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Perché il governo ha aiutato Caltagirone e gli altri nell’affare Mps-Mediobanca: lo spiega un economista

Salvatore Bragantini, economista finanziario di grande esperienza ed ex commissario della Consob, ha risposto alle domande di Fanpage.it sul caso Mps-Mediobanca, al centro di un’inchiesta della Procura di Milano. In particolare, Bragantini ha chiarito qual è stato il ruolo del governo Meloni: “Una volta esaurito ciò che poteva fare, si è messo a fare anche quello che non poteva”.
Intervista a Salvatore Bragantini
Economista, ex commissario Consob e amministratore delegato di Centrobanca
A cura di Luca Pons
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L'inchiesta della Procura di Milano sul caso di Mps e Mediobanca coinvolge tre magnati della finanza indagati per aggiotaggio: Francesco Gaetano Caltagirone (leader del gruppo Caltagirone), Francesco Milleri (presidente di Luxottica e della controllante Delfin) e Luigi Lovaglio (amministratore delegato di Monte dei Paschi di Siena). La vicenda riguarda il risiko delle banche avvenuto negli ultimi due anni, e coinvolge anche giganti come Unicredit. Ma anche se nel registro degli indagati non c'è nessun politico, i fatti toccano da vicino il governo Meloni, come emerso dalle carte dell'inchiesta.

Per questo, Fanpage.it ha contattato un economista di grande esperienza nel mondo della finanza. Salvatore Bragantini, già commissario della Consob (l'autorità che vigila sulla Borsa italiana) e amministratore delegato di Centrobanca, che ha rivestito ruoli di tutti i tipi i numerose società, ha risposto alle nostre domande. E ha messo in chiaro una cosa: "Il ministero dell'Economia ha dato il via libera all'operazione Mps-Mediobanca senza porre nessun ostacolo, anzi, incoraggiandola e sostenendola, perché il compratore era amico del governo. Ben diverso l'atteggiamento del governo verso l'Ops su Banco Bpm di Unicredit, che da subito il ministro Salvini bollò come banca ‘tedesca'".

Partiamo dalle basi. Cosa c'entra il governo italiano con Monte dei Paschi di Siena, e come è iniziata tutta questa vicenda?

Monte dei Paschi fu salvato nel 2017 dal governo Gentiloni, quando la banca non era stata in grado di superare i parametri di solidità finanziaria stabiliti dalla Bce. L'esecutivo intervenne con un grosso aumento di capitale (che, peraltro, non era il primo), arrivando a controllare quasi il 70% di Mps.

In quell'occasione l'Unione europea pose una condizione: quell'intervento doveva essere temporaneo. Una volta che Monte dei Paschi fosse stata ‘ristrutturata', le azioni del governo dovevano essere vendute. Questo è accaduto a partire dal novembre 2023.

Così il ministero ha iniziato a cedere la sua parte di Mps. Arriviamo al 13 novembre 2024, una data che secondo gli inquirenti è "cruciale": il governo vende ben il 15% delle azioni. A comprarle sono il gruppo Caltagirone, Delfin e Banco Bpm (oltre ad Anima, controllata di Banco Bpm). Cosa c'è di strano?

Il governo, come fatto in precedenza, per questa vendita ha seguito una procedura che si chiama "Accelerated bookbuilding", o Abb. È una modalità che si usa quando chi vende ha fretta di cedere le azioni tutte insieme, in un blocco unico.

Per gestire queste operazioni, normalmente ci si affida a dei grandi operatori finanziari internazionali che fanno da intermediari. Assicurano al governo l'incasso e, in cambio, si prendono una fetta dei guadagni.

E in questo caso com'è andata?

Il ministero non si è rivolto a una grande banca internazionale e indipendente, ma a una piccola banca italiana: Banca Akros, che è di proprietà di Banco Bpm, cioè uno degli azionisti che poi avrebbe comprato le azioni di Mps. La Procura dice che tutto era già deciso e i fatti sembrano confermarlo.

