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L’intervista di Amendola a Fanpage.it: “Da pandemia potrebbe iniziare costruzione di un’Ue diversa”

“Eppur si muove”: con queste parole il ministro per gli Affari Ue, Enzo Amendola, parla della proposta avanzata da Francia e Germania su un fondo da 500 miliardi per affrontare l’emergenza Coronavirus. Intervistato da Fanpage.it, Amendola spiega: “Se si trovasse un accordo potremmo dire che da queste giornate tragiche per la pandemia si siano lanciati dei mattoncini per costruire un’Europa diversa”.
A cura di Stefano Rizzuti
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La proposta avanzata da Francia e Germania, con un fondo da 500 miliardi comune per l’Unione europea, potrebbe rappresentare una svolta storica per la coesione tra Stati. Quella di ieri potrebbe essere una “giornata significativa” nel processo di unità europeo, secondo il ministro per gli Affari Ue, Enzo Amendola. Che intervistato dal direttore di Fanpage.it, Francesco Piccinini, si sbilancia a dire che, se un accordo definitivo si dovesse trovare sul tema, “potremmo dire che da queste giornate tragiche per la pandemia si siano lanciati dei mattoncini per costruire un’Europa diversa”. “Eppur si muove”, afferma riferendosi a quanto sta avvenendo in Ue, una comunità che sta rispondendo presente “alla sfida della storia”: “Bisogna fare scelte importanti e ieri è arrivato un segnale positivo”. Dopo il fallimento dell’austerità applicata dopo la crisi economica, secondo Amendola, “questa volta sembra che la storia sta andando in una direzione diversa”.

La proposta franco-tedesca porterà alla nascita di un nuovo fondo comune?

Oggi abbiamo, dopo un mese di negoziati, delle scelte importanti della Commissione europea. La Bce sta lavorando con grande forza sui mercati e adesso toccava ai governi fare dei passi avanti. Ieri c’è stata una proposta tra Francia e Germania, noi abbiamo lavorato con la Francia e siamo contenti che anche la Germania accetta delle nuove strade comuni europee. Quali sono? La Commissione presenterà una proposta il 27, ma il patto di ieri si dice che allarga il consenso per costruire un fondo di miliardi di euro a fondo perduto. Da quell’incontro viene un passo in avanti. Cercheremo di chiudere a giugno tutti gli strumenti. Abbiamo già deciso un fondo da 100 miliardi per la disoccupazione, un fondo da 200 miliardi dalla Bei, adesso si aggiunge questo fondo. Eppur si muove è un buon titolo, perché ricordiamo molte divisioni ed errori in passato.

La Germania apre alla strada del debito condiviso: cosa vuol dire?

Nella storia dell’Europa si è sempre avuto difficoltà a ricorrere, per alcuni Paesi, ai bond, titoli di debito sul mercato. Ieri, con il documento franco-tedesco, anche la Germania ha detto sì, che la Commissione può andare sui mercati, chiedere prestiti, prendere questi soldi e utilizzarli per i costi comuni. L’altra novità è che gli Stati che avranno questi sussidi non ingrosseranno il loro debito pubblico, perché non sono prestiti. È un buon passo avanti. L’Europa sta reagendo, che è quello che molti cittadini delusi si aspettavano.

È come se l’Ue avesse emesso dei bot con cui rifinanziarsi?

Corretto, questa è la proposta. Ora la Commissione dovrà presentare la proposta ufficiale. Ma già il via libera della Germania è un segnale molto confortante. Ci stiamo incamminando sulla strada necessaria. Ma non lo dico per metterci una medaglia, ma perché dobbiamo essere all’altezza dei numeri dell’emergenza, tutti i leader europei lo devono essere. Quando ci si trova davanti alla sfida della storia, bisogna fare scelte importanti e ieri è arrivato un segnale positivo. Dieci anni fa, la passeggiata tra Sarkozy  e Merkel, quella dichiarazione rese l’Europa molto più debole. Subito dopo si scatenò una turbolenza finanziaria, per Grecia, Portogallo e la stessa Italia. Dieci anni dopo credo che siamo in un’altra storia.

