Music for Peace: nave carica di aiuti per Gaza partirà domani, ma senza via libera dal governo

Domani, 24 ottobre, dal porto di Genova salperà una nave con dodici container di aiuti umanitari diretti alla Striscia di Gaza. A darne notizia è la stessa Music for Peace, organizzazione genovese che da anni porta soccorso nelle zone più martoriate del mondo, tra cui proprio la Palestina. Nonostante l'imminenza della partenza, a mancare sono però ancora le autorizzazioni ufficiali da parte delle istituzioni italiane, in particolare dalla Farnesina, che non ha ancora rilasciato alcun pre-clearance formale: nessun documento che sancisca, cioè, nero su bianco, il via libera del governo italiano.
"Per questo motivo rivolgiamo un appello sincero e accorato a tutte le persone che hanno reso possibile questa raccolta, a chi ha donato, a chi ha aiutato, a chi ha creduto e crede in questo progetto. Chiediamo di scrivere alle istituzioni italiane, di domandare con forza e con dignità quale sarà il destino del convoglio umanitario di Music for Peace", si legge nel comunicato, che invita la cittadinanza a mobilitarsi con un corteo serale per accompagnare la partenza e chiedere risposte al governo.
La nave farà scalo ad Aqaba, in Giordania, dove inizieranno le operazioni di scarico e il coordinamento logistico per l’invio degli aiuti verso la Striscia di Gaza.
Quella di domani non è però una semplice partenza, ma un atto di ostinazione civile e politica nei confronti di un sistema che da settimane tiene fermi quegli aiuti. Sono infatti oltre trecento le tonnellate di materiale umanitario ferme a Genova da giorni: pacchi di alimenti, medicinali, presidi sanitari, raccolti grazie a un appello di Music for Peace sostenuto dal CALP, il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali, e da centinaia di cittadini e associazioni. Dovevano essere quaranta tonnellate, all'inizio. Poi, la generosità di una rete diffusa ha moltiplicato gli sforzi, trasformando un'iniziativa locale in un simbolo nazionale di solidarietà concreta.

Le condizioni imposte da Israele e il paradosso umanitario
Ma il blocco non è solo burocratico. Israele ha posto condizioni che sfidano la logica umanitaria, chiedendo di escludere dal carico biscotti, miele e marmellata: alimenti giudicati "troppo energetici" per donne e bambini. Una decisione che contrasta apertamente con le linee guida internazionali – comprese quelle della FAO – che indicano proprio zuccheri e carboidrati come elementi fondamentali nei contesti di carestia e denutrizione; linee guida, che sarebbero note e condivise da tempo, anche dai governi occidentali.
Durante la sua recente audizione alle Camere, il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva ribadito l'impegno dell'Italia nel piano Food for Gaza, che prevede corridoi umanitari e finanziamenti. Ma di questa spedizione non aveva fatto menzione. In risposta, Music for Peace aveva chiarito che la propria iniziativa è del tutto autonoma rispetto al progetto governativo e che, nonostante le numerose richieste di chiarimento, dalle istituzioni non era mai arrivata alcuna risposta concreta. L'organizzazione aveva poi anche precisato che gli aiuti sarebbero partiti solo a condizione di poter giungere integri a destinazione, senza tagli né modifiche, e con la presenza dei propri rappresentanti sul posto, per garantire trasparenza e correttezza nella distribuzione.
Il blocco degli aiuti e la crisi umanitaria a Gaza
Nel frattempo, gli aiuti umanitari continuano a restare bloccati: quelli essenziali – acqua, cibo, medicinali – che dovrebbero passare anche in tempo di guerra o sotto occupazione militare, non arrivano. Israele, nonostante abbia violato appena pochi giorni fa il cessate il fuoco, ha annunciato la ripresa della tregua e la riapertura parziale di alcuni valichi, ma la realtà sul campo racconta altro: prima del 7 ottobre 2023 entravano a Gaza circa cinquecento camion di aiuti al giorno; oggi, dall'inizio della tregua, ne sono passati meno di mille in totale; una quantità che copre appena quarantotto ore di necessità per oltre due milioni di persone. I valichi di Kisufim e Karem Shalom sono stati riaperti solo per pochi camion delle Nazioni Unite e per qualche carico commerciale, mentre le ONG, che prima garantivano la maggior parte dei rifornimenti, restano ancora fuori da ogni meccanismo di accesso. Quello previsto dalla Risoluzione 2720 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che avrebbe dovuto regolare la distribuzione degli aiuti, non è, insomma, mai stato realmente attivato.
Per questo, Music for Peace invita cittadini, associazioni e giornalisti a mobilitarsi, per chiedere con forza risposte chiare e trasparenza dal Governo. Perché quei container possano finalmente lasciare il porto e arrivare a chi li aspetta, senza altri ostacoli o rinvii.