Akros è di dimensioni talmente ridotte che non aveva abbastanza patrimonio per gestire l'operazione. Ha dovuto chiedere alla sua controllante, quindi proprio a Banco Bpm, una garanzia da 600 milioni di euro.

E la vendita in sé come è andata? Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, ha detto che una loro offerta è stata respinta. Ci sono altri aspetti che non tornano?

Di solito in un'operazione del genere l'intermediario fa uno sconto sul prezzo delle azioni per invogliare gli acquirenti. Qui Akros invece, al contrario, ha chiesto ai compratori un piccolo premio sul prezzo, poco meno del 7%. È una cosa molto insolita, e che non fa molto piacere ai compratori.

Il punto è che Caltagirone e Delfin hanno pagato questo premio perché non erano solo investitori finanziari. In quel momento avevano un disegno preciso, un interesse strategico di lungo termine. È sembrato che lo Stato avesse fatto un affare, ma non è così: se il governo vende una quota così importante di una banca a qualcuno che ha degli interessi di questo tipo, deve chiedere un premio molto, molto più alto.

Il "disegno" di cui parla, che Caltagirone e Delfin avrebbero condiviso, secondo la Procura di Milano era di arrivare ad acquisire il controllo di Assicurazioni Generali. Per farlo, dovevano mettere le mani su un altro istituto di credito: Mediobanca.

Esatto, e infatti Monte dei Paschi poco dopo ha lanciato un'Ops – Offerta pubblica di scambio – nei confronti di Mediobanca. È un'operazione a cui anche il governo ha preso parte: invece di vendere le azioni di Mps che gli erano rimaste, le ha messe a servizio dell'offerta per Mediobanca.

In realtà si trattava di un'operazione pensata da altri. I veri cervelli erano Caltagirone e Delfin. Soprattutto il primo, per le sue superiori capacità di manovra. Mps ha fatto un'offerta per dare loro il controllo di Mediobanca e, attraverso di lei, di Assicurazioni generali, di cui Mediobanca detiene il 13% circa.

Una delle contestazioni degli inquirenti è che, se l'accordo tra Caltagirone e Delfin fosse stato noto, l'offerta per Mediobanca (la parte più importante del piano) non avrebbe dovuto essere un'Ops, cioè un'Offerta pubblica di scambio, ma un'Opa, ovvero Offerta pubblica di acquisto. Perché è importante? Che differenza c'è?

Un'offerta può essere obbligatoria o volontaria. Le prime vanno pagate in contanti, mentre con le seconde si possono offrire in cambio delle azioni. L'offerta in questione, di Mps per Mediobanca, era volontaria. Banca Monte dei Paschi di Siena voleva comprare la maggioranza di Mediobanca, e ha detto: "Azionisti di Mediobanca, datemi le vostre quote e io vi pagherò con azioni mie".

Peccato che, stando a ciò che dice la Procura e che io ritengo ben fondato, in questo caso avrebbe l'offerta doveva essere obbligatoria. Perché la legge e i regolamenti della Consob dicono che quando qualcuno agisce "di concerto" – cioè con un accordo – partendo da una quota di oltre il 25% l'offerta deve essere obbligatoria, quindi pagata in contanti.

Caltagirone e Delfin, insieme, quando hanno lanciato l'offerta avevano già più del 25% di Mediobanca. Perciò, avrebbero dovuto tirar fuori i soldi. Ma visto che il loro accordo era segreto, hanno potuto evitare di farlo. E l'acquisto è andata in porto.

Peraltro, Mediobanca ha provato fino all'ultimo a evitare di farsi comprare da Mps. A un certo punto ha tentato un'operazione che avrebbe fatto saltare il piano di Caltagirone e Delfin, giusto?

Sì. Questo è il momento in cui il governo si è mosso nel modo più scoperto, e più che in ogni altra fase è andato ben oltre i propri diritti, schierandosi come giocatore invece che come arbitro.

Cosa è successo?

