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Migranti, l’appello alla Guardia Costiera: “Continui a salvare vite, non deleghi ai libici”

Mentre continua lo stallo per la nave della Lifeline, parte una mobilitazione dal basso con un mail-bombing per chiedere alla Guardia Costiera italiana di non “porre fine alle sue missioni, contravvenendo non solo alla Convenzione Sar ma anche al senso più alto del proprio mandato: salvare vite umane” .
A cura di Redazione
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Mentre continua l'odissea della Lifeline, l'ONG cui né Malta né l'Italia concedono di approdare in porto e mettere in salvo centinaia di migranti recuperati in area SAR libica, c'è anche chi decide di mobilitarsi per chiedere che la nostra Guardia Costiera continui a operare come fatto in tutti questi mesi, non solo fornendo assistenza ai barconi in difficoltà, ma anche cooperando con le organizzazioni non governative. È così partito un appello, rilanciato da diverse associazioni, inviato via mail alla Guardia Costiera italiana, in cui si ripercorrono le vicende di questi giorni e si sottolinea come sia un grave errore delegare il lavoro di search and rescue esclusivamente alla Guardia Costiera libica e al comando di Tripoli.

Ecco il testo dell'appello, oggetto ora di un mail-bombing alla casella postale della Guardia Costiera italiana:

Al Comando Generale delle Capitanerie di Porto ed alla loro coscienza

OGGETTO: RICHIESTA DI IMMEDIATO RIPRISTINO DELLE OPERAZIONI DI SOCCORSO IN MARE NEI RIGUARDI DELLE NAVI ONG

Apprendiamo che la Guardia Costiera italiana ha, nella giornata di venerdì 22 giugno, diffuso una nota, rivolta ai comandanti delle imbarcazioni che si trovano nella zona antistante la Libia, in cui si precisa di “rivolgersi al Centro di Tripoli ed alla Guardia costiera libica per richiedere soccorso”.

La Guardia Costiera italiana ha sempre svolto in questi anni importanti operazioni di soccorso in mare portando in salvo migliaia di persone, operando anche al limite delle acque libiche. Ci chiediamo perché oggi delegando alla Libia, Paese con Governo instabile, non in grado di garantire i diritti fondamentali dell’uomo e ancora priva di una Centrale operativa nazionale di coordinamento degli interventi di soccorso in mare, il vostro Corpo, pur eseguendo un comando, intenda vanificare l’importante operato fin qui svolto e contravvenire alla Convenzione Sar siglata ad Amburgo nel 1979 ed alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) del 1982.
Tutto ciò dinanzi, peraltro, ad una Guardia Costiera Libica su cui pesano pesanti accuse di “condotte violente durante le intercettazioni in mare e collusione con i trafficanti”, come evidenziato da un recente Rapporto di Amnesty International. Su questa stessa Guardia costiera sono in corso indagini da parte del Tribunale penale internazionale

Inoltre, il Tribunale di Ragusa nel caso Open Arms, ha precisato che le responsabilità di ricerca e soccorso non possono essere delegate a Paesi che non sono in grado di offrire porti sicuri, come appunto la Libia. Le operazioni di soccorso si devono concludere in un porto sicuro nel più breve tempo possibile, sempre in rispetto della Convenzione SAR.

Ricordiamo, infine, che in base ai dati forniti dall’UNHCR sono già più di mille i migranti morti nel mediterraneo, di cui ben 220 persone tra il 19 ed il 20 giugno. Morti che continueranno purtroppo ad aumentare se la nostra Guardia Costiera porrà fine alle sue missioni, contravvenendo non solo alla Convenzione Sar ma anche al senso più alto del proprio mandato: salvare vite umane.

Facciamo appello al rispetto delle Convenzioni di diritto del mare, ma anche al profondo senso di umanità che ha sempre contraddistinto la Guardia Costiera Italiana: non si esima ora dalla salvaguardia delle persone, nel rispetto delle Convenzioni internazionali di diritto del mare e a garanzia dei diritti fondamentali dell’uomo.

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