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Elezioni politiche 2022

Perché il centrosinistra diviso rischia una sconfitta storica, contro una destra debole ma unita

La destra è lontana dalla maggioranza assoluta. Ma il 25 settembre la legge elettorale, e un centrosinistra diviso come non mai, potrebbero regalarle una vittoria schiacciante.
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I sondaggi elettorali sono come prigionieri di guerra: se li torturi, puoi far dir loro quel che vuoi sentirti dire. E in effetti è così che vengono usati in campagna elettorale, come strumenti di propaganda per motivare i propri militanti ed elettori, e per scoraggiare gli avversari.

Prendiamo l’ultimo sondaggio disponibile, la consueta analisi di Swg-La7 che ogni lunedì sera viene presentata durante il telegiornale condotto da Enrico Mentana. Secondo quest’ultimo sondaggio la coalizione di destra formata da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia avrebbe la maggioranza relativa dei consensi, pari a circa il 45%. Per Meloni & co è il segnale di un consenso forte e stabile, rimasto pressoché inalterato dal 2018 a oggi. Per i loro avversari, che assieme fanno il 55%, il segnale di una partita ancora tutta da giocare.

Tutto sommato, hanno ragione entrambi. Ma tra i sondaggi e Palazzo Chigi c’è il 25 settembre e soprattutto c’è la legge elettorale, che con le sue regole ha un peso significativo nel determinare l’esito del voto. Un esito che, allo stato attuale, rischia di delinearsi come un trionfo per la destra e un disastro per il centro e la sinistra.

Il primo motivo, per l’appunto, è che la legge elettorale attuale, il cosiddetto Rosatellum, premia le forze di maggioranza relativa e le coalizioni unite, che proprio per questo possono fare il pieno nei collegi uninominali che eleggono il 35% di deputati e senatori, collegi dove va in parlamento il candidato che prende un voto in più degli altri.

Per assurdo, se gli attuali sondaggi riflettessero l’esito elettorale di ogni collegio, la destra potrebbe sopravanzare i suoi avversari in tutti i collegi. E col 45% dei voti si prenderebbe il 100% dei parlamentari eletti col metodo uninominale. Di fatto, è come se la partita iniziasse 35 a zero per la destra.

Non andrà così, ovviamente, anche perché il consenso delle diverse coalizioni non è uguale ovunque. Tutte le simulazioni, però, convergono sulla certezza che, allo stato attuale, un centrosinistra diviso ha pochissime speranze anche solo di avvicinarsi a quel 45% necessario a insidiare la destra nella maggior parte dei collegi uninominali.

Anche perché – secondo motivo – il centrosinistra è balcanizzato, più che diviso. Il Partito Democratico, che allo stato attuale è la prima forza dello schieramento, a fatica lambisce il 23%, meno della metà dei consensi complessivi potenziali di tutto lo schieramento. Segue il Movimento Cinque Stelle, attorno al 10%, Azione e +Europa attorno al 6% e poi, attorno a loro, una serie di micro-partiti con un consenso tra il 2% e il 4%, inversamente proporzionale al suo potenziale divisivo. Qualche esempio? Matteo Renzi  e Italia Viva che non vogliono allearsi coi Cinque Stelle di Giuseppe Conte, che a loro volta non vogliono sentir parlare di Renzi o di Di Maio. Ancora: Carlo Calenda e Azione che non vogliono sentir parlare di Sinistra Italia e dei Verdi, che a loro volta non vogliono sentir parlare di Gelmini, Brunetta, Calenda e Renzi.

Di fatto, allo stato attuale, una coalizione di centrosinistra unita è una specie di chimera. E la vittoria del centrosinistra, o anche solo un pareggio, con una coalizione divisa è ancor di più una chimera. Nei fatti – e questo è il solito grande paradosso del centrosinistra italiano – l’incapacità di trovare una sintesi programmatica tra forze diverse, ma accomunate dalla loro alterità col nazionalismo conservatore di Salvini e Meloni, potrebbe spalancare le porte di Palazzo Chigi a questi ultimi, che rischierebbero – quasi senza volerlo – di ritrovarsi con una maggioranza parlamentare schiacciante, che alcuni analisti stimano possa lambire i due terzi di Camera e Senato.

Sia chiaro: con questo non vogliamo suggerire alcunché né ai leader del centrosinistra, né ai suoi elettori. Quella che presentiamo è una brutale fotografia dell’esistente. Che tutto questo possa preludere a voti utili, mali minori, nasi da turare che finiscano per penalizzare proprio le forze che oggi fanno più resistenza alla nascita di un’ampia coalizione di centrosinistra è una possibilità più che concreta. Che ancora oggi, a un mese dal voto, tutte queste forze non si siano ancora sedute attorno a un tavolo per provare a vincere elezioni che evidentemente preferiscono perdere divisi appartiene a quegli assurdi della politica – e della sinistra – italiana, a cui ormai ci siamo abituati da un pezzo.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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