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Fondi russi alla Lega

Nella trattativa con i russi era prevista una quota per finanziare la campagna elettorale della Lega

Secondo quanto si legge nella motivazione con cui il Tribunale del Riesame di Milano ha respinto il ricorso presentato dalla difesa di Savoini contro i sequestri, dall’audio registrato all’hotel Metropol emergerebbe che una parte della trattativa con i russi prevedeva che una percentuale sarebbe stata destinata alla campagna elettorale del Carroccio per le europee.
A cura di Annalisa Cangemi
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Da quanto si apprende dalla registrazione al Metropol di Mosca, la trattativa sulla compravendita di petrolio, poi saltata, al centro dell'inchiesta milanese sui presunti fondi russi alla Lega, prevedeva "l'acquisto da parte di Eni spa di ingenti quantitativi di prodotti petroliferi (250.000 tonnellate al mese per tre anni) venduti dalla società di stato russa Rosneft, prevedendo che una percentuale del 4% del prezzo pagato da Eni sarebbe stato retrocesso per finanziare la campagna elettorale per le elezioni europee del partito politico Lega, mentre una percentuale del prezzo pagato da Eni – tra il 2% e il 6% – sarebbe stata corrisposta tramite intermediari e studi legali a pubblici ufficiali dell'azienda di Stato Rosneft". È quanto si legge nel capo di imputazione formulato dai pm di Milano nei confronti di Gianluca Savoini, dell'avvocato Gianluca Meranda e dell'ex banchiere Francesco Vannucci, e che è contenuto nel provvedimento con cui il Tribunale del Riesame ha respinto l'istanza della difesa dello stesso Savoini contro i sequestri.

Eni ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nella vicenda. Nella motivazione del Tribunale del Riesame di Milano emerge "lo schema delle parti coinvolte nella trattativa considerata illecita, la possibilità di reiterare l'accordo nel tempo, l'importo da retrocedere dopo il pagamento della fornitura petrolifera, la necessità di agire rapidamente per l'avvicinarsi delle elezioni europee, l'utilità dell'accordo per entrambe le parti, la ripartizione dei compiti, la necessità di essere prudenti per non destare sospetti sul presunto ritorno illecito del denaro". 

Nelle 22 pagine con cui si respinge il ricorso presentato dalla difesa dell'ex portavoce di Matteo Salvini, l'audio registrato nella hotel di Mosca viene riportato mettendo in mostra non solo il ruolo di Savoini, ma anche degli altri due indagati italiani, Meranda e Vannucci, che erano seduti al tavolo con tre intermediari russi per trattare l'acquisto del grosso quantitativo di petrolio.

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