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Pensione d’invalidità 2025, requisiti più flessibili e aumento del trattamento minimo: ecco cosa cambia

Dal 2025 sono cambiate le regole per la pensione d’invalidità: è infatti ora possibile sommare i contributi da lavoro dipendente e autonomo, e l’importo non potrà più essere inferiore al trattamento minimo INPS. Con la nuova normativa, più equità per i lavoratori fragili e meno barriere per accedere alla tutela previdenziale.
A cura di Francesca Moriero
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Negli ultimi anni, il tema della tutela previdenziale per le persone in condizioni di invalidità è salito al centro dell'attenzione pubblica; non si tratta solo di un dibattito tecnico, ma di una questione profondamente sociale. Il riconoscimento del diritto a una pensione dignitosa per chi ha perso la capacità di lavorare non può ridursi a una pratica burocratica, è un principio di giustizia. In questo contesto, il 2025 si è aperto con due novità di rilievo che segnano un'inversione di tendenza importante: da un lato, l'ampliamento dei criteri per maturare i contributi richiesti; dall'altro, l'equiparazione dell'importo minimo della pensione d'invalidità, che riguarda decine di migliaia di persone escluse finora. Ecco cosa cambia e cosa serve sapere per orientarsi tra norme e diritti.

Contributi: si allarga la rete, anche per autonomi e professionisti

Fino a poco tempo fa, per ottenere la pensione d'invalidità era necessario dimostrare cinque anni di contributi, con almeno tre anni versati negli ultimi cinque; la novità, resa nota dall'INPS nel messaggio n. 246/2025, cambia le carte in tavola: da ora in poi, quei cinque anni potranno essere maturati anche sommando periodi di lavoro da dipendente e da autonomo. Un riconoscimento importante per milioni di lavoratori che, nel corso della loro vita, hanno alternato collaborazioni, partite IVA e contratti da dipendente, senza mai trovare una continuità contributiva lineare. Il sistema ora si adatta invece alla realtà del lavoro frammentato e discontinuo, finalmente recepita anche a livello previdenziale.

Invalidità vs inabilità: differenze chiave

Nel parlare comune, i termini "invalidità" e "inabilità" vengono spesso confusi, ma sul piano giuridico fanno riferimento a due prestazioni ben distinte. La pensione d'invalidità è destinata a chi ha perso completamente la capacità di lavorare, ma ha maturato un minimo contributivo come ex lavoratore. La pensione d'inabilità, invece, può essere richiesta anche da chi non ha mai lavorato, purché sia totalmente inabile al lavoro e versi in stato di bisogno economico. Il punto comune è la gravità della condizione sanitaria, accertata dalle commissioni mediche INPS. La distinzione, però, determina percorsi diversi, sia in termini di requisiti che di importi erogati.

I requisiti per accedere alla pensione d'invalidità

Per ottenere la pensione d’invalidità nel 2025 occorre rispettare tre tipi di requisiti:

  • Sanitari: una condizione di invalidità totale e permanente, tale da impedire qualsiasi attività lavorativa.
  • Contributivi: almeno 260 settimane di contributi (5 anni), di cui 156 (3 anni) nei cinque anni precedenti la domanda. Da quest’anno, valgono anche i contributi da gestione separata e da lavoro autonomo.
  • Amministrativi: cessazione dell’attività lavorativa, cancellazione da eventuali albi professionali e rinuncia a ogni trattamento di disoccupazione o sostitutivo della retribuzione.

Come viene calcolato l'importo della pensione

L'importo della pensione dipende dal momento in cui il lavoratore ha iniziato la propria attività: Chi ha iniziato a lavorare prima del 1° gennaio 1996 rientra nel sistema misto, che somma il metodo retributivo e quello contributivo. Chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi rientra invece nel sistema interamente contributivo. In entrambi i casi, è previsto un incremento figurativo della contribuzione fino al compimento dei 60 anni, per compensare gli anni "persi" a causa dell'invalidità.

La pensione non può scendere sotto i 603 euro

Una seconda, significativa novità arriva dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 94/2025: è stato dichiarato illegittimo il mancato adeguamento al trattamento minimo delle pensioni d'invalidità calcolate con il solo metodo contributivo. Fino al 9 luglio 2025, chi aveva cominciato a lavorare dopo il 1995 e maturava una pensione solo contributiva poteva ritrovarsi con un assegno inferiore al minimo vitale. Dal 10 luglio, invece, anche questi assegni dovranno essere portati almeno a 603,40 euro mensili, l'importo attualmente fissato come trattamento minimo INPS. Una vittoria importante per l'equità sociale, anche se la Corte ha stabilito che l'adeguamento non avrà effetti retroattivi.

Assegno ordinario d'invalidità: la misura "ponte"

Oltre alla pensione d'invalidità permanente, esiste anche l'assegno ordinario d'invalidità, una prestazione triennale destinata a chi ha una capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo; anche in questo caso servono almeno 5 anni di contributi, di cui 3 negli ultimi 5 anni, ma non è richiesta la cessazione dell’attività lavorativa. L'assegno può essere rinnovato e, dopo tre rinnovi consecutivi, diventa permanente. Al compimento dell'tà pensionabile (attualmente 67 anni), viene convertito automaticamente in pensione di vecchiaia.

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