L’Ue deve avere una sua sovranità tecnologica? Come si arriva a questo percorso?

La sovranità tecnologica non significa litigare con gli altri partner, ma investire su noi stessi. Si dice che in futuro il vero petrolio saranno i dati, quanto i gruppi riusciranno ad acquisirli. E ovviamente l’Europa è il mercato più importante. Noi dobbiamo rispondere in maniera seria e guardando ai livelli di concorrenza. Iniziando a introdurre una tassazione di chi fa profitti con questi gruppi che non hanno un prelievo fiscale comparabile agli introiti. E poi sviluppare le nostre capacità. Poi sulla rete siamo un Paese che produce cultura, informazione e questo deve essere protetto nella competizione con i grandi gruppi mondiali. Al Senato stiamo per recepire la direttiva sul copyright.

Sure, Recovery Fund, Bce: in quanto può essere stimato complessivamente per l’Italia il pacchetto europeo?

Non mi faccia dare numeri. Dopo aver definito il pacchetto per la disoccupazione, le linee di credito per la sanità, nelle prossime ore Gualtieri lavorerà anche per chiudere il fondo da 200 miliardi per gli investimenti e a giugno il Recovery Fund. Noi ci siamo dati un obiettivo: a marzo sul tavolo del negoziato non c’era niente, c’era solo il Mes del 2012. Decidemmo di creare strumenti nuovi e facendolo tuti insieme. Abbiamo adesso ipotesi differenti e come governo quando chiuderemo queste partite valuteremo quelli che si possono già usare, quelli da non usare, e come gestirli. Mi auguro che anche l’opposizione faccia parte di questo dibattito: avremo tanti soldi europei a fondo perduto, dobbiamo scegliere in che settori spenderli. In questa fase dobbiamo anche tenere molta coesione sociale, molti fondi devono essere utilizzati per aiutare la nostra società a essere unita, coesa, perché il rischio di nuove disuguaglianze non possiamo permettercelo.

L’austerità applicata con la crisi economica ha dimostrato di non essere la migliore forma di coesione europea?

Calcoli alla mano non fu una scelta coraggiosa. Dopo la crisi, fu una scelta di autoconservazione e di difesa. Questa volta sembra che la storia sta andando in una direzione diversa. Io mi ricordo quello che è successo in Grecia per anni, i governi che sono caduti in giro per l’Europa. Non è stato un esempio di solidarietà da trasmettere alle prossime generazioni.

Frontiere comuni, sanità comune, debito comune e anche fiscalità comune in Ue?

Se 27 Paesi hanno una politica fiscale comune, è evidente che anche il prelievo fiscale – cioè le tasse che si pagano – non dico che devono essere uguali, ma armonizzate. Non ci possono essere Paesi con un dumping fiscale enorme: questa è una delle riforme più necessarie da portare a termine e fa piacere che la Germania sia venuta su questa posizione. Ma è necessaria un’Europa unita, coesa, che significa anche che all’interno non ci può essere qualcuno che fa pagare meno tasse degli altri in maniera non concorrenziale. Sull’armonizzazione fiscale almeno un minimo si deve garantire per tutti.

Ci sono 4 Paesi contrari alla proposta franco-tedesca: se cadesse il loro veto e ci fosse un accordo, quella di ieri sarebbe una giornata storica, la data di inizio della vera eredità che l’Europa lascerà ai nostri figli?

Ieri può essere marcata come una giornata significativa. Nelle prossime settimane negozieremo. Da qui a fine mese continueremo a negoziare, l’Italia nei negoziati è sempre un elemento di creatività e di unità degli obiettivi. Me lo auguro. Perché non solo riusciremo a essere forti nella recessione economica per affrontarla tutti insieme, ma potremmo dire che da queste giornate tragiche per la pandemia abbia lanciato dei mattoncini per costruire un’Europa diversa. Perché anche prima del Covid l’abbiamo sempre detto che l’Europa doveva cambiare. Lavorando insieme si potrebbero fare scelte che prima non si sono mai fatte. L’Italia deve essere unita e mi auguro che anche l’opposizione possa gestire con noi questi processi.

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