Landini ha ragione, la ricchezza in Italia si è concentrata nelle mani di pochi

"Non è vero che il nostro Paese non ha soldi. Anzi, il problema è che si è concentrata la ricchezza in mano a pochi. E andare a prendere i soldi dove sono è la condizione per fare quegli investimenti che creano lavoro. È il modo per investire sulla sanità pubblica, sulla scuola. È il modo per fare quelle politiche industriali che noi non stiamo facendo, per recuperare quei ritardi tecnologici di investimenti che abbiamo". A parlare è Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, in un video pubblicato sui canali social del sindacato. Il messaggio è diretto: le risorse ci sono, ma sono concentrate in pochissime mani. E se si vuole finanziare la spesa sociale, l’occupazione, la ricerca, bisogna partire da lì. L’Italia, del resto, non è un Paese povero, è un Paese profondamente diseguale.
Un Paese diseguale, non povero
Secondo i dati della Banca d'Italia, riferiti al 2022, il 10% delle famiglie più ricche detiene circa il 52% della ricchezza netta complessiva, mentre la metà più povera possiede una quota molto ridotta, intorno al 7–8%. In altre parole, una piccola minoranza concentra oltre la metà del patrimonio nazionale, mentre metà della popolazione vive con una quota irrisoria della ricchezza disponibile. A confermare questa sproporzione è un altro dato, altrettanto impressionante: il patrimonio medio netto del 10% più ricco è nettamente superiore a quello della metà più povera. Uno studio condotto da Oxfam ha evidenziato che, nel 2021 era pari a oltre sei volte quello della metà più povera. Secondo stime più recenti, il divario è oggi ancora maggiore, superando le otto volte. Altre fonti stimano che la porzione più ricca della popolazione controlli circa il 60% della ricchezza nazionale, mentre la parte meno abbiente ne detiene solo una minima parte; questa sproporzione, che si è consolidata nel tempo, rappresenta una delle principali criticità del sistema economico italiano e solleva interrogativi sulla sua sostenibilità e quindi sulla giustizia sociale.
Nel corso del 2024, poi, la ricchezza complessiva dei miliardari italiani ha registrato un incremento di 61,1 miliardi di euro, con una crescita media di circa 166 milioni di euro al giorno; questo ha portato il patrimonio totale detenuto da 71 miliardari a raggiungere i 272,5 miliardi di euro. Un dato particolarmente significativo riguarda l'origine di questa ricchezza: in Italia, quasi il 63% del patrimonio miliardario deriva da eredità, una percentuale quasi doppia rispetto alla media globale, che si attesta intorno al 36%. Alla fine del 2024, si contano in Italia oltre 1,3 milioni di individui con un patrimonio personale superiore al milione di euro.
Secondo le stime della banca d'investimento UBS, nei prossimi venti o trent'anni l'Italia assisterà poi a un massiccio trasferimento di ricchezza tra generazioni e all'interno delle famiglie (ad esempio, da un coniuge al partner superstite), per un valore stimato superiore ai 2.300 miliardi di euro. Si tratta di una cifra pari a oltre il 20% del patrimonio privato complessivo del Paese, e quasi il doppio rispetto alla somma prevista per esempio in Giappone, nonostante quest'ultimo abbia una popolazione doppia rispetto a quella italiana.
Chi paga le tasse (e chi no)
Questa asimmetria non riguarda solo la ricchezza accumulata, ma anche il carico fiscale: secondo i dati del Ministero dell'Economia, oltre il 90% del gettito IRPEF proviene da lavoratori dipendenti e pensionati, cioè da chi ha redditi tracciabili. Le grandi ricchezze, invece, sfuggono in larga misura alla progressività fiscale, grazie a regimi agevolati, rendite poco tassate e strumenti di elusione legale; si tratta di una questione strutturale, e riguarda la credibilità dell’intero sistema tributario. È in questo contesto che Landini lancia la sua proposta, parlando della necessità di una "consultazione straordinaria del Paese". Lo dice senza giri di parole: "Noi vogliamo tornare in mezzo alle persone, perché questo è il tema. Cioè, la maggioranza delle persone per bene le paga le tasse, in questo Paese", e poi aggiunge: "Dal mese di settembre, questo sarà un tema centrale" per l'azione della CGIL.
Redistribuire per ricostruire
Il nodo, dunque, non è se le risorse ci siano, ma chi le possiede, e se contribuisce in modo equo. Per Landini, e non solo, è evidente che l'attuale sistema fiscale è inadeguato: non redistribuisce, non finanzia ciò che serve, non garantisce equità.
La CGIL propone di partire quindi da una riforma strutturale: una patrimoniale progressiva sulle grandi fortune.
Ma cosa significa, esattamente, "patrimoniale"? Contrariamente a quanto spesso si lascia intendere nel dibattito pubblico, non si tratta di tassare i risparmi delle famiglie né di fare un prelievo forzoso dai conti correnti. Una patrimoniale è un'imposta sul patrimonio netto complessivo: cioè beni immobiliari, finanziari e mobiliari, al netto dei debiti. E, nelle proposte più avanzate, si applica solo a partire da soglie davvero molto elevate.
Una proposta concreta
Un esempio concreto è quello formulato dalla rete Sbilanciamoci! e da studiosi dell'Università di Milano-Bicocca:
- Aliquota dello 0,2% per patrimoni superiori a 5 milioni di euro
- fino a un massimo dell’1% per patrimoni oltre i 50 milioni
- esclusione della prima casa e delle proprietà usate per attività produttive
Secondo le stime più attendibili, questa misura colpirebbe solo l'1% più ricco della popolazione italiana e garantirebbe tra i 10 e i 15 miliardi di euro l'anno. Risorse stabili e ricorrenti, da destinare a sanità pubblica, scuola, ricerca, innovazione, assunzioni nel pubblico impiego e transizione ecologica. "È il modo per fare quegli investimenti che creano lavoro", insiste Landini. Senza nuove entrate strutturali, il rischio è che sia davvero poco credibile parlare di rilancio industriale, di giustizia sociale o di contrasto alla povertà. Il rischio, al contrario, è che la spesa pubblica resti compressa, mentre aumenta il divario tra chi ha tutto e chi fatica a pagare le spese di base.
Le decisioni fiscali adottate, o spesso rinviate, influenzano profondamente il volto della società. Negli ultimi anni, i governi hanno preferito non intervenire sulle grandi ricchezze. La CGIL, invece, sostiene un percorso opposto: partire proprio da quel punto per rilanciare un sistema di diritti che coinvolga tutti. Perché, come sottolinea Landini, se è vero che milioni di cittadini rispettano i loro doveri fiscali, è più che legittimo chiedersi come mai una piccolissima parte di contribuenti, pur disponendo di patrimoni molto elevati, continui a contribuire in misura così ridotta.