Perché le Regionali in Toscana sono state un referendum su Giani e per il campo largo ci sono buone notizie

Le elezioni regionali in Toscana hanno portato una vittoria chiara di Eugenio Giani e del centrosinistra, sostanzialmente identica nel punteggio a quella di cinque anni fa, se si considera che allora il M5s corse con una propria candidata. Il voto, nei fatti, è stato un referendum su Eugenio Giani: un referendum che il presidente uscente ha vinto, nettamente, anche grazie alla decisione di non entrare praticamente nella campagna elettorale. Uno dei motivi della bassa affluenza. Lo hanno spiegato a Fanpage.it Gian Piero Travini e Alessandro Fava, analisti di Piave Digital Agency.
I due esperti hanno detto anche che per il campo largo c'è una buona notizia: se il risultato di questa elezione si ripetesse anche alle prossime politiche, ci sarebbe un guadagno importante in alcuni territori-chiave, che porterebbe più seggi al centrosinistra.
Il risultato generale, come detto, è stato in linea con le aspettative, "o di poco sotto. Si diceva che Giani avrebbe vinto con quindici punti di distacco, invece sono stati tredici. È finita 54% a 41%, mentre l'ultima volta, nel 2020, era 55% a 40%", tenendo conto del risultato di Giani e della candidata del Movimento 5 stelle insieme.
La strategia di Giani dietro l'affluenza bassissima
Il fortissimo calo dell'affluenza al 47,7% è stato "frutto di una strategia ragionata di Giani", secondo gli esperti. Ovvero: "Nel momento in cui i sondaggi credibili gli davano un vantaggio di almeno quindici punti, si è detto: ‘Perché dovrei fare una campagna elettorale che ho già vinto?‘. E così non l'ha giocata".
La strategia, insomma, sarebbe stata quella di non attirare l'attenzione sulle elezioni e sfruttare il vantaggio di partenza: "Davanti sapeva di avere un candidato credibile, non più Susanna Ceccardi. Tomasi sta facendo il sindaco, e lo sta facendo bene, ma in un Comune da 90mila abitanti. Dal punto di vista di Giani, perché dargli più visibilità? La visibilità se l'è dovuta andare a cercare lui". Il presidente in carica, invece, "non è entrato in campagna elettorale".
Una strategia che, secondo Travini e Fava, "tutti gli uscenti dovrebbero applicare". Infatti "il centrodestra fa la stessa cosa nelle città e le Regioni dove governa. Perché su una campagna elettorale rapida contano la penetrazione e la persistenza sul territorio. Se io non so chi è il candidato, non lo voto". Peraltro, "la bassa affluenza non ha cambiato il risultato", visto che in proporzione l'elettorato di centrodestra e quello di centrosinistra si sono astenuti dal voto allo stesso modo.
Perché il voto era un referendum sul presidente uscente
Un dato in particolare che dimostra questo approccio è la spesa fatta per le inserzioni pubblicitarie su Facebook. Negli ultimi cinque anni, Giani risulta aver speso per la campagna elettorale social circa 35mila euro, di cui una buona parte nella campagna delle scorse regionali. Durante questa campagna, invece, non ha speso praticamente nulla: "Meno di cento euro".
Insomma, per come si sono svolte, le elezioni in Toscana sono state più che altro "un referendum su Giani", senza un grande peso dell'avversario. E questo referendum "lui l'ha vinto".
Un risultato prettamente personale, di Giani, non del campo largo. Lo dimostra anche il risultato oltre le aspettative della lista Giani presidente – Casa riformista, che ha beneficiato del fatto di essere l'unica con il nome del candidato nel logo.
"Il presidente ha preso circa 60mila voti in più delle liste della sua coalizione", hanno sottolineato gli esperti. Si può trattare di elettori che hanno messo una X solamente sul simbolo di Giani, o di persone che hanno usato il voto disgiunto per votare lui e poi una lista di un'altra coalizione. In ogni caso "la vittoria è sua, della sua influenza in Toscana. Questa è una delle differenze tra lui e Tomasi: Giani è conosciuto ovunque nella Regione, Tomasi è conosciuto a Pistoia. Infatti in quella circoscrizione vince il centrodestra, anche se di poco".
Qual è la buona notizia per il campo largo, in vista delle politiche
Per quanto riguarda il significato dell'elezione in Toscana in chiave nazionale, il dato da osservare "non è nei numeri, ma nei territori". Ovvero, non il risultato complessivo dei partiti, ma come sono andate le cose nelle singole province.
"Il centrosinistra recupera delle circoscrizioni. Se questo voto si ripetesse alle elezioni politiche, confrontandolo con il risultato delle elezioni nel 2022, il campo largo vincerebbe delle circoscrizioni che allora perse. Concretamente, significherebbe "ottenere più seggi al Senato, per quanto riguarda la Toscana". Ovviamente, "solo se la legge elettorale rimane questa".
Anche se le percentuali dei candidati non sono cambiate, quindi, ciò che è cambiato è la distribuzione dei voti. "Nei territori, il campo largo ha vinto molto di più. Nel 2022 il centrosinistra perse in Toscana, nei voti per il Senato. Oggi, con questi voti, vincerebbe. Guardando ai singoli collegi, la destra aveva perso solo due collegi uninominali: Firenze e Scandicci. A parità di voti, adesso, una serie di territori importanti – Livorno, Siena, Pisa, Arezzo – verrebbero recuperati".
