Le televisioni devono parlare di più dei referendum su cittadinanza e lavoro: l’Agcom le richiama

Non era solo un'impressione di chi ha promosso i referendum dell'8 e 9 giugno, che nelle ultime settimane si è parecchio lamentati per l'apparente disinteresse di molti mezzi d'informazione: le tv e le radio non hanno parlato abbastanza del voto, e i cittadini non sono informati a sufficienza. Questo almeno è ciò che emerge dal richiamo che ha lanciato l'Agcom, o Autorità per le garanzie delle comunicazioni: un richiamo "alla Rai e a tutti i fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici operanti in ambito nazionale" per chiedergli di garantire "un'adeguata copertura informativa sui cinque temi oggetto dei referendum indetti per i giorni 8 e 9 giugno". Copertura che evidentemente, fino a oggi, adeguata non è stata.
L'Autorità ha spiegato in un comunicato che il richiamo ha l'obiettivo di "offrire ai cittadini un’informazione corretta, imparziale e completa sui quesiti referendari e sulle ragioni a sostegno delle opzioni di voto". Insomma, che si decida di votare Sì, votare No o anche non votare, la cosa fondamentale è che tutti sappiano per davvero di cosa si sta parlando, cosa c'è sul tavolo, quali sono gli argomenti dei referendum – uno sulla cittadinanza e quattro sul lavoro – e cosa può cambiare con il voto.
È il contrario di quanto ha sostenuto finora il centrodestra, i cui esponenti di punta – inclusi i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, ma anche il presidente del Senato Ignazio La Russa – hanno invitato a non votare senza entrare nel merito dei quesiti. L'unica a non aver preso apertamente posizione è Giorgia Meloni, ma la linea del suo partito è ben nota: astenersi per affondare il referendum non facendogli raggiungere il quorum.
Al momento, i sondaggi sembrerebbero dare ragione alla destra. Uno condotto da Ipsos riportava che sarebbe pronto a andare a votare solo tra il 32% e il 38% degli italiani. Un altro, realizzato da Swg, parla del 32-36%. Ma c'è un altro aspetto importante: secondo quest'ultimo sondaggio, solo il 54% degli italiani sanno che l'8 e il 9 giugno ci sarà un referendum. E solo uno su dieci sente di essere ben informato sulle materie su cui si voterà.
Questa è la speranza dei promotori del referendum: che spingendo sull'informazione – quando manca meno di un mese al voto – sempre più persone vengano a sapere del referendum. E così sempre più persone decidano di andare a votare. È possibile anche che la linea della maggioranza di governo, nettamente contraria al voto, si riveli controproducente e porti più persone a schierarsi. Insomma, anche se la strada è in salita non è escluso che il quorum si possa raggiungere. E a dare una mano ai promotori ci sarà anche, ora, il rischiamo dell'Agcom che ha chiesto alle televisioni di dare più attenzione al tema, per dare una "adeguata trattazione delle tematiche referendarie, allo scopo di garantire una informazione completa, imparziale e corretta sui quesiti".
Nel frattempo, le opposizioni – in particolare Pd, M5s e Avs – hanno deciso di unirsi alla Cgil nella protesta contro chi, governo in primis, ha promosso l'invito ad astenersi. "La maggioranza di governo ha aperto una campagna che intossica il dibattito pubblico", hanno scritto Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni in una nota congiunta. "L'invito ad astenersi e rimanere a casa mina la salute della nostra democrazia, già pesantemente provata da politiche liberticide e repressive promosse dal governo Meloni". Per questo, hanno detto i quattro, prenderanno parte all'iniziativa della Cgil in programma il 19 maggio a Roma, chiamata "Il voto è libertà".