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Migranti, 18mila i minori soli: in Italia un terzo delle richieste d’asilo di tutta l’Ue

L’Atlante di Save The Children fotografa una situazione critica. Sono 18.300 i minori soli, più di un quarto risulta “irreperibile”, mentre il resto vive soprattutto in strutture di prima e seconda accoglienza dove l’integrazione risulta difficile. Un fallimento la relocation in altri paesi europei: solo 222 i ricollocati.
A cura di Giorgio Tabani
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Sono 18.300 i minori soli censiti nel sistema di accoglienza italiano alla fine dell'anno scorso. Quasi la metà è in Sicilia (43%) e appena il 3,1% risulta in affido familiare (vive, cioè, in famiglia), una prassi diffusa soprattutto al centro-nord, mentre 9 su 10 restano in strutture di prima e seconda accoglienza. Nel 2017 in Italia le richieste d'asilo dei minori stranieri non accompagnati sono state 9.945, il 31,3% di tutte le domande presentate in Europa, con un aumento del 65% rispetto all'anno precedente, in controtendenza rispetto al resto del continente dove sono pressoché dimezzate. Un dato allarmante, seppur in calo rispetto al 2016, è quello dei cosiddetti "irreperibili", 5.828 ragazzi e ragazze allontanatisi dalle strutture che li ospitavano e che, nel tentativo di lasciare l'Italia per altri paesi europei, si ritrovano a vivere senza protezione e assistenza, esposti a isolamento e pericoli.

L'Atlante dei minori stranieri non accompagnati – Crescere lontano da casa” di Save the Children racconta, nella sua seconda edizione presentata a pochi giorni dalla Giornata Mondiale del Rifugiato, la situazione del nostro Paese rispetto ad accoglienza e integrazione di questa categoria vulnerabile di migranti. Si consideri che i minori sotto i 14 anni sono 1.229, pari al 6,7% del totale, e 116 hanno meno di 6 anni. Le ragazze, che rappresentano il 6,8% del totale dei minori presenti, provengono per il 60% da soli due Paesi, Nigeria ed Eritrea, e sono esposte al rischio di tratta e violenza sessuale. “Da tempo denunciamo ripetutamente le condizioni di vulnerabilità di questi bambini e adolescenti, raccogliendo nei porti di sbarco le loro terribili testimonianze sulle violenze compiute dai trafficanti lungo tutto il percorso e la permanenza in Libia” dichiara Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro.

L'integrazione nel nuovo contesto nazionale rappresenta un aspetto essenziale della loro situazione. Quasi 3.000 minori hanno potuto frequentare un corso di lingua italiana ma solo la metà termina il percorso formativo con il conseguimento di una certificazione riconosciuta. Ancora più complessa la situazione relativa all’accesso al sistema scolastico. I ragazzi e le ragazze con più di quindici anni, che sono la maggioranza, sono di norma iscritti ai C.P.I.A. (Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti), ambienti frequentati anche da adulti, spesso inadatti alla loro età e, soprattutto, risultano separati dai loro coetanei e dal contesto scolastico ordinario.

Il meccanismo di relocation, il programma per la redistribuzione di richiedenti asilo, avrebbe dovuto garantire a loro un accesso privilegiato, in quanto categoria in evidente necessità di protezione internazionale, ma "al 7 marzo 2018 risultano essere stati ricollocati dall’Italia 222 minori soli, di cui 174 già trasferiti in altri paesi europei e altri 48 in attesa di trasferimento", un dato risibile rispetto agli oltre 40.000 minori soli giunti negli ultimi due anni in Italia.

"Il 51% dei rifugiati nel mondo è costituito da minorenni: più di 11 milioni di ragazzi e ragazze, soli o con le proprie famiglie, costretti a vivere in strutture di accoglienza di emergenza", evidenzia Valerio Neri, e quelli giunti in Italia "rappresentano una piccolissima parte di questi milioni di minorenni che, nel mondo, hanno deciso di lasciare il proprio villaggio e la propria città per trovare condizioni di vita migliori in altri paesi, spesso della stessa regione. Per loro le possibilità legali sono di difficilissimo accesso e per questo si affidano ai trafficanti che li trattano come merci e con i quali loro e le loro famiglie si indebitano fino al costo della vita. Per molti di loro la decisione di partire e rischiare la vita è una scelta obbligata”.

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