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Guerra in Ucraina

Magi a Fanpage: “Dubbi su missione russa in Italia, Conte ha responsabilità gravi. Copasir indaghi”

Il presidente di +Europa Riccardo Magi, in un’intervista a Fanpage.it, chiede che si accertino eventuali responsabilità politiche e chiede un nuovo approfondimento nelle sedi istituzionali sulla missione russa del 2020, su cui sono emersi elementi da chiarire: “Sconcertante la vaghezza dell’operazione, rischi per la sicurezza nazionale”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Nella prima fase della pandemia, quando l'Italia venne investita dall'emergenza coronavirus, il governo Conte chiese aiuto a Vladimir Putin, affinché inviasse aiuti. È questa la genesi della missione ‘Dalla Russia con amore', che iniziò il 22 marzo 2020, quando arrivò a Pratica di Mare un contingente militare russo, composto da 104 unità, di cui 32 operatori sanitari, 52 bonificatori e personale di assistenza e di interpretazione linguistica. Nel team medico c'erano anestesisti, pneumologi, infermieri di area critica ed epidemiologi, come confermato a Fanpage.it dall'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Ma si trattava di una parte esigua, rispetto al numero di militari che componevano il gruppo. Poco dopo l'avvio della spedizione il deputato Riccardo Magi presentò un'interpellanza al governo Conte, per conoscere i contorni della missione e capire in che modo fosse stata concordata. Magi in particolare sottolineava la "vaghezza" dell'operazione. La risposta dell'esecutivo arrivò mesi dopo, tramite la viceministra degli Esteri Del Re, ma non venne ritenuta esaustiva.

Sulla vicenda restano ancora alcuni punti da chiarire, alla luce soprattutto di un recente articolo, pubblicato il 31 marzo sul Corriere della Sera, a firma di Francesco Verderami, in cui "Fonti qualificate della Difesa e dell'intelligence rivelano che nel marzo del 2020 è stata evitata un'azione di spionaggio da parte di Mosca, i cui obiettivi erano le basi dell'aeronautica militare di Ghedi in Lombardia e di Amendola in Puglia". Ricostruzioni che fino ad ora non sono state smentite da nessuno. Ne abbiamo parlato con l'onorevole Magi, presidente di +Europa.

Dopo l'interrogazione al ministro Speranza e l'audizione di Conte al Copasir di pochi giorni fa, cosa non torna ancora di quella missione russa?

Da subito noi avevamo sollevato la necessità di una maggior chiarezza e trasparenza sulla missione, e lo avevamo fatto con un'interrogazione al governo che avevo depositato il 1 aprile del 2020, cioè nella prima fase della pandemia e all'inizio della missione ‘Dalla Russia con amore'. Ci sembrava preoccupante che una missione che aveva come partner la Russia, che è notoriamente un regime autocratico, al di là delle azioni che Mosca ha messo in atto con l'invasione dell'Ucraina. C'erano già allora tutti gli elementi per essere diffidenti, perché ci sembrava evidente che la missione fosse stata organizzata con leggerezza. Questi aerei arrivarono nel nostro Paese con tanto di adesivo propagandistico, con il nome tratto dalla saga di 007 ‘Dalla Russia con amore', con un riferimento che non si capiva se voleva essere sarcastico, accolti dal ministro Di Maio nell'aeroporto di Pratica di Mare. Noi abbiamo subito chiesto con quali modalità fosse stata programmata questa missione, quali fossero le finalità, chi fossero le persone arrivate, quali fossero le loro mansioni. Ritenevamo essenziale insomma che ci fosse un minimo di rigore nell'autorizzare una missione del genere.

Quello che contestavate insomma era che tutto fosse stato organizzato in fretta, con una semplice telefonata?

