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Nasce il Comitato per il Sì alla riforma Nordio: “Giudici e pm insieme solo nei regimi totalitari”

Con il deposito delle firme in Cassazione, entra nel vivo la campagna per il referendum sulla riforma della giustizia. E l’Unione delle Camere Penali lancia il Comitato per il Sì alla legge costituzionale sulla separazione delle carriere voluta dal governo Meloni.
A cura di Marco Billeci
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Con il deposito in Cassazione delle firme necessarie all'indizione del referendum, è partita ufficialmente la campagna per la consultazione sulla riforma della giustizia. E dopo l'inaugurazione del Comitato per il No da parte dell'Associazione Nazionale Magistrati, anche il fronte dei favorevoli al ddl Nordio si organizza, con il lancio da parte dell'Unione delle Camere Penali del Comitato "Vota Sì è Giusto". Uno slogan che ribalta quello scelto dall'Anm: "È Giusto Dire No".

"Questa riforma è figlia nostra, porta la nostra impronta genetica", ha detto il presidente dell'Ucpi Francesco Petrelli nel corso della conferenza di presentazione del simbolo del Comitato, rivendicando una battaglia di 30 anni dei penalisti italiani per la separazione delle carriere. Tra le personalità che hanno aderito all'iniziativa, la Radicale Rita Bernardini e Francesca Scopelliti, compagna di Enzo Tortora.

Le ragioni del Sì alla riforma della Giustizia

Le Camere Penali hanno anche elaborato un decalogo, per sostenere le ragioni del Sì al ddl Nordio. Su uno dei punti più dibattuti della riforma, la cosiddetta separazione delle carriere, il segretario della Ucpi Rinaldo Romanelli – pur ammettendo che il  tema interessa ormai marginalmente il passaggio di funzione tra giudice e pm – ha sostenuto come la norma sia necessaria per dividere le strutture organizzative fra magistratura giudicante e inquirente,  perché: "per essere terzo il giudice non può condividere ‘la stessa casa' con il pubblico ministero. Da questo punto di vista l'Italia è un assoluta anomalia tra le democrazie moderne. La condivisione di giurisdizione è tipica dei regimi autoritari".

Sull'altro punto chiave al centro della discussione, il sorteggio per le cariche all'interno dei due Csm e della nuova Alta Corte Disciplinare, Romanelli ha giustificato la scelta dicendo: "Le degenerazioni correntizie non sono finite con il caso Palamara, il sorteggio è un rimedio a un sistema che opprime il Csm e tutti i magistrati". E il presidente della Fondazione dell'Ucpi  Beniamino Migliucci ha attaccato: "I magistrati devono spiegare perché tutti hanno le competenze necessarie a comminare un ergastolo, ma non tutti per ricoprire un ruolo organizzativo".

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