tutto inutile.
La differenza cruciale tra elezioni e referendum
Il punto sembra essere proprio questo: anche al di là dei confronti tra i numeri – che, come visto, sono stati un po' esagerati – è avventato dire che un Sì al referendum si tradurrebbe in un voto per il centrosinistra alle prossime elezioni. Come il sondaggista Livio Gigliuto ha spiegato a Fanpage.it, circa un elettore su cinque di Fratelli d'Italia è comunque andato alle urne, nonostante il suo partito invitasse ad astenersi. Lo stesso ha fatto uno su quattro tra i leghisti e tra i forzisti.
Questa quota di elettori del centrodestra spiegherebbe, secondo Gigliuto, anche perché il quesito sulla cittadinanza (il più contestato dalla destra) abbia ricevuto solamente il 65% di Sì, mentre sugli altri le percentuali sono state vicine al 90%. Ma allora, se è vero che diverse persone che votano destra sono andate alle urne, e in qualche caso hanno anche votato Sì – d'altra parte alcuni quesiti sul lavoro riguardavano il Jobs Act del governo Renzi, non proprio amato da quella parte di elettorato – sulla base di cosa il centrosinistra può rivendicare di aver ottenuto un successo?
I referendum sono momenti ben diversi dalle elezioni, non si vota per un partito ma per un tema specifico. Quindi è sempre rischioso provare a fare equivalenze. Tanto più se, come il centrosinistra in questo caso, lo si fa con numeri molto risicati.