Bisogna contestualizzare la vicenda, in quel momento vivevamo tutti una grande paura e preoccupazione per l'emergenza sanitaria. Tanto che ricordo che questa nostra interrogazione venne ricevuta con un certo fastidio, sembrava che potesse creare imbarazzo al nostro governo nei rapporti con un governo amico. In realtà già all'epoca uscirono articoli, come quelli del giornalista de La Stampa Iacoboni, ma anche dichiarazioni di esponenti dei vertici militari italiani, come il generale Bertolini, ex comandante del Comando operativo interforze e della Brigata Folgore, che io citavo nell'interrogazione, il quale aveva detto che è vero che gli aiuti non si rifiutano, ‘però bisogna stare molto attenti, il Mediterraneo, sia orientale che centrale, è un terreno di lotta per l'egemonia, dalla Siria alla Libia. Bisogna evitare che una crisi di carattere sanitario diventi una vicenda politico-militare', aggiungendo poi che bisognava mettere dei paletti. Le modalità verbali e un po' pressapochiste con cui la missione era stata impostata furono confermate nella risposta che ricevemmo alla nostra interrogazione.

Qual era il contenuto della risposta della viceministra Del Re?

La risposta arrivò nel mese di ottobre dello stesso anno, e sostanzialmente confermava che a seguito dell'aggravarsi dell'emergenza Covid, con un colloquio tra il presidente Conte e il presidente Putin, e successivamente tra i ministri della Difesa, era stato convenuto l'invio in Italia di materiale e personale sanitario. È abbastanza impressionante che gli aiuti arrivarono a meno di 24 ore dal contatto telefonico, avvenuto il 21 marzo, a quanto risulta: il 22 marzo atterrarono i primi 9 aerei. Alla domanda che avevamo posto sulla tipologia di materiali e sul team giunse una risposta che merita ulteriori approfondimenti, perché il contingente russo era composto da 104 unità di cui solo 32 erano operatori sanitari, cioè meno di un terzo. Le dotazioni erano quantitativamente modeste: poco più di 520mila mascherine, 30 ventilatori polmonari, 1000 tute protettive, 2 macchine per analisi di tamponi, 10mila tamponi veloci e 100mila tamponi ordinari. Materiale sicuramente utile in quel momento, ma che non avrebbe potuto segnare una svolta. Fa un po' sorridere parlare di 520mila mascherine per 60 milioni di abitanti. I dubbi già c'erano all'epoca, e tutto quello che abbiamo saputo successivamente ci ha dato ragione.

Si riferisce all'interesse manifestato dai russi per le basi dell'aeronautica militare di Ghedi in Lombardia e di Amendola in Puglia?

Sì, quelle rivelazioni sono sconcertanti. Si parla di ‘Fonti qualificate della Difesa e dell'intelligence rivelano che nel marzo del 2020 è stata evitata un'azione di spionaggio da parte di Mosca'. L'obiettivo erano le basi dell'aeronautica militare di Ghedi in Lombardia e di Amendola in Puglia che il contingente russo tentò di raggiungere. Questo sta emergendo solo ora, due anni dopo. Il generale Enzo Vecciarelli, che allora era Capo di Stato Maggiore della Difesa, ha denunciato i tentativi da parte dei russi di acquisire informazioni indebitamente, un'azione che è stata contenuta ed evitata dalle Forze armate italiane. Questo aumenta la necessità che ci sia un approfondimento nelle sedi istituzionali.

Il Copasir, dopo l'audizione di Conte, ha detto che la missione aveva sicuramente un fine di propaganda, aggiungendo però di non poter verificare se le misure predisposte siano state adeguate a garantire la sicurezza nazionale. Va fatta un'ulteriore indagine?

Le notizie pubblicate dal Corriere della sera sono uscite dopo l'audizione di Conte al Copasir, di cui comunque non conosciamo il contenuto. È opportuno quindi un chiarimento e una nuova indagine, per capire se sono state commesse delle leggerezze dalla Presidenza del Consiglio. Perché una missione di tale delicatezza, che coinvolgeva un Paese in cui gli oppositori politici spariscono o vengono uccisi, nel quale c'è un autocrate al potere da vent'anni, deve essere organizzata in termini rigorosi, e non può essere decisa telefonicamente. C'è da comprendere se ci sia stata della superficialità, o se, peggio, tutto sia svolto consapevolmente. In ogni caso ci sono delle responsabilità politiche gravi.

