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Migranti, Tajani: “Le Ong rispettino le regole, per fermare migrazioni servono investimenti europei”

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani è tornato a parlare di migrazioni: le navi delle Ong devono “rispettare le regole”, ha detto. Il problema più importante, però, è che l’Europa intervenga in Africa, dove la popolazione aumenterà nei prossimi anni. “Altrimenti non fermeremo i flussi, come i romani con le invasioni barbariche”.
A cura di Luca Pons
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"Il porto più sicuro non è per forza sempre quello italiano. Magari c'è un porto tunisino, o di un altro Paese". Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio, è intervenuto così nel dibattito che si sta svolgendo sulla gestione degli sbarchi di navi Ong che soccorrono migranti nel Mediterraneo.

A Dritto e rovescio, su Rete4, Tajani ha affermato che "nell'Unione europea si sono tutti resi conto che è necessaria l'Europa, non questo o quel Paese. Hanno capito tuti che serve un azione europea, ma dall'avere compreso all'agire c'è da lavorare molto". Ha confermato, così, la linea del governo che chiede un intervento dell'Ue nell'accoglienza delle persone migranti che arrivano dal Nord Africa.

Per quanto riguarda in particolare le Ong che agiscono nel Mediterraneo, per il ministro queste "devono rispettare le regole. C'è un codice di condotta che va applicato e rispettato". In realtà, diversi esperti hanno chiarito che le navi delle Ong rispettano il diritto internazionale, mentre è proprio il governo Meloni ad aver violato diverse normative del diritto del mare. Negli scorsi giorni anche il ministero dell'Interno, guidato da Matteo Piantedosi, ha parlato di un codice di condotta da imporre alle organizzazioni non governative, anche se al suo interno ci sono molte cose che non tornano.

Il problema è di più ampia portata, comunque. Il ministro degli Esteri ha affermato che "nel 2050 ci saranno 3 miliardi di africani" e quindi "dobbiamo cooperare in Africa per far crescere quel continente", altrimenti "non riusciremo a fermare i flussi migratori". Per intervenire servirebbero "100 miliardi di euro" da parte europea, da investire con una strategia. Per chiarire il tipo di intervento che ha in mente, il ministro ha affermato che l'Europa deve "anche lavorare in Libia, dove purtroppo non ci sono regole. Abbiamo proposto di fornire alcune motovedette, c'è un po' di ritardo".

Tajani ha poi detto che, senza un'attenzione da parte europea e con l'aumentare della popolazione nel continente, l'arrivo dei migranti soccorsi in mare in Italia potrebbe diventare come le invasioni di barbari che contribuirono a far crollare l'impero romano: "Se perdiamo di vista quello che accade in Africa commettiamo un gravissimo errore, poi non riusciremo a fermare i flussi, come i romani non riuscirono a fermare le invasioni barbariche".

Negli ultimi incontri internazionali, ha detto il ministro, l'Italia ha "posto un problema al tavolo europeo: la questione dell'immigrazione va risolta a breve, medio e lungo periodo e lo può fare soltanto l'Europa". E per quanto riguarda lo scontro diplomatico che c'è stato con la Francia, Tajani ha fatto un passo indietro: "Non stiamo ponendo un problema a questo o quel Paese, alla Francia o alla Germania; abbiamo solo detto che bisogna affrontare insieme due grandi questioni: i flussi attraverso la Libia e il Mediterraneo e quelli che attraversano i Balcani".

Di Ong e migrazioni, Tajani ha parlato anche in un'intervista con La Stampa, dove ha detto che "il trattato di Dublino appare superato" e quindi l'Unione europea dovrebbe trovare "in fretta nuove regole, per coniugare accoglienza e difesa dei confini europei".

Per quanto riguarda i Balcani, un'altra area da cui passano molte delle persone migranti che arrivano in Italia, martedì Tajani sarà in Kosovo e in Serbia per "dare una presenza fisica del governo, per dire che l'Italia c'è e può svolgere un ruolo di pacificazione". La stabilità di quell'area è "fondamentale" e "la presenza dei nostri militari è uno strumento di politica estera", ha detto il ministro degli Esteri, che sarà accompagnato da Guido Crosetto, ministro della Difesa.

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