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Pensioni

Perché in Italia l’età pensionabile salirà a 70 anni e quando succederà

L’analisi Ocse “Pensions at a glance” ha sottolineato che, in Italia, chi inizia a lavorare oggi andrà in pensione ad almeno 70 anni di età, se le leggi non cambiano. La popolazione continua a invecchiare, in media: la percentuale di over 65 aumenterà di molto, mentre crollerà la parte di popolazione in età lavorativa.
A cura di Luca Pons
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Chi inizia a lavorare oggi, in Italia, dovrà attendere di avere almeno 70 anni per andare in pensione. Lo ha riportato la nuova analisi dell'Ocse "Pensions at a glance 2025", che fa il punto della situazione nei 38 Stati membri dell'organizzazione. In Italia, peraltro, l'invecchiamento si farà sentire anche in altri modi: sempre più over 65, con sempre meno lavoratori attivi, e di conseguenza una maggiore difficoltà a trovare i soldi per pagare le pensioni.

L'età di pensionamento media nei Paesi Ocse l'anno scorso era di 64,7 anni per gli uomini e 63,9 anni per le donne. Per chi invece ha iniziato a lavorare nel 2024, la prospettiva è peggiore: in media, 66,4 anni per gli uomini e 65,9 anni per le donne. Oltre la metà degli Stati dell'Ocse alzeranno la loro età pensionabile, e l'Italia sarà nel ristretto gruppo di quelli che prevedono di superare i settant'anni: insieme a lei solo Svezia e Paesi Bassi, con l'Estonia che arriverà a 71 anni e la Danimarca addirittura a 74 (anche se ci si aspetta che il Parlamento intervenga e, superata la soglia dei settant'anni, rallento l'aumento). Per contrasto, in Colombia, Slovenia e Lussemburgo l'età di pensionamento non cambierà, stando alle leggi attuali, e resterà fissa a 62 anni.

Non è un mistero che l'Italia, con il suo sistema collegato all'aspettativa di vita (diffuso in molti altri Paesi, ma non tutti) arriverà a superare i 70 anni. Stando alle previsioni ufficiali della Ragioneria generale dello Stato, basate sulle stime di Istat, l'anno in cui scatterà la soglia dei 70 anni per la pensione sarà il 2067.

I primi a sperimentarla, quindi, saranno i nati nel 1997. La soglia continuerà poi ad alzarsi gradualmente. Ad esempio, chi inizia a lavorare oggi e ha 22 anni arriverà alla pensione nel 2073, con un requisito di età di 70 anni e quattro mesi. O, se avrà avuto una carriera molto continua, senza grossi periodi di disoccupazione, potrà puntare sulla pensione anticipata con 46 anni e un mese di contributi nel 2071, quando avrà ‘solo' 68 anni di età. Al netto, come sempre, di riforme pensionistiche nei prossimi anni.

Il problema è che fare riforme per agevolare il pensionamento è difficile, quando la popolazione invecchia così in fretta. Da qui al 2050, secondo l'Ocse, la proporzione tra la popolazione over 65 e i 20-64enni aumenterà di oltre il 25%. Cioè, se oggi ci sono 39 persone oltre i 65 anni per ogni cento persone in età attiva, questo numero diventerà più di 64 ogni cento.

Allo stesso tempo, mentre aumentano gli anziani, calerà la popolazione in età da lavoro. La discesa media prevista è del 13%, ma anche in questo l'Italia si distingue in negativo. Il calo previsto è di oltre il 35%: è il dato peggiore insieme a Corea, Lettonia, Lituania e Polonia.

Complicato, quindi, facilitare le pensioni se non ci sono abbastanza lavoratori e lavoratrici per pagarle. Già oggi, sempre secondo le stime Ocse, la spesa pubblica per le pensioni vale circa il 16% del Pil in Italia. Al secondo posto in assoluto, dietro solo alla Grecia. E almeno un quarto di quel costo non è coperto dai contributi versati da chi lavora. Sono, insomma, soldi che lo Stato deve trovare altrove. E quel costo non farà che aumentare, se ci sono sempre più anziani e sempre meno persone che producono e pagano contributi.

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