Il leader del M5s dice però che si rischia di "leggere la storia con il senno di poi". 

Non so se c'è qualcuno che ora vuole rileggere le cose, noi possiamo dire di averle lette sempre con la stessa lente, con gli stressi criteri di valutazione politica. Ci sembrava già preoccupante all'epoca, la missione presentava già dei profili critici mentre era in corso. Siamo stati gli unici a lanciare un allarme che bisognava prendere considerazione, nonostante la comprensibile emotività del momento, senza dimenticare chi fosse l'interlocutore russo e i profili di sicurezza nazionale. C'è stato, come si è appreso successivamente, una sorta di braccio di ferro quotidiano, tra il contingente russo e i militari italiani, per definire le modalità d'azione. Tutto questo ha dell'incredibile, ed è accaduto perché le modalità non sono state ben definite all'inizio. È chiaro che ora ci sia la tendenza a ritenere chiusa la questione, da parte di Conte, che è l'anello debole, perché era quello che in quel momento aveva la maggiore responsabilità politica. È dalla sua iniziativa che ha preso avvio la spedizione. Bisogna capire se quella missione abbia creato delle difficoltà operative alla Difesa italiana, nel tutelare la sicurezza nazionale. Questo noi non lo sappiamo, ma dalle informazioni che sono emerse penso sia legittimo porsi la domanda.

È accettabile all'interno della maggioranza che la Lega si chieda come sia stata determinata l'espulsione dei 30 diplomatici dall'Italia?

Credo che la Lega sia in enorme difficoltà e in imbarazzo in questo momento, e annaspi all'interno delle proprie contraddizioni. Perché nell'ambito di questa fascinazione verso Putin e verso la Russia che c'è stata nel nostro Paese la Lega è stata probabilmente la forza politica più coinvolta. Questo dubbio posto sull'espulsione dei diplomatici è sintomo di un enorme sbandamento in politica estera. Salvini balbetta, ma dimentica che pochi giorni fa l'ambasciatore russo Razov ha presentato un esposto a Piazzale Clodio contro un giornalista italiano, dimostrando come a un certo punto nei regimi dittatoriali dalla tragedia a un certo punto affiori la farsa: Razov ha provato a utilizzare gli strumenti del diritto italiano, ritenendosi danneggiato dalle parole scritte da un quotidiano italiano, addirittura ritenendo leso il suo Paese, quando in Russia, da quando Putin è al potere, sono stati uccisi 31 giornalisti.

Draghi non ha chiarito quale sia la posizione dell'Italia davanti all'ipotesi dell'embargo del gas russo, si è limitato a dire che seguiremo l'Europa. 

Draghi ha confermato di aver avuto un ruolo di promotore nel primo pacchetto di sanzioni nei confronti delle banche russe. Ha detto che ogni iniziativa deve essere presa in modo unitario all'interno dell'Ue. Noi come +Europa abbiamo appena lanciato una campagna di ‘deputinizzazione' dell'Italia, per sganciarci dal gas russo e sbloccare le rinnovabili. La nostra posizione all'interno della maggioranza è chiara. Spero che questa diventi il prima possibile un'azione condivisa, nel nostro Paese e all'interno dell'Unione europea. Alla fine non vediamo un'altra alternativa.

Ha trovato semplicistico il modo in cui Draghi ha trattato la questione del gas russo, il dilemma tra la pace il condizionatore?

Sicuramente la questione è più complessa. Possiamo chiederci se da un punto di vista comunicativo quell'immagine sia stata fortunata e aiuti davvero i cittadini a comprendere meglio la situazione. Secondo me un messaggio chiaro lo dà: con una crisi internazionale e una guerra in corso, così sanguinosa e così vicina a noi, bisogna entrare nell'ottica che bisogna fare dei sacrifici e che ci saranno dei cambiamenti anche nella nostra vita quotidiana.

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