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Manovra, Salvini vuole 5 miliardi di euro dalle banche, Tajani lo attacca: “È una tassa da Unione Sovietica”

La proposta della Lega di introdurre un contributo da 5 miliardi sugli extraprofitti delle banche scatena lo scontro con Forza Italia. Tajani: “Idea sovietica, nessuna tassa se siamo al governo”.
A cura di Francesca Moriero
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È partita dalla Lega l'ultima proposta destinata a far discutere all'interno della coalizione di governo: in vista della prossima legge di bilancio, il partito guidato da Matteo Salvini ha avanzato l'ipotesi di chiedere un contributo straordinario di 5 miliardi di euro alle principali banche italiane. L'obiettivo dichiarato sarebbe quello di destinare queste risorse a misure di sostegno per famiglie, artigiani, commercianti e imprese in difficoltà. A costruire tecnicamente la proposta è stato il gruppo economico del Carroccio, che ha lavorato su una possibile rimodulazione fiscale ispirata – secondo quanto riferito – a modelli già adottati in altri Paesi europei. Il fulcro del piano riguarderebbe la tassazione di quelli che la Lega definisce "extraprofitti", ovvero i margini eccezionalmente elevati accumulati dagli istituti di credito negli ultimi anni, in particolare grazie alla crescita dei tassi di interesse. Per Salvini si tratta di un intervento equo e sostenibile, mirato a coinvolgere chi ha beneficiato di condizioni favorevoli per rafforzare il sostegno pubblico all’economia reale. "Non si tratta di punire nessuno – ha spiegato il ministro – ma di chiedere uno sforzo a chi può permetterselo, per aiutare chi è in difficoltà".

Lo scontro con Forza Italia: "Mai tasse su extraprofitti, è una deriva pericolosa"

La reazione di Forza Italia è stata però immediata e durissima: dal palco della festa del partito a Telese Terme, il leader azzurro e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha infatti bocciato senza mezzi termini la proposta leghista, accusando gli alleati di voler introdurre un'impostazione economica "da Unione Sovietica".

"Minacciare tasse sugli extraprofitti non serve a niente – ha dichiarato Tajani –. Finché Forza Italia farà parte del governo, non ci sarà alcuna tassa del genere. Questo lo dico con chiarezza. Il concetto stesso di extraprofitti non ha una base giuridica chiara: devono spiegarmi cos’è, esattamente. Le banche devono fare il loro dovere, certo, ma non sono una vacca da mungere ogni volta che servono soldi".

Tajani ha anche voluto lanciare una frecciata indiretta ad altre proposte sul tavolo: "Invece di pensare a rottamare le cartelle esattoriali per 5 miliardi – misura che manda il messaggio sbagliato a chi ha sempre pagato – quei soldi andrebbero destinati alla sanità, che ha bisogno urgente di risorse".

Il ruolo del governo: Meloni temporeggia, Giorgetti media

Il gelo tra Lega e Forza Italia rischia così di creare nuovi problemi a Palazzo Chigi, in un momento già complicato per la definizione della prossima manovra; la presidente del Consiglio Giorgia Meloni per ora ha adottato una linea attendista; si è infatti limitata a dire che la proposta "può essere discussa", ma non ha preso posizione né a favore né contro. Nel frattempo, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – anch’egli esponente della Lega – ha cercato di raffreddare i toni, ma aveva già aperto il dibattito nei giorni scorsi parlando della necessità di un "contributo ragionevole" da parte del sistema bancario per finanziare una nuova rottamazione delle cartelle fiscali. Un’uscita che aveva già sollevato malumori nel settore creditizio.

La reazione delle banche: "Non siamo un bancomat"

L'Associazione Bancaria Italiana (Abi) ha risposto con fermezza alle ipotesi di nuove imposte straordinarie: il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, ha infatti detto chiaramente che le banche "non godono di rendite di posizione" e che la narrazione degli extraprofitti rischia di essere fuorviante. Durante una lectio all'Università Link di Roma, Patuelli ha sottolineato che il sistema bancario ha già dato un contributo importante alla stabilità economica, e che nuovi interventi fiscali rischiano di creare sfiducia tra gli investitori e instabilità nei mercati.

Il dibattito sull'eventuale prelievo bancario insomma rivela profonde divergenze ideologiche all'interno della maggioranza. Da un lato, la Lega spinge per misure redistributive che possano avere impatto immediato sul consenso sociale. Dall'altro, Forza Italia resta ancorata a una visione liberale dell’economia, contraria a ogni intervento statale invasivo. La premier Meloni si trova dunque stretta tra due alleati che, in vista della legge di bilancio, potrebbero complicare ulteriormente il percorso parlamentare di una manovra che si preannuncia già difficile. La questione dei rapporti con le banche, oltre che economica, rischia di diventare anche politica. E di pesare sugli equilibri del governo nei prossimi mesi.

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