La notizia è buona, dal punto di vista del campo largo, perché conferma che "la loro strategia funziona. L'obiettivo della coalizione è massimizzare il risultato nei territori dove il centrosinistra è già forte. Questo magari non ti porta non ti porta voti da altre parti, ma permette di recuperare quelli persi nel 2022″. In Toscana, questa strategia ha pagato. "Se possa bastare o no a livello nazionale, lo vedremo più avanti. Le regionali in Campania daranno un'indicazione importante".
Il calo preoccupante del Pd a Firenze
C'è anche un rovescio della medaglia: "Sommando i voti dell'attuale campo largo, nel 2020 la coalizione avrebbe perso in una sola provincia, quella di Lucca, storicamente quella più a destra della Toscana". Oggi, invece, "la provincia di Lucca è recuperata ma se ne perdono tre: Pistoia, Massa-Carrara, Grosseto".
Certo, "la prima è il territorio di Tomasi e la seconda è andata al centrodestra per meno di quattrocento voti e la terza per meno di seicento". Quindi "restano tutte ampiamente contendibili", ma se si ripetesse questo risultato alle elezioni politiche "faresti fatica a vincere".
Ma il vero dato negativo, su cui invece il campo largo "deve riflettere" è "la performance sotto le aspettative del Pd a Firenze", specialmente nel Comune. Qui i dem hanno raccolto circa il 27,7% dei voti. Sono comunque risultati il primo partito cittadino, ma con un di meno di cinque punti da FdI. "Ci sono dei candidati che hanno preso poco più della metà delle preferenze che avevano ottenuto cinque anni fa". Peraltro, solitamente la città di Firenze ha quasi sempre registrato il risultato migliore per il Pd e il centrosinistra, in tutta la provincia. "Anche nel 2020 fu così. Di tutte le quattro circoscrizioni fiorentine, invece, in questo caso il capoluogo è quello dove Giani ha il risultato peggiore, il 56%".
Il ruolo della Casa riformista di Renzi
Sulla flessione del Pd a Firenze può aver influito "anche la presenza della lista Casa riformista, guidata da Matteo Renzi", ex sindaco proprio di Firenze: qui ha ottenuto circa il 15% dei voti contro una media regionale dell'8,8%, e tra i suoi candidati aveva due ‘campioni' di preferenze come Stefania Saccardi e Francesco Casini. Insieme i due hanno preso oltre 8.500 preferenze, su un totale di 20mila voti circa ottenuti dalla lista.
In generale, il risultato della Casa riformista "è stato estremamente positivo. Nel 2020 gli stessi partiti che oggi compongono quella coalizione, sommati, arrivarono al 7,3%. Il progetto evidentemente è sembrato convincente". Una parte di questo risultato, come detto, "è dovuta anche al fatto di essere l'unica lista con il nome di Giani nel simbolo. In un'elezione vinta in modo così convincente da Giani stesso, questo ha spostato dei voti".
Il "fallimento" del centrodestra in Toscana
Se è vero che il campo largo (ma soprattutto Giani) ha vinto molto bene, è altrettanto vero che "è andato molto male il centrodestra". Secondo gli esperti, non c'entra poi molto la presenza nella campagna elettorale di Roberto Vannacci, che ha portato forti malumori nella Lega e occasionali divisioni nella coalizione. "Il punto è piuttosto che, quando il centrodestra non è al governo di un territorio, fa fatica a organizzarsi dal punto di vista elettorale. In Toscana non hanno ancora trovato la soluzione".
La coalizione aveva "un candidato credibile, che ha preso 50mila voti in più delle sue liste. Non sono pochi. Se fosse stato il sindaco di Firenze, invece che di Pistoia, forse sarebbe stata una campagna elettorale diversa". Nonostante la figura di Tomasi, però, il centrodestra "non è riuscito a costruire una un'alternativa convincente".
Il vero "fallimento" è stato proprio scegliere il candidato a meno di cinquanta giorni dal voto. "Nel breve periodo il centrodestra non riesce a creare una narrazione che richiami gli elettori. Può farcela solo nel lungo periodo". Invece l'assenza di organizzazione nel tempo e di attenzione dal nazionale ha reso la sconfitta inevitabile.
Toscana Rossa e il voto delle piazze per Gaza
La terza candidata era Antonella Bundu, della lista Toscana Rossa, che univa Potere al popolo, Rifondazione comunista e Possibile. "Le liste comuniste hanno guadagnato rispetto al 2020. Il risultato è stato la risposta alle piazze per Gaza: sono andati a votare, e hanno votato Toscana Rossa". Una mobilitazione che si era vista anche prima delle regionali di Marche e Calabria, ma che "paga nelle Regioni di centrosinistra, non in quelle di centro e di centrodestra".
Un esempio particolare è quello della città di Piombino, dove Toscana Rossa ha ottenuto l'11% dei voti e la candidata Bundu è arrivata al 12,5%. La lista è stata la terza forza politica più votata in città dopo il Partito democratico e Fratelli d'Italia. "E il risultato non sembra essere stato dettato tanto dalla presenza di singoli candidati molto forti a livello locale, visto il numero di preferenze individuali che è stato piuttosto basso". La città è "una delle roccaforti operaie" della Toscana, e anche la presenza del porto – spesso al centro di mobilitazioni – può aver fatto sì che il tema fosse più sentito.