Perché la pandemia di Covid ha fermato l’integrazione dei migranti minorenni in Italia

La difficoltà di trovarsi in un Paese straniero, a cui si aggiunge la pandemia di Covid. Non conoscere lingua, in primis, ma anche abitudini quotidiane e pratiche comuni. Essere minorenne. Sono tutti problemi che si sommano, uno sull'altro, costruendo un castello insormontabile. È la storia di migliaia di bambini e adolescenti nel nostro Paese, aiutati dall'Helpline minori migranti di Save the Children. È la storia di percorsi di formazione interrotti, di diritti sospesi a data da destinarsi, di migliaia di minorenni che si trovano soli in Italia. È la storia di come la pandemia ha cambiato la vita di questi ragazzi, soli in un Paese straniero.
Le difficoltà dei migranti minorenni in Italia
Il rapporto 2020 dell'Helpline minori migranti di Save the Children, elenca le maggiori criticità che hanno incontrato minori e neomaggiorenni migranti in Italia quest'anno, rilevate grazie al lavoro di ascolto. L'interruzione di attività formative di alfabetizzazione e di istruzione, per via della pandemia, ha portato allo stop dei percorsi di integrazione, come ad esempio i tirocini finalizzati all'inserimento lavorativo. "L’isolamento e le difficoltà relazionali hanno pesato in misura se possibile ancora maggiore su questi adolescenti, arrivati da soli in Italia", ha commentato Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa dell'Ong.
Contestualmente la sospensione delle attività negli Uffici Immigrazione e delle Commissioni Territoriali, che si occupano di riconoscere lo status di rifugiato, ha rallentato moltissimo le procedure per la richiesta d'asilo. Stesso discorso vale per i ricongiungimenti familiari, sospesi temporaneamente, con i migranti che si sono spesso allontanati dalle strutture d'accoglienza. E infine, segnala ancora il report dell'Ong, lo stop agli incontri con i tutori volontari – che non sono stati considerati come dei congiunti – ha fatto sì che i minorenni non accompagnati non abbiano avuto una figura di riferimento fondamentale nei mesi più difficili.
I numeri di Save the Children: chi ha chiesto aiuto
Il numero di emergenza ha ricevuto più di 1.200 chiamata in un anno, una metà da minori, un'altra metà da neomaggiorenni e operatori dei centri di accoglienza. Il 60% degli interventi attivati lo scorso anno ha riguardato la spiegazione delle misure restrittive per prevenire il contagio da Covid. Tra i minori l'84% è maschio e il 63% ha diciassette anni. E la maggior parte delle chiamate e delle richieste di aiuto arrivano dalla Sicilia. Tra i maggiorenni, invece, la metà fa parte del personale delle strutture di accoglienza.