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Caso Paragon

Paragon, Mantovano al Copasir: “Ciro Pellegrino e Roberto D’Agostino non sono stati spiati dai servizi segreti”

Alfredo Mantovano, il sottosegretario con delega ai Servizi segreti, interviene sul caso Paragon comunicando al Copasir: “Non sono stati gli 007 italiani a spiare il giornalista di Fanpage.it Ciro Pellegrino e Roberto D’Agostino, fondatore di Dagospia”.
A cura di Giorgia Venturini
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"Non sono stati gli 007 italiani a spiare D’Agostino e Pellegrino", lo precisa Alfredo Mantovano, il sottosegretario con delega ai Servizi segreti. Esattamente come il governo aveva già fatto nel caso del nostro direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato, il sottosegretario interviene ancora ribadendo e comunicando al Copasir che non sono stati gli 007 italiano a spiare con il software della società israeliana Paragon i giornalisti Ciro Pellegrino (Fanpage.it)Roberto D’Agostino e l’olandese Eva Vlaardingerbroek. Lo riporta in un articolo Il Fatto Quotidiano. Insomma la storia si ripete: già a marzo il sottosegretario Mantovano aveva ribadito che i servizi, Aisi e Aise, non hanno spiato il direttore Cancellato e che gli 007, che hanno utilizzato il software di Paragon Solutions, "hanno agito nel rispetto della legge".

Ora oltre al nostro giornalista e al nostro direttore, nelle scorse settimane nella lista degli spiati da Paragon si sono aggiunti anche i colleghi Roberto D’Agostino, fondatore di Dagospia e Eva Vlaardingerbroek, blogger olandese conosciuta per essere definita "la corrispondente del Maga – ovvero il movimento di Donald Trump – in Europa". Su tutti i casi sta indagando la Procura di Roma: ha aperto un fascicolo contro ignoti con l'ipotesi di reato di accesso abusivo al sistema informatico come prevede il Codice penale. Ma quali accertamenti sono stati fatti finora?

Gli esperti di Citizen Lab – ovvero dell'Università di Toronto – hanno rilevato la presenza del virus-spia nel cellulare di Ciro Pellegrino. Mentre non sono stati analizzati i cellulari di D’Agostino e di Vlaardingerbroek. Intanto la Commissione Ue ha sollevato la questione Paragon e dedicato in una relazione un intero capitolo all'Italia. Ha sottolineato che "nel 2025 in diversi Paesi europei, tra cui l'Italia, sarebbe stato utilizzato lo spyware prodotto dall'azienda Paragon", chiamato Graphite. Gli stakeholder avrebbero "sottolineato come l'uso di spyware contro un giornalista fosse un fatto senza precedenti in Italia e costituisse una violazione del segreto professionale e della pertinente legislazione nazionale".

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