Mediobanca voleva svuotare di contenuto l'Ops e ogni altra strada le era sbarrata dalla legge sull'Opa. Allora si è detta: bene, io oggi ho il 13% di Assicurazioni Generali, e ho anche il 50% di Banca Generali. Offro di comprare l'altro 50% di Banca Generali, pagandolo con quel 13% di Assicurazioni Generali. A quel punto, non avrebbe più avuto azioni di Assicurazioni Generali, e senza quel 13% l'interesse dei compratori – che, ricordiamolo, erano interessati solo a questo – sarebbe svanito.

Come è intervenuto il governo?

Caltagirone e Delfin si sono mossi per sabotare questa offerta, e in questo il governo si è impegnato in maniera palese. L'operazione era stata appoggiata da tutti gli investitori istituzionali, ma questi tre soggetti insieme sono riusciti a fare in modo che l'assemblea di Mediobanca la bocciasse.

Come ha accennato, l'obiettivo finale era prendere il controllo di Assicurazioni Generali. Anche alcune intercettazioni lo confermano. Ma perché è così importante controllare quella società?

Ci sono molti motivi. Controlla il 50% di Banca Generali, è un grande investitore in azioni e obbligazioni, possiede oltre 40 miliardi di euro di titoli di Stato. Ed è anche un grande proprietario di immobili. Non solo in Italia. Assicurazioni Generali nacque a Trieste sotto l'impero austro-ungarico, e ha ancora un patrimonio immobiliare internazionale che è sempre stato molto ambito dai costruttori.

Non tutti sanno che un giovane ma già arditissimo costruttore Silvio Berlusconi si presentò, negli anni Settanta, dal presidente di Generali Cesare Merzagora facendogli una proposta: lui avrebbe comprato una partecipazione importante nella società, l'1 o il 2% (che a quell'epoca, con il resto delle azioni molto sparso, sarebbe stata una quota importante), a condizione che poi Generali gli desse in gestione i suoi immobili.

Naturalmente Merzagora, che non era un pollo, non abboccò; chiamò quindi il dottor Alfonso Desiata, allora suo principale collaboratore, e disse: "Accompagni il dottor Berlusconi alla porta". Come era giusto fare. Poi scrisse anche una lettera a Berlusconi per dire che "il nostro Consiglio non ha mai desiderato avere nel suo seno costruttori". Oggi il mondo è cambiato. E un altro imprenditore edilizio, Caltagirone, non solo entra in Consiglio, ma ne diviene il dominus. Quel che non riuscì a Berlusconi riesce a Caltagirone. Grazie alla politica di Meloni, a lui molto vicina.

Dalle carte dell'inchiesta il coinvolgimento del governo in queste procedure sembra piuttosto evidente. Si parla di presunte pressioni a cinque consiglieri di Mps perché rassegnassero le dimissioni, di un "sms" che il ministro Giorgetti avrebbe scritto a un fondo di investimento per convincerli ad aderire a un'offerta, di "supporto governativo" per l'operazione su Mediobanca. Tutto questo è normale?

No, non è normale. A suo tempo, vent'anni fa, ci fu grande scandalo perché i Democratici di sinistra avevano appoggiato Unipol nelle manovre su Bnl. Quando questa manovra sembrava essere andata in porto, Piero Fassino disse notoriamente: "Allora, abbiamo una banca?". Ma c'è una differenza sostanziale: al governo c'era Berlusconi, non la sinistra.

Qui il ministero dell'Economia ha deciso che Mediobanca doveva essere comprata da Caltagirone e gli altri. Era un interesse di Caltagirone e degli altri, non del governo, che  invece avrebbe dovuto cedere la sua partecipazione in banca Mps. Anziché restarne fuori, il governo ha fatto tutto quello che poteva. E anzi, una volta esaurito ciò che poteva fare si è messo a fare anche quello che non poteva.

Purtroppo la reazione del mondo finanziario e imprenditoriale è inesistente. Magari brontola in privato, ma è una condotta da pusillanimi. Forse, chissà, un giorno ne sapremo di più…

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