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Manovra 2026

Pensioni, nuova stretta in Manovra: cosa cambia per quelle anticipate e per chi riscatta la laurea

Il governo con il maxiemendamento presentato ieri alla manovra è intervenuto sulle pensioni anticipate: introdotta una stretta sul riscatto della laurea breve e un aumento dal 2032 della durata della finestra mobile necessaria prima di ottenere la pensione, passando dagli attuali 3 mesi a 4. Negli anni successivi è previsto un ulteriore incremento a 5 mesi nel 2033 e a 6 mesi dal 2034.
A cura di Annalisa Cangemi
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La manovra 2026 cambia ancora con il maxiemendamento del governo. Anche sulle pensioni ci sono novità e il testo dellalegge di Bilancio viene modificato. Oltre all'aumento di tre mesi dell'età di pensionamento, già introdotto nel testo, arriva una stretta, con l'aumento della finestra mobile per i pensionamenti anticipati e una penalizzazione per chi riscatta la laurea. Vediamo di cosa si tratta.

Come cambiano le pensioni nella manovra 2026 con il nuovo emendamento del governo

Il governo ha previsto una doppia stretta sulle pensioni anticipate, quelle che consentono di uscire dal lavoro al momento con 42 anni e 10 mesi di contributi. Con l'emendamento presentato ieri dal governo, a partire dal 2032 aumenta la ‘finestra mobile' che è necessario attendere prima di ricevere la pensione, che sale dai 3 mesi ora previsti, a 4 mesi nel 2032 e poi progressivamente a cinque mesi nell'anno successivo e a 6 mesi dal 2034. Un'altra norma, invece, restringe gli effetti per coloro che hanno riscattato la laurea breve, quella triennale. Di fatto i mesi riscattati varranno meno: un taglio di sei mesi il primo anno e poi, 12 mesi nel 2032, 18 mesi nel 2033, 24 mesi per chi matura i requisiti nel 2034 e 30 mesi per chi li matura nel 2035.

Si allunga la finestra mobile per le pensioni anticipate

Il testo del maxiemendamento prevede anche allungamento generalizzato di permanenza al lavoro, incidendo sul meccanismo delle finestre di uscita. Oggi la pensione anticipata permette di uscire dal lavoro indipendentemente dall'età anagrafica, a condizione di aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne). Una volta raggiunto questo requisito, è prevista una finestra mobile di tre mesi prima di poter ricevere l'assegno pensionistico.

Cosa succederà adesso? Come dicevamo viene modificato proprio il meccanismo della finestra mobile. In base all'emendament governatitivo, dal 2032 la finestra mobile passa da 3 a 4 mesi; dal 2033 prevista un'estensione a 5 mesi; dal 2034-2035 la finestra sarà di 6 mesi. Significa in sostanza che chi raggiungerà i 42 anni e 10 mesi di contributi dovrà autofinanziarsi fino a sei mesi dopo l’uscita dal lavoro, prima di avere i soldi della pensione. Secondo i sindacati, sommando questo intervento ai futuri adeguamenti alla speranza di vita, il requisito contributivo effettivo potrebbe arrivare fino a 43 anni e 9 mesi nel giro di pochi anni.

Cosa cambia per chi riscatta la laurea: la simulazione delle penalizzazioni

Brutte notizie anche per chi ha riscattato o riscatterà il periodo di studio universitario ai fini previdenziali. Chi sperava che con il riscatto della laurea triennale potesse anticipare l'accesso alla pensione ha avuto una doccia fredda. L'emendamento comunque non modifica il costo del riscatto, ma riduce progressivamente il valore contributivo degli anni riscattati ai fini della pensione anticipata. Ecco le penalizzazioni previste:

  • 2031: decurtazione di 6 mesi
  • 2032: decurtazione di 12 mesi
  • 2033: decurtazione di 18 mesi
  • 2034: decurtazione di 24 mesi
  •  2035: decurtazione di 30 mesi (cioè due anni e mezzo)

In pratica una parte degli anni di studio riscattati non verrà più considerata utile per raggiungere il requisito contributivo, costringendo i lavoratori a rimanere al lavoro più a lungo. Secondo i calcoli della Cgil, in alcuni casi chi ha riscattato la laurea potrebbe dover accumulare fino a 46 anni e 3 mesi di contributi per accedere alla pensione anticipata. Il sindacato ha inoltre sollevato dubbi di legittimità costituzionale.

Le polemiche alla stretta sulle pensioni in Manovra

"Se qualcuno avesse avuto ancora qualche dubbio, il maxi-emendamento del Governo alla legge di bilancio lo ha definitivamente chiarito: si andrà in pensione sempre più tardi. Con queste scelte l'Esecutivo riesce in un'impresa clamorosa, quella di superare persino la legge Monti-Fornero, rendendo il sistema previdenziale ancor più rigido, ingiusto e punitivo per lavoratrici e lavoratori", ha detto la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione commenta duramente le misure contenute nell'articolo 43 del maxi-emendamento governativo, che introduce gli interventi strutturali restrittivi sui pensionamenti anticipati a partire dal 2031.

"Non siamo di fronte a semplici aggiustamenti tecnici – prosegue la dirigente sindacale – ma a un vero e proprio inasprimento strutturale del sistema". Infatti, spiega "il maxi-emendamento allunga progressivamente le finestre di decorrenza delle pensioni anticipate fino a sei mesi dal 2035 e, nei fatti, considerando anche l'adeguamento alla speranza di vita che il Governo ha scelto di non bloccare, porta l'accesso alla pensione anticipata a 43 anni e 9 mesi di contribuzione nel 2035, smentendo nei fatti le promesse fatte a lavoratrici e lavoratori. Altro che flessibilità: si costringono le persone a restare al lavoro sempre più a lungo, aumentando i periodi scoperti tra lavoro e pensione e producendo risparmi di spesa solo rinviando diritti maturati".

Ghiglione ha sottolineato poi che "a questo si aggiunge la penalizzazione del riscatto degli anni di studio, peraltro con una misura retroattiva e con evidenti profili di incostituzionalità: contributi regolarmente pagati non produrranno più pieni effetti previdenziali ai fini dell'accesso alla pensione anticipata. Una svalutazione selettiva e progressiva che arriva a escludere fino a 30 mesi dal 2035. Questo significa che una lavoratrice o un lavoratore che ha riscattato un periodo di studi potrà arrivare addirittura a 46 anni e 3 mesi di contribuzione prima di andare in pensione. Siamo alla follia". ‘

"La previdenza è un tema cruciale per il futuro del Paese e richiede una strategia chiara, un disegno organico e riforme strutturali costruite attraverso il confronto con le parti sociali, non certo interventi episodici e pensati solo per fare cassa. Il maxi-emendamento del Governo sulla previdenza, da questo punto di vista, è un vero e proprio doppio colpo di mano, una forzatura grave e inaccettabile. Dopo l'aumento di tre mesi dell'età di pensionamento previsto dal disegno di legge di bilancio, ora si aggiunge un pesante irrigidimento delle regole, con l'aumento della finestra mobile per i pensionamenti anticipati e una forte penalizzazione per chi riscatta gli studi universitari", ha dichiarato Antonio Misiani, responsabile economico del Pd,

"Sulla previdenza complementare, il silenzio-assenso è una scelta ragionevole, ma l'aumento della deduzione fiscale a 5.300 euro è invece una misura molto discutibile. Il governo è intervenuto in modo unilaterale, senza alcuna discussione con le parti sociali. E ha scritto una sorta di ‘Fornero plus' che allontana sempre di più l'orizzonte della pensione. Così non va. Siamo agli antipodi rispetto alle promesse elettorali di Meloni e Salvini e soprattutto molto lontani da ciò che servirebbe per rafforzare in modo serio il sistema previdenziale nell'interesse dei lavoratori".

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