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Opinioni

Meno male che i giovani hanno voglia di protestare (anche quando li manganellano)

Milano, Torino, Roma, Napoli: ieri hanno manganellato una generazione perché ha osato ricordare agli adulti che la morte di Lorenzo Parelli è inaccettabile.
A cura di Saverio Tommasi
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Manifestazione a Milano in ricordo di Lorenzo Parelli
Manifestazione a Milano in ricordo di Lorenzo Parelli

Milano, Torino, Roma, Napoli, ieri sono volati i manganelli. Che poi sarebbe più corretto dire "sono stati scagliati", perché i manganelli non volano, hanno invece bisogno di mani pesanti che dall'alto verso il basso scendano a una velocità tale da produrre un'efficacia nell'impatto che si valuta poi la sera in ospedale dalle teste aperte e dalle grida provocate.
Da questo punto di vista, possiamo dire che ieri i manganelli nelle piazze sono stati "efficaci".

Manganellare è sempre la risposta più facile. E come tutte le risposte più facili, però, è anche quella sbagliata.

Ieri migliaia di ragazze e di ragazzi sono scesi in piazza per dire una cosa semplice: "Gli studenti non devono morire di lavoro. Nessuno deve morire di lavoro". Mi sembra una rivendicazione semplice, quasi banale, più un punto di partenza per una piattaforma che una gran rivoluzione, ma questo chiedevano: "Basta morti sul lavoro e basta studenti sfruttati in azienda".

Facciamo un passo indietro: Lorenzo Parelli è morto qualche giorno fa, aveva 18 anni anni ed era di Udine. Una sbarra d'acciaio in testa l'ultimo giorno del suo stage gli ha impedito di diplomarsi, di vedere Vasco Rossi a giugno e di trovare una fidanzata. E' morto così, con la testa aperta in azienda.
Per questo migliaia di ragazze e di ragazzi ieri sono scesi in piazza: per ricordarlo. E non lo scorderanno davvero, perché come premio per la loro Memoria hanno ricevuto manganellate, spinte e incomprensione mediatica.

Giovani così vanno accarezzati, non manganellati. Ascoltati, non spinti in un angolo. Comprese le loro istanze, che poi dovrebbero essere già le nostre, e non infangate con titoli tipo "centri sociali". Ma quali centri sociali? Ieri in piazza c'erano coloro che hanno compreso che per difendere se stessi si parte difendendo gli altri.

Siano benedetti i ragazzi che manifestano, che si alzano in piedi, che non ci stanno, che riconoscono se stessi in Lorenzo Parelli, 18 anni, morto per un tubo d'acciaio caduto non esattamente dal cielo.

Siano benedette le ragazze e i ragazzi che invece di fare shopping fanno assemblea, e magari lo shopping lo fanno dopo, o domani.
Siano benedette le ragazze scapigliate e scontrose con il potere, con il mondo degli adulti e con certe idee come "è sempre andata così" oppure "ai miei tempi era peggiore, di cosa ti lamenti?".
Siano benedetti i giovani che non ci stanno, quelli che protestano, che urlano emozionati nei megafoni sputacchiando pure un po', e chi se ne frega se l'imbarazzo dell'età o della folla li porta a due slogan in più e a un discorso ragionato in meno. Hanno comunque ragione loro, sempre.

Voi dove eravate a sedici anni?
Siete mai stati in piazza? Potete provare a capire, e infilarvi il dito lordato di giudizio nella tasca dei vostri pantaloni?

Siano benedetti i ragazzi che invece del pallone scelgono lo striscione, e magari il pallone due ore dopo. Che però mica tutti hanno potuto, qualcuno ieri è dovuto andare in ospedale a farsi curare le manganellate sopra la propria testa pensante.
Infatti chi ieri ha ricevuto una manganellata in testa l'ha avuta perché quella testa la usa, e perché le teste in movimento disturbano sempre gli apatici e gli amanti dello status quo: per questo poi vengono usate come bersagli.

Benedette siano le teste che pensando disturbano le manovre, le manovrine e i fagotti di soldi che lo Stato risparmia delegando la formazione scolastica a un'azienda privata.

Lorenzo Parelli
Lorenzo Parelli

Ho orrore dell'abuso di forza, ma ho così rispetto per i poliziotti, per i carabinieri, per tutte le forze dell'ordine, che lo dico come lo direi a un fratello, senza nessun giro di parole: i vostri manganelli hanno rotto la democrazia.
E sono convinto che tanti di voi la pensino come me, e il venerdì sera che avete passato ieri, tornando a casa o in famiglia, sia stato pessimo. Vi immagino – poliziotti – cenare la sera con broccoletti o pasta al ragù, allo stesso tavolo con un ragazzino di quindici anni identico a quello che avete mandato all'ospedale tre ore prima, solo che quello è vostro figlio. E sapete come me, che qualcosa non quadra. Lo stesso ragazzino e figlio che domani potrebbe finire ammazzato con un tubo in testa durante un incidente sul lavoro durante uno stage in fabbrica, lo stesso per cui oggi i suoi compagni di scuola – o magari anche lui – sono scesi in piazza.

Poliziotti, siete pagati per capire la situazione. Siete pagati per disinnescare eventuali micce, non per portare il fiammifero. Siete pagati per proteggere il diritto a manifestare. Siete pagati per far rispettare le regole all'interno di uno Stato democratico, non gli ordini dispotici di un regolamento bis di un piccolo re locale.

I vostri sono scudi sempre a difesa di qualcuno che se ne sta comodo da un'altra parte, non certo scudi per difendere i vostri corpi, che non sono mai stati (giustamente) attaccati.
Pensateci: scudi per impedire una manifestazione perché nella carta bollata era scritto "presidio". Ma che scusa è mai questa?
Che senso ha usare uno scudo per riparare il braccio che manganella?

Una passeggiata democratica in Memoria di un ragazzo di 18 anni morto sul lavoro, in fondo manifestavano anche per voi